II presidente e ad del colosso di Ozzano analizza le sfide del settore «Macchine che consumano poca energia e riducono gli sprechi Anche la nostra filiera è impegnata nel cammino verso la sostenibilità».
«La sfida è quella di dare vita a un packaging responsabile e sostenibile, in grado di produrre pochi rifiuti e che utilizzi materiali riciclabili e compostabili». Il percorso verso la sostenibilità di Ima, azienda leader mondiale del packaging, è iniziato da molti anni e ha già portato i suoi frutti, come spiega il presidente e ad del gruppo, Alberto Vacchi.
Da quanto tempo la sostenibilità è al centro della strategia di Ima?
«In Ima abbiamo avuto, ormai da oltre venticinque anni, una forte attenzione ai temi della responsabilità sociale di impresa e della sostenibilità. Abbiamo pubblicato nel 2013 il nostro primo Bilancio di Sostenibilità, documento che è diventato di fatto il nostro biglietto da visita, con tutti i dati e tutti gli impegni e le attività del gruppo non direttamente legate ai nostri business. Durante la fase in cui siamo stati quotati in Borsa, è stata varata la normativa che rendeva obbligatorio, per le aziende quotate, pubblicare annualmente un documento non finanziario che desse trasparenza alle attività di impegno ambientale e sociale dell’impresa. Quando siamo usciti dalla Borsa abbiamo deciso , di continuare a pubblicarlo. Non solo: nel nostro cda abbiamo anche nominato un consigliere per seguire tutte le nostre attività sulla sostenibilità e riferire periodicamente al Consiglio, da oltre venti anni ci serviamo della consulenza di un ecologo, e dal prossimo giugno avremo un Sustainability Officer che arricchirà il nostro team dedicato».
Da un punto di vista produttivo, In che cosa si è tradotta l’attenzione di Ima alla sostenibilità?
«In molte cose, a cominciare dal risparmio energetico: stiamo infatti progettando e realizzando linee di macchine che consumano poca energia, contribuendo in questo modo a realizzare grandi impianti industriali a minor consumo, e lavorando per realizzare macchine che riducano lo spreco di materiali, carta, materiali plastici tradizionali ed innovativi. E in più stiamo investendo molto negli OpenLab in Europa e Stati Uniti, dove si testa no materiali che dovranno sostituire la plastica, per ridurre i rifiuti non compostabili e non biodegradabili. Noi non facciamo green washing, ma siamo impegnati a dare vita a una ‘Ima Zero’, con produzioni industriali pulite e sostenibili. Il packaging non è un’opzione, è un obbligo, per l’igiene, per la logistica, per il marketing, ma non deve produrre rifiuti non riciclabili, questo è il nostro primo impegno».
In che modo il rispetto degli standard di sostenibilità ha interessato anche la vostra filiera?
«La filiera Ima è una delle ragioni del nostro successo, anche perché non abbiamo mai messo in competizione le capacità interne dei nostri lavoratori ed i fornitori. Certamente le piccole e medie imprese che formano la filiera hanno minori risorse per dedicarsi ai temi della sostenibilità, ma, nonostante ciò, osserviamo un processo virtuoso che si sta avviando, ad esempio sulla riduzione dei consumi energetici delle nostre macchine. Alcune realtà stanno mettendo molto impegno per recepire i nuovi materiali. Contiamo anche, con i nuovi uffici che stiamo realizzando, di coordinarci con i nostri fornitori per il pieno rispetto dei principi dell’Agenda Onu 2030».
Quali sono gli obiettivi nel medio termine per Ima in fatto di sostenibilità?
«Come prima cosa, un packaging a impatto zero, per quanto riguarda i rifiuti non riciclabili. Tutti i materiali utilizzati debbono essere biodegradabili e compostabili, realmente. Lo sottolineo ancora una volta: il packaging è un processo produttivo obbligatorio per garantire standard di igiene e sicurezza dei prodotti che non potrebbero essere raggiunti in nessun altro modo. Anche in Europa, negli ultimi tempi, si è generato un partito anti-packaging, che propone di tornare a modalità di confezionamento da tempo abbandonate, perché antigieniche, ad esempio. Ma non è il packaging che deve essere bandito, bensì i rifiuti e i prodotti non riciclabili, quei materiali che inquinano, che non sono metabolizzabili nei cicli biologici. E noi, come Ima, siamo sempre di più impegnati a rendere il packaging responsabile e sostenibile».
Nel 2022 circa 2 miliardi di ricavi, export all’86%
Fondata nel 1961, Ima è leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il processo e il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè. Una leadership acquisita grazie a investimenti significativi nella ricerca e sviluppo, alla capacità del Gruppo di internazionalizzarsi e conquistare nuovi mercati.
Ima ha chiuso l’esercizio 2022 con ricavi consolidati a circa 2 miliardi di euro e una quota export superiore all’86%. II Gruppo presieduto da Alberto Vacchi conta circa 6.900 dipendenti, di cui circa il 58% in Italia e il 42% nel resto del mondo, ed è presente in oltre 80 paesi, sostenuto da una rete commerciale composta di 30 filiali con servizi di vendita e assistenza in Italia, Francia, Svizzera, Regno Unito, Germania, Austria, Spagna, Polonia, Israele, Russia, Stati Uniti, India, Cina, Malesia, Thailandia e Brasile, uffici di rappresentanza in Europa centro-orientale e più di 140 agenzie. II Gruppo si avvale di 53 stabilimenti di produzione tra Italia, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, India, Malesia, Cina e Argentina.
Articolo pubblicato il 12 maggio 2023 da “Resto del Carlino Speciale Bologna Futura”