Nell’Italia povera di materie prime, nell’Europa che cerca approvvigionamenti fuori dai tentacoli dei monopòli, la miniera è nascosta sotto metri di rifiuti. Le vecchie discariche come giacimenti, e c’è chi scava nella memoria in senso letterale e non figurato: la ruspa verniciata di giallo cantiere con la benna lordata di terra rivanga — rivanga in senso proprio — il passato. Come è il nostro passato, Flavio Raimondo? Sorride l’amministratore delegato della Greenup, del gruppo Innovatec: «Il nostro passato è che non sapevamo ricidare. Guardi che cosa hanno tirato fuori i carotaggi nella discarica: rame, alluminio, acciaio. Molto meglio di una miniera».
Sotto un cielo grigio d’inverno i compattatori dalle ruote giganti dai denti d’acciaio — cinque tonnellate ogni ruota — si muovono lenti sul dorso della discarica di rifiuti di Bedizzole, fra Brescia e ii lago di Garda. La discarica è quella in cui la Green up sta avviando il primo progetto italiano di “urban mining”, detto anche “land mining”, cioè scavare nei rifiuti per cercare le materie prime pregiate là nelle discariche in cui le avevamo tombate nei decenni scorsi. Il ricupero di materie prime preziose dalla vecchia discarica della Green up è uno dei progetti di economia circolare che si è dato il gruppo milanese Innovatec alla cui presidenza la famiglia Colucci, storici imprenditori dell’ambiente, ha chiamato Elio Catania, il super manager dalle capacità visionarie che in passato aveva guidato colossi della complessità dell’Ibm e delle Fs. Quando comincerà l’attività mineraria di scavo nella discarica? Risponde l’amministratore delegato della controllata Greenup, Raimondo: «Il progetto è di due anni fa, e il nuovo piano rifiuti della Regione Lombardia promosso dall’assessore Raffaele Cattaneo ha aperto a questo tipo di attività di riscoperta dei materiali sepolti nel passato. La prima conferenza di servizio si è svolta pochi mesi fa, subito dopo l’estate. Ci trasformeremo in minatori appena sarà completato il percorso burocratico di autorizzazione». Luca Negrato —39 anni, cadenza e corporatura da rugbista veneto, camicia di flanella a scacchi e scarponi infangati — è il direttore degli impianti di Bedizzole. È tra i più esperti in Italia nel gestire impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti. Dice: «Questa sezione della discarica ha lavorato dal1999 al 2003. Ha raccolto circa 800mila metri cubi di rifiuti, soprattutto ciò che rimaneva delle auto dopo la selezione delle parti che era possibile riddare vent’anni fa. Oggi qui sotto restano tonnellate di acciai inox, gomma e pneumatici, grandi quantità di preziosissimo rame dei cavi elettrici e degli avvolgimenti, alluminio, zinco, vetro.
La gommapiuma poliuretanica imbottiva i sedili, i tessuti rivestivano gli interni. E plastica, tanta plastica», conclude il direttore della discarica. È plastica che allora non si riciclava; paraurti, cruscotti, lunotti a tonnellate. È plastica di prima qualità per il riciclo perché allora non si usavano i contaminanti di oggi come plastificanti, surfattanti e ritardanti antifiamma.
Aggiunge Negrato: «Le discariche sono semplicemente depositi temporanei di materiali che mettiamo da parte in attesa di trovare le tecnologie per poterli riutilizzare». La circolarità declinata nel fatti è ciò che Elio Catania ha trovato nel gruppo Innovatec quando ne ha assunto la presidenza. «Un gruppo nato sulla sostenibilità quando non era un tema condiviso», ricorda. «Oggi riciclare è diventato un tema centrale perle imprese e perla società italiana, insieme con altri argomenti correlati come i costi dell’energia, la scarsità di materie prime, il meccanismo perverso dell’inflazione: fenomeni diversi che hanno concorso insieme a creare una pressione fortissima sul sistema produttivo. La nostra azienda dà risposte a queste domande, per esempio trovando materie prime dai rifiuti — lo sa? i materassi usati che una volta non si sapeva come smaltire oggi sono la materia prima per realizzare pannelli fonoassorbenti — sviluppando per i nostri clienti progetti di efficientamento energetico e di riqualificazione, dotando le imprese di impianti a fonti rinnovabili e così via».
Per capire la propensione ambientale delle aziende italiane l’Innovatec ha affidato a Eumetra un’indagine di opinione fra gli imprenditori e i dirigenti italiani d’azienda. L’Osservatorio sulla clean technology nelle imprese italiane dice che per 117o%delle aziende la sostenibilità ha un impatto positivo sul business; l’83% non ha un piano industriale sulla sostenibilità; 1145% ha condotto investimenti in sostenibilità; il 55% investirà in sostenibilità per sostenere la crescita; il 41% pensa che sarà difficile accedere ai fondi Pnrr; la mancanza di competenza, i costi delle materie prime in aumento, investimenti green considerati troppo onerosi e l’eccessiva burocrazia sono le principali barriere agli investimenti nel verdi. «Dal nostro sondaggio emergono due facce contrapposte», avverte Elio Catania.
«Metà delle aziende intervistate è indietro sull’innovazione ambientale. Ma al tempo stesso, più di metà delle imprese è consapevole della sua inadeguatezza». Questo è uno dei motivi per cui íl gruppo Innovatec di recente ha acquisito uno dei più noti e antichi consorzi, il Cobat che era nato nell’88 come consorzio obbligatorio per raccogliere gli accumulatori al piombo e che con le normative Raee è diventato un organismo privato sperializzato nella raccolta e nel riciclo di ogni altro tipo di rifiuto. A Bedizzole finora sono stati condotti sondaggi nel ventre della discarica per accertarne il contenuto, poi si scaverà di ruspa alla ricerca dei valori sepolti nel passato. Qui, le parole “ricerca”,’valori” e “sepolti” vanno intesi in senso letterale, non figurato.
Articolo pubblicato il 5 gennaio da Il Sole 24 Ore