Era suo padre e lo è ancora, in ogni gesto, in ogni luogo. «Da qualche giorno lavoro nell’ufficio che lui occupò per tanti anni,perché lui è il ricordo della mia vita». Entrano ed escono dal cancello della Ferrari operai e tecnici molto giovani, tra loro anche ragazze, e per farlo passano davanti alle finestre dalle quali il Drake guardava scorrere la quotidianità dell’azienda, chi c’era, chi mancava, dove andavano a finire le cose e le persone. Piero Ferrari è un elegante e distinto signore di 78 anni, ha parcheggiato la sua Ferrari Purosangue verde Dora e ci attende nella sobria stanza dalle pareti color carta da zucchero. «La tinta scelta da papà era un poco più scura, adesso le mostro», e il figlio comincia a cercare immagini sul tablet. Sullo schermo compaiono tre fotografie di quel tempo, di quell’ufficio e di quell’uomo. «Vede, i muri erano praticamente nudi, io ho messo qualche quadro di automobili. Abbiamo rifatto identico il parquet di legno scuro a quadretti piccoli, e uguale è la scrivania, bianca come la sua». Ci sono modellini rossi in file ordinate, e una ciotola di caramelle e gelatine che Piero ogni tanto cattura, s carta e porta furtivamente alla bocca.