Un tappeto di auto leggendarie, una accanto all’altra come nelle officine meccaniche. Lui sta in fondo al capannone, seduto dietro un lungo tavolo bianco, con un foglio davanti e la matita. Il foglio è il centro della sua vita, il perno del successo. Il resto, le Bugatti e le Ferrari parcheggiate ai suoi piedi, sono la traduzione di quel foglio in realtà: «Quello che mi appassiona, il mio vero mestiere, è il momento del disegno dell’automobile». Conta soprattutto lo schizzo originario. La sua metamorfosi in lamiera è una conseguenza. «E guardi che non è come sembra: è più difficile disegnare una Panda di una Ferrari». Lui, Giorgetto Giugiaro, le ha create tutt’e due. «Venga a trovarmi a Moncalieri, nel mio garage, e le racconto». Sotto ogni cofano c’è una storia, un mondo solo apparentemente scomparso. Ancora oggi Torino è una delle capitali mondiali del design dell’automobile. Vengono ogni anno centinaia di ingegneri cinesi a studiare come si crea una nuova vettura. «Progettare l’auto è un lavoro all’incrocio tra la pittura e l’ingegneria». Come la biografia di Giorgetto, figlio di maestri della tavolozza: «Il merito va a mio padre.