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IL TRILEMMA DELL’ENERGIA | Civiltà del Lavoro6/2024

07.02.2025

La visione delle politiche energetiche di Confindustria si inserisce all’interno dell’ampio dibattito economico, sociale, politico sulle scelte strategiche per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione. In questo dibattito i temi della competitività svolgono ovviamente il ruolo di attore principale e l’energia, come noto, costituisce anche un elemento fondamentale dell’attività d’impresa.
Per troppo tempo le scelte sulle politiche energetiche europee sono state concentrate solo su alcuni aspetti (come la sola sostenibilità ambientale, sottovalutando la complessità del percorso di transizione energetica) dando per scontata la garanzia di potere sempre disporre di risorse energetiche in abbondanza e a prezzi competitivi, anche senza investimenti a supporto, in una logica più di esclusività che di complementarità e sinergia delle diverse soluzioni.
Il tema della sicurezza energetica si è così aggiunto, per rilevanza e vitalità, al tema della transizione ecologica, facendo sì che si venisse a creare una situazione in cui le due cose non possono più prescindere l’una dall’altra, dovendo necessariamente trovare un punto di incontro.
Dunque, al centro del dibattito politico, economico e sociale torna ad avere maggiore centralità il cosiddetto trilemma dell’energia, ovvero come assicurare allo stesso tempo sicurezza degli approvvigionamenti a garanzia della continuità produttiva; sostenibilità ambientale per la riduzione delle esternalità negative e competitività dei prezzi a garanzia di un minore divario dei costi delle forniture rispetto ai paesi competitor. In questo senso auspichiamo che la nuova legislatura europea riveda alcune delle decisioni assunte nell’ambito del Green Deal così da conseguire in tempi brevi esternalità positive su tutte le direttrici del trilemma energetico, come ha anche proposto dal presidente Draghi nel suo recente rapporto. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il costo dell’energia elettrica sul mercato italiano nel 2024 è risultato più del 45% rispetto a quello della Germania e poco meno del doppio rispetto a quelli di Spagna e Francia. A pagarne le spese sono innanzitutto i consumatori, con un impatto sull’equilibrio finanziario delle imprese. Per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi abbiamo, infatti, modificato le nostre rotte di approvvigionamento con dei riflessi in termini di costi. Si rende evidente la necessita di costruire un mix energetico in grado di conciliare tutte le fonti di energia nel le loro forme progressivamente più decarbonizzate, dal gas naturale all’idrogeno e al biometano, dalla cattura trasporto e stoccaggio della CO2 (CCS) alle fonti rinnovabili e al nucleare di ultima generazione, dai prodotti petroliferi tradizionali fino ai biocarburanti e alle altre alimentazioni alternative per la mobilità sostenibile, in un’ottica di piena neutralità tecnologica che guardi alla competitività complessiva del sistema.
Dobbiamo fare assolutamente frutto dell’esperienza maturata negli ultimi due anni in cui si è creato un nuovo mondo con assetti geo-energetici non ancora definiti, una profonda instabilità (alimentata anche dalle numerose guerre che si susseguono nel mondo e nell’area euro-asiatica), mercati energetici altamente instabili e un Paese, il nostro, ancora fortemente dipendente dall’importazioni di materie prime e commodities energetiche dall’estero. Per questo risulta importante recuperare una “visione d’insieme” dell’intero sistema energetico nazionale e valorizzare il grande patrimonio infrastrutturale dell’Italia e la significativa esperienza e competenze delle sue aziende, che sarà cruciale per aiutare l’Italia ad imporsi come nuovo hub europeo dell’energia e del gas sfruttando la sua posizione centrale nel Mar Mediterraneo.
L’industria italiana vuole cogliere, infatti, l’opportunità della decarbonizzazione, sia per ridurre l’impatto ambientale dei processi hard to abate che per sviluppare filiere produttive legate alla transizione energetica. E vista l’importanza che il tessuto produttivo riveste nel sistema economico, si devono definire chiaramente le misure finalizzate a stimolare e supportare gli ingenti investimenti necessari al percorso di decarbonizzazione. Non dimentichiamo che l’industria italiana è impegnata nella transizione energetica presentando una intensità energetica inferiore rispetto alle principali economie del vecchio continente. Infatti, l’Italia primeggia per produttività energetica, ossia l’output economico che è prodotto per unità di energia impiegata avendo disaccoppiato la domanda di energia dal valore aggiunto manifatturiero. Inoltre, la crisi energetica del 2022 ha messo a dura prova il sistema industriale italiano, già indebolito dalla pandemia, che nonostante tutto si è dimostrato resiliente e capace di affrontare le sfide che gli si presentano. Con il difficile e sfidante percorso verso la decarbonizzazione, quindi, occorrono azioni e provvedimenti incisivi e capaci di mostrare il loro effetto nel medio-lungo termine a beneficio di tutti.
Per questo Confindustria si sta muovendo su un ampio ventaglio di iniziative volte a proporre azioni di medio e lungo periodo. Tra le azioni di medio termine, abbiamo le misure volte a garantire un approvvigionamento per le imprese a prezzi competitivi, sviluppando la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e rilanciando anche la produzione nazionale di gas.
Nel lungo periodo, invece, stiamo dando spazio a nuove tecnologie per garantire la competitività e la sicurezza energetica sostenendo, al tempo stesso, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. A tale proposito Confindustria sta sviluppando un progetto di approfondimento sugli impianti nucleari di piccola taglia con il supporto scientifico di Enea integrando si, così, nel processo di ripresa del dibattito sul nucleare e adottando una posizione comune dell’Industria italiana sulla strategia per lo sviluppo del mix energetico nazionale.

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