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La Fondazione Maire premia i giovani artisti attenti all’ambiente e al recupero dei materiali

20.09.2023

Un secolo dopo la Natura morta con sedia impagliata, di Picasso, che segnava il passaggio al cubismo sintetico, la scelta di riutilizzare gli scarti della vita quotidiana (nel caso del capolavoro del 1912 la paglia di Vienna di una sedia Thonet sulla quale intervenire con la pittura) non ha più solo una valenza linguistica e poetica. Gli artisti contemporanei, in particolare i giovani, sentono il tema e il problema del riuso e del riciclo quasi come una ossessione. È il peso della crisi climatica, la coscienza che anche al cavalletto è il giunto il tempo di fare scelte ecologiche, ad aver guidato l’occhio e la mano dei circa cento under trenta che hanno preso parte al concorso “Second life: tutto torna”, voluto e organizzato dalla Fondazione Maire. Oggi alle 18.30 presso la sede di Roma arriva a compimento il progetto itinerante che ha già toccato Prato (il Museo Pecci) e Milano (la sede della Maire). E che propone i lavori dei trenta finalisti. A partire dal ravennate Federico Ferroni che nel 2021 ha firmato Decay (nellafoto), un planisfero (alla Boetti) in alto rilievo realizzato con scarti industriali recuperati e segnati da una sostanza che corrode la superficie metallica nei punti del pianeta in cui la luce artificiale diventa metafora dell’aggressione alla natura.

Il minimo comune denominatore di questa seconda edizione di “Second life” sta, secondo il critico e curatore Marco Meneguzzo, nelle «attenzioni più intimiste che “politiche”» da parte degli autori. Nella foglie secche (Curae) raccolte sul marciapiede da Giulia Pini e cucite con cotone biodegradabile, o nei tre modelli di capannoni in disuso nel Pavese in cui Arianna Tabaro sogna di esporre i propri dipinti, salvando i contenitori dall’abbandono, si nota un’attenzione «alla propria quotidianità e al rapporto con ciò che è “invisibile”, perché scartato, gettato via», scrive Meneguzzo. Opere di piccolo formato (meno impattanti anche sul budget esangue dei giovani) come lezione contro il gigantismo dello star system. Per Fabrizio Di Amato, presidente della Fondazione e del gruppo Maire, il premio va a «giovani talenti per la capacità che hanno di interpretare il presente e il futuro». Del resto, tra scienza e arte, lo scopo della fondazione è la «formazione di “ingegneri umanisti”». Gli aspiranti Leonardo di domani.

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