Articolo pubblicato nella rivista n.6/2023 di Civiltà del Lavoro
É considerato il “re dei giocattoli”, con 28 milioni di giochi commercializzati ogni anno, tradotti in 16 lingue e distribuiti in 83 paesi. Lei è a capo dell’azienda di famiglia dal 2002. Ci racconta le tappe principali del suo percorso imprenditoriale?
Il mio percorso in azienda non ha un vero inizio perché lo vivo letteralmente da sempre, da quando nel 1963, all’età di un anno, mi sono trasferito con la mia famiglia da Recanati a Pesaro. Avendo maturato da sempre l’idea di proseguire l’attività di famiglia, è stato naturale per me iniziare il percorso in azienda prima del completamento degli studi universitari negli anni ’80, epoca in cui sono entrato nell’area delle operations, dedicandomi all’ammodernamento dei sistemi informativi con particolare attenzione al processo degli acquisti e a quello produttivo. Particolarmente importante e impegnativo, ma anche di grande rilevanza strategica, è stato il periodo a ridosso degli anni ’90 quando ci siamo dedicati all’internazionalizzazione dell’azienda attraverso l’apertura delle prime filiali (oggi nove in Europa) in Germania, Spagna e Francia. Con la nomina a direttore generale nel 1999, ho dato un forte impulso all’area Ricerca&Sviluppo con la creazione di nuovi sub-brand. Dal 2002 sono diventato amministratore delegato, carica che ricopro ancora con grande orgoglio e una profonda determinazione al fine di gettare le basi della continuità aziendale.
“Il gioco è una cosa seria”, affermava il fondatore dell’azienda Mario Clementoni. Lei ha mai smesso di giocare?
Il gioco è sempre stato il mio lavoro e una parte profonda della mia essenza, perché per me l’approccio alla vita è fatto di leggerezza ed è quindi giocoso per definizione, ma se devo confessare un segreto non sono affatto bravo a fare i puzzle…
Come è cambiato con le nuove tecnologie il “modo di giocare”?
I bambini sono sempre gli stessi, quello che cambia è il contesto in cui vivono e l’accesso al mondo della tecnologia. Nella fase della prima infanzia gli step evolutivi sono i medesimi: si passa dall’età dei primi passi, alla lallazione, allo sviluppo della manualità e avvengono sempre nelle stesse fasi dello sviluppo.
Quello che è cambiato è l’accesso alla tecnologia nelle sue varie forme: dall’uso dei device quali tablet o smartphone, alla fruizione di contenuti video “ibridati” (contenuti digitali fruiti da Smart Tv connesse) o di canali on demand.
In età pre-scolare, ma soprattutto in età scolare, l’accesso a questo mondo tecnologicamente evoluto fa sì che i bambini siano più avvezzi a un certo tipo di approccio anche in relazione alla fruizione del gioco che noi tendiamo a “incorporare” nella nostra offerta, come ad esempio i giochi touch o i giochi aggiornabili o le app scaricabili che funzionano da supporto alle “istruzioni” per alcuni nostri giochi scientifici.
Il gioco per noi oggi rimane sostanzialmente fisico con il contributo e l’apporto della componente digitale che vediamo come un valore aggiunto. Quello che noi facciamo è interpretare la tecnologia per rendere l’esperienza di gioco ancora più ricca e completa.
Lo storico legame con le Marche, con Recanati in particolare, è dimostrato sia dall’attenzione all’ambiente, sia dalla scelta intrapresa nel 2016 di riportare nel luogo d’origine una importante parte della produzione. A che punto siete?
Oggi produciamo a Recanati, nello stabilimento sito nella zona industriale di Fontenoce, il 90% (in numero di pezzi) dei 28 milioni di giochi realizzati ogni anno. Il legame con il territorio ha radici lontane che ci consentono di realizzare il “nostro” made in Italy, figlio di un saper fare costruito nel tempo e di una vocazione manifatturiera, che oggi compie 60 anni, forte di quel primo approccio tanto caro a mio padre Mario che amava ripetere spesso che: “se una cosa non la sai fare, non la puoi nemmeno comprare”. Da allora, era il 1963, la Clementoni non ha mai smesso di produrre giochi. La nostra filiera integrata attualmente ci consente di ideare, sviluppare e industrializzare tutti i nostri giochi in Italia, anche grazie ad un team R&D costituito da oltre 60 giovani professionisti del giocattolo, giovani uomini e donne con un’età media attorno ai trent’anni, laureati nelle discipline più varie dalla pedagogia all’ingegneria. Oggi il legame con il territorio si traduce anche nell’implementazione di una filiera corta con il 40% dei fornitori nelle Marche ed un’attenzione al riciclo degli scarti di produzione, nonché con la progettazione di giochi durevoli con particolare attenzione all’eco-design.
Cosa ha significato per lei la nomina a Cavaliere del Lavoro?
Ho vissuto l’onorificenza ricevuta dal Presidente Mattarella con profonda emozione e grandissimo orgoglio. Un riconoscimento prestigioso, che ho accolto con profonda gratitudine e altrettanto senso di alta responsabilità. La famiglia dei Cavalieri del Lavoro è orgoglio e vanto per il nostro Paese perché fatta di persone che con impegno, grande dedizione e profonda passione impiegano i loro sforzi e l’intera vita nella ricerca della costruzione del bene comune, fatto di dignità, decoro e possibilità di pensare al futuro. La nomina è sicuramente il risultato di un lavoro corale, che mi sento di condividere con i tanti collaboratori che in questi anni mi hanno supportato e con la Comunità che ci ospita. Sono particolarmente grato alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto e ai miei genitori, Mario e Matilde Clementoni, che considero i veri Cavalieri del Lavoro, i quali hanno reso possibile questa nostra avventura imprenditoriale. Vivo dunque il riconoscimento come ulteriore stimolo per profondere ancora maggiore impegno insieme a tutti gli uomini e alle donne che con me rendono possibile la nostra “impresa”.