Mentre la Commissione Europea si prepara a proporre un nuovo regolamento sulla gestione dei rifiuti da imballaggio, che privilegia il principio di riutilizzo rispetto a quello del riciclo, un nuovo studio prova a mettere in fila i numeri dell’impatto ambientale dei due modelli, con focus sull’attività di asporto di un ristorante a servizio rapido (fast food) in Europa nell’arco di 365 giorni. Si tratta di un LCA (Life Cycle Assessment) commissionato dalla European Paper Packaging Alliance (Eppa) e realizzato dalla società di consulenza ambientale Ramboll (e rivisto da esperti indipendenti), che confronta gli effetti ambientali degli imballaggi monouso riciclabili in carta contro quelli multiuso riutilizzabili, come detto, per il take away.
L’analisi del ciclo vita mostra che i primi in questo caso «offrono significativi vantaggi ambientali rispetto ai sistemi riutilizzabili in 12 categorie di impatto, tra cui il cambiamento climatico, il consumo di acqua potabile e le risorse in esaurimento». In particolare, l’uso di contenitori riutilizzabili genera il 48% in più di CO2 e i156% in più di particolato, consuma i139% in più di acqua potabile e richiede l’82% in più di minerali e risorse metalliche. A pesare è il trasporto di ritorno degli imballaggi ai ristoranti dopo l’uso, ma anche le attività di lavaggio e asciugatura. Sulla base di questi dati, Eppa ha lanciato un nuovo appello alla Commissione Europea affinché la futura proposta di regolamentazione degli imballaggi non vieti le soluzioni monouso in carta.
«Questa è un’ulteriore prova che l’imballaggio riutilizzabile non è sempre la soluzione migliore per l’ambiente. È imperativo che un’adeguata analisi del ciclo di vita si rifletta nel testo della proposta di regolamento dell’Ue», ha commenta to Eric Le Lay, presidente di Eppa. «I dati di questo studio scientifico dimostrano che le attuali proposte della Commissione europea vanno in una direzione opposta agli obiettivi del Green Deal, aumentando le emissioni di carbonio e l’esaurimento delle risorse, aggravando lo stress idrico e lo spreco alimentare», ha aggiunto Antonio D’Amato, produttore di imballaggi a base cellulosica con il gruppo Seda e vicepresidente di Eppa.
Articolo pubblicato il 18 novembre su Il Sole 24 Ore