Di greenwashing in giro se ne vede parecchio. Quante volte abbiamo letto di aziende che si fanno grandi per usare legni certificati? E ci mancherebbe altro: i tronchi provenienti da deforestazione sono vietati per legge. Poi però, come si è visto all’ultima Design week, gli esempi di buone pratiche green non sono mancati con designer e aziende che, investendo soldi ed energie, provano a fare sul serio. Già nel 2020 Kartell aveva stilato un manifesto (Kartell Loves the Planet) in cui si stabilivano dei principi che oggi, nelle nuove collezioni, sono diventati realtà. «Siamo un’azienda», dice il presidente Claudio I.uti, «che lavora con i polimeri e abbiamo cercato di capire come utilizzare materiale riciclato senza rinunciare all’estetica e alla resistenza meccanica. In catalogo ci sono ora pezzi in hioplastica, abbiamo fatto un accordo con una multinazionale per produrre policarbonato trasparente al 70 per cento vegetale, utilizziamo plastica da scarto industriale. Quando pensiamo un nuovo prodotto partiamo già da questi principi».
I designer vi hanno seguito o hanno fatto muro?
«Tutti, senza eccezioni. Hanno capito che questa è l’unica strada, lasciando a noi il compito di risolvere i problemi tecnici».
La Re-Chair di Antonio Citterio viene realizzata con le capsule Illy. Anche l’uso della -spazzatura- pub portare a buoni risultati?
«Usiamo sia le capsule che vengono scartate prima del loro utilizzo, che hanno una plastica meno inquinata, sia quelle già utilizzate e che hanno bisogno di essere purificate. L’unico problema è che non si possono fare tutte le colorazioni. F però intrigante pensare che uno scarto possa trasformarsi in bellezza».
Costa di più riciclare?
«Né di più né di meno. La plastica riciclata ha di fatto lo stesso prezzo di quella vergine ma ha il vantaggio di essere eticamente più giusta».
Prima Kartell era solo plastica, ora c’è anche la collezione di Philippe Starck in legno. Un cambio di prospettiva?
«Ci siamo impegnati a studiare le possibilità di produrre anche con ferro, alluminio, legno… Ora lasciamo liberi i designer di creare i loro prodotti con i materiali che ritengono più giusti».
Qual è il principio numero uno per iniziare a produrre un oggetto?
«L’emozione. Solo dopo valuto quanto costa e come può essere realizzato al meglio superando anche le resistenze degli ingegneri quando ci dicono: questo, così, non si può fare. Ma se credo davvero in un prodotto, provando e riprovando, una soluzione la troviamo sempre».
Articolo pubblicato il 1 giugno 2023 da “Repubblica Door”