Legame profondo con il territorio, scelte etiche radicate, consapevolezza che il nuovo paradigma di successo di un’impresa sta nella sua capacità di operare in armonia con l’ambiente circostante. Sono queste le motivazioni — potenti — che hanno condotto il gruppo dell’acciaio Arvedi, fondato a Cremona nel 1963 dal Cavalier Giovanni Arvedi, ad essere la prima acciaieria al mondo a zero emissioni di CO2. Un risultato di grande rilievo per un gruppo che dopo l’acquisizione di Acciai Speciali Terni da ThyssenKrupp, e grazie un continuo sviluppo sul mercato interno e internazionale, è arrivato ad essere il primo produttore di acciaio in Italia, superando l’ex ulva di Acciaierie d’Italia, con una produzione annua che oltrepassa i 6 milioni di tonnellate di acciaio. Il successo dell’Acciaieria Arvedi — il cui caso aziendale sarà discusso, tra gli altri, nella 3 giorni che va da oggi fino a domenica nel Seminario estivo organizzato dalla Fondazione Symbola a Treia, in provincia di Macerata ( «La forza della sostenibilità in Italia oggi) — non è tuttavia meramente quantitativo .
«Acciaieria Arvedi è un punto di riferimento mondiale grazie alle scelte maturate trenta anni fa, quali ad esempio l’aver puntato — unica acciaieria europea — sulla produzione di laminati piani da ciclo basato su forno elettrico», afferma il Cavalier Giovanni Arvedi. Ma al di là delle scelte strategiche dell’azienda «il mio impegno per la sostenibilità si fonda su profonde convinzioni etiche e religiose, ben richiamate da Papa Francesco nell’enciclica “Laudato sii”», aggiunge Arvedi. Acciaieria Arvedi ha raggiunto l’obiettivo delle emissioni zero con 28 anni di anticipo rispetto alla data del 2050 fissata dalla Commissione europea, grazie a un imponente piano di decarbonizzazione della intera organizzazione lanciato nel 2018 a fronte di ingenti investimenti in impianti, tecnologia, ricerca e sviluppo.
Tra le tante iniziative la riconversione industriale dell’area a caldo del sito di Trieste, realizzata in soli due anni, ha richiesto un investimento di 26o milioni di euro. La certificazione internazionale «net zero emissione», zero emissioni nette in tutte le tipologie di acciaio prodotte, è garantita da Rina, un ente terzo in grado di rilasciare il certificato di zero emissioni nette di CO2, sia dirette che indirette, per tutte le tipologie e lavorazioni di acciaio prodotte. L’azzeramento delle emissioni indirette è stato ottenuto grazie alla fornitura integrale da parte di Enel di energia da fonti rinnovabili, anche questo un passaggio debitamente certificato.
«Il caso di Acciaierie Arvedi è emblematico del successo, anche economico, che possono ottenere le aziende italiane che hanno un legame stretto con il proprio territorio e che hanno capito quanto sia strategico per il successo economico di un’impresa puntare sul paradigma della sostenibilità», sottolinea il presidente di Symbola Ermete Realacci. Acciaierie Arvedi è sponsor infatti di importanti iniziative a livello locale, come la creazione del Museo del violino a Cremona e la ristrutturazione di alcune caserme, destinate a diventare, o già diventate, poli universitari territoriali per l’Università Cattolica e per il Politecnico di Milano.
All’azzeramento delle emissioni si accompagna infine un approccio di economia circolare interamente orientato al riutilizzo degli scarti, con percentuali di riutilizzo che si avvicinano al cento per cento. «Si tratta di una straordinaria opportunità economica, che risponde a crescenti richieste da parte dei nostri clienti, anch’essi impegnati in processi di decarbonizzazione dei rispettivi cicli produttivi coerenti con il rispetto dell’ambiente», conclude Arvedi.
Articolo pubblicato l’8 Luglio da Il Corriere della Sera