«Guardiamo al futuro valorizzando il passato dell’industria energetica italiana». È la sintesi del progetto di Fabrizio Di Amato, presidente di Maire ‘Tecnimont, ora con il nuovo logo Maire. Per il suo gruppo ha appena tenuto a battesimo la rivoluzione Unbox the Future, il primo piano nella storia della multinazionale che guarda al prossimo decennio, con la previsione di ricavi raddoppiati a 7 miliardi di euro, una cassa pari a dieci volte quella del 2022, nonostante la spinta di investimenti pari a un miliardo. Si parte dai 3,4 miliardi di ricavi del 2022 (+20,9%) e la previsione di salire a 3,8-4,2 miliardi quest’anno. Il suo gruppo quotato a Piazza Affari è il risultato dell’assemblaggio da parte di Maire di pezzi di pregio del Made in Italy dell’ingegneria, come Fiat Engineering e Tecnimont, forti di oltre ioo anni di storia nella chimica.
Quest’anno Di Amato festeggia i 40 anni della sua attività. Qual è l’architettura del nuovo piano?
«Abbiamo deciso di fare chiarezza nella struttura organizzativa, ce lo chiedono i clienti e il mercato. Oggi Maire è una realtà completamente trasformata, che capitalizza su quanto fatto finora e si riorganizza con due divisioni puntando da una parte sulle nuove tecnologie e dall’altra sulla storica capacità ingegneristica. L’obiettivo è giocare il ruolo di global technology leader nella transizione energetica. Unbox the Future è una prima tappa. Il piano guarda a dieci anni perché l’attività di Maire segue i grandi trend delle rivoluzioni industrial ».
Come si muoveranno le due divisioni?
«Sustainable Technology Solutions amplierà il portafoglio tecnologico, anche grazie alla capacità del gruppo di coinvestire in progetti sostenibili. Siamo già presenti nelle tecnologie dei biocarburanti, dei biopolimeri e polimeri biodegradabili, nel riciclo della plastica, nella cattura della CO2 e nell’idrogeno. La divisione potrà lavorare in tandem con l’altra unità, la Integrated EeC solutions, che rappresenta la nostra storica capacità impiantistica. 11 95% del nostro fatturato viene dall’estero ma portiamo le competenze italiane nel mondo”.
Qual è l’impatto sul Paese?
«Prendiamo l’esempio del progetto di Roma dove producendo gas sintetico da rifiuti indifferenziati — che peraltro l’Italia è costretta a esportare — otterremo idrogeno ed etanolo, alternative più sostenibili per la mobilità. Con questo tipo di impianti si potrebbero recuperare dai i6 milioni di rifiuti che ogni anno vanno in discarica a livello nazionale fino a i,6 milioni di tonnellate di idrogeno che equivale al 20% di quello che oggi si consuma in Europa. Insomma, l’Italia potrebbe diventare un hub di idrogeno autoprodotto, come se avesse quelle risorse naturali che il Paese non possiede, facendo lavorare la filiera, stringendo partnership con industria e finanza».
Tutti gli attori nell’energia si muovono sul nuovi carburanti, come si può collaborare per accelerare i progetti?
«Nel waste to chemical Maire ha lanciato dieci iniziative nel Paese e abbiamo già molti partner, sia finanziari sia gruppi industriali con anche il ruolo di fornitori della materia prima o di acquirenti del prodotto finito, tra cui Eni, Iren, Acea, e Suez per collaborare in varie regioni come ad esempio Lombardia, Toscana e Centro Sud».
A che punto è il progetto della hydrogen valley a Roma?
«Sono iniziati gli studi di ingegneria e stiamo lavorando per avviare l’iter autorizzativo».
Anche De Nora sta sviluppando una gigafactory per l’idrogeno..
«De Nora ha già un accordo con Maire sull’elettrolisi. Tutti gli attori entrano nel progetto idrogeno: solo così può diventare un piano per l’Italia».
Nei vostri progetti in Italia, quanti capitali attiverete?
«In questo genere di progetti, il partenariato pubblico privato genererebbe un effetto moltiplicatore per quattro sull’investimento. Se consideriamo tutti i nostri progetti presentati in Italia, mobiliteremmo circa 3omila nuovi posti di lavoro tra noi e indotto. Insomma, se l’Ue deciderà di lasciare aperte tutte le strade nelle tecnologie verdi noi potremo contribuire alla decarbonizzazione. Ad esempio, nel settore automotive sono convinto che il motore endotermico potrebbe coesistere con quello elettrico, grazie al contributo dei nuovi carburanti sintetici, su cui Maire sta lavorando molto. Il Paese darebbe nuovo impulso alla filiera dell’impiantistica che ha grande tradizione e competenze. Oggi mi sento come con la Maire 40 anni fa, con la stessa passione e la voglia di costruire guardando al futuro. Un orizzonte che vede anche il raddoppio del numero di persone — oggi 9.400 — che lavorano per noi».
Articolo pubblicato il 7 marzo dal Corriere della Sera