C’è un fatto: mai come nei mesi di lockdown gli italiani hanno apprezzato il valore dell’energia elettrica. Luce, computer, televisione, lavastoviglie, magia. E il mago della materia, in Italia, si chiama Francesco Starace che, dal 2014 alla guida di Enel, ha trasformato l’azienda nel primo produttore privato di energia rinnovabile a livello mondiale. Non è mistero che l’ingegnere senza ombre e senza macchie abbia atteso la seconda riconferma come una semplice formalità dovuta, se non altro perché è più bravo degli altri e prima degli altri ha visto l’ineluttabilità della transizione verso un mondo a zero emissioni. Prima di intervenire alla scuola “Rinascita Italia. The Young Hope”, promossa dall’associazione Fino a prova contraria, l’ad e direttore generale di Enel concede un dialogo in esclusiva al Foglio. Per prima cosa, gli chiediamo se è vero che il Covid ci abbia reso più digitali o, forse, più distanti.
“La digitalizzazione non è sinonimo di distanza – replica secco l’ing. Starace – Abbiamo a disposizione uno strumento straordinario che dobbiamo usare nel migliore dei modi. L’emergenza ha portato a un salto in avanti nell’utilizzo di strumenti digitali, accelerando un cambiamento per cui tecnologicamente eravamo già pronti ma che avrebbe richiesto ancora del tempo per diffondersi a livello organizzativo e culturale. Il ricorso alla digitalizzazione è stato fondamentale per garantire la sicurezza dei lavoratori senza compromettere la produttività e ci ha permesso di rivedere alcuni nostri comportamenti in chiave più sostenibile. Di sicuro quanto accaduto ha cambiato le nostre abitudini e influirà anche sul futuro dell’organizzazione del mondo del lavoro. Ciò che più conta è che la `nuova normalità’ venga costruita mettendo sempre al centro le persone e le loro necessità”.