Prova a stringere i denti e a guardare sempre più alla sostenibilità il settore della siderurgia italiana, nell’anno in cui i prezzi dell’energia elettrica e delle materie prime fanno registrare crescite rilevanti. Se nei primi sei mesi dei 20221a produzione italiana di acciaio ha fatto segnare un calo del 4% rispetto al 2021 (con 12,228 milioni di tonnellate, secondo dati recenti di Federacciai), il comparto, settore di rilievo per l’economia nazionale, tenta ora di resistere. Le difficoltà impongono soluzioni sempre più verdi, dal riciclo dell’acciaio alla produzione con forno elettrico, fino all’integrazione dell’idrogeno nei sistemi produttivi. Resta strategica, per l’acciaio, materiale riciclabile al 100%, la via della de-carbonizzazione. A fare il punto sulla situazione del comparto, ieri a Milano, l’annuale appuntamento con Bilanci d’Acciaio, ideato dall’Ufficio studi siderweb.
«I numeri di bilancio ci raccontano di un finale di 2020 e di un 2021 straordinari – sottolinea Emanuele Morandi, presidente di siderweb -, ma siamo entrati nel tunnel dell’incertezza, in un mondo passato all’improvviso all’inflazione galoppante e a rincari violenti» delle materie prime. I12021 aveva visto una veloce ripresa delle attività siderurgiche dopo la pandemia di Covid-19, con fatturato e valore di crescita superioredi oltre i160% rispetto al biennio precedente. Per i12022 (-3,6%) e i12023 (-3%) è però atteso il rallentamento della domanda di acciaio in Italia, con forte incidenza sui tassi di crescita. L’Italia è il secondo Paese europeo per produzione siderurgica e l’intero comparto vanta 70mila addetti diretti. Per l’80 per cento la produzione italiana avviene attraverso il forno elettrico, mentre sono solo tre gli stabilimenti che utilizzano altiforni, a Taranto, Trieste e Piombino. Nei primi otto mesi dei 2022, il comparto delle costruzioni, che assorbe circa il 35% del consumo di acciaio, è cresciuto del 15,1% in Italia e de13,8% nell’Ue. In calo, però, l’automotive, che copre il 18% del consumo, con un -3,5% in Italia e -4,3% nell’Unione Europea. Per sondare il sentiment dell’acciaio, Siderweb, in collaborazione con Bper Banca, ha quindi sottoposto un questionario a un campione rappresentativo della filiera dell’acciaio nazionale composto da circa 70 imprese, appartenenti prevalentemente a tre comparti: 34 per cento produzione, 14 per cento centri servizio, 29 per cento distribuzione. Le domande hanno riguardato le attese peri risultatidi bilancio 2022 e le prospettive per il 2023. Ne è emerso che nel 2022, il 50,7 per cento prevede un aumento del fatturato, di cui il 12,3 per cento inferiore al 10 per cento e un altro 12,3 per cento tra il 20 e il 30 per cento. Nel 2023 si assiste a un rallentamento dello sviluppo: il 23,1 per cento pensa di stabilizzare il giro d’affari; solo il 26,1 per cento intravede un’ulteriore crescita.
Secondo Riccardo Bensi, presidente di Assofermet, «la fase è critica, con una compressione di margini e consumi, ma tutto questo potrebbe anche provocare un nuovo domani con grandi opportunità per tutti noi, anche sul fronte di circolarità e de-carbonizzazione. Stiamo vivendo una trasformazione dell’industria importante, ècruciale chegli imprenditori ne colgano leopportunità». Resta ottimista Antonio Gozzi, presidente di Federacciai: «Credo che l’inflazione derivi soprattutto da una strozzatura delle catene di fornitura e so che questi meccanismi tendono spontaneamente a riequilibrarsi – spiega -. I prezzi delle materie prime e dell’energia potrebbero tornare su livelli più normali. La siderurgia italiana è già la più grande macchina di economia circolare in Europa, ma dobbiamo continuare a difendere questo titolo» «Lacciaio rimane sempre uno strumento di sviluppo per un Paese moderno, ma è necessario un riequilibrio mondiale dell’economia – è il richiamo di Giovanni Arvedi, fondatore del gruppo omonimo che nei mesi scorsi è arrivato ad acquisire anche le storiche Acciaierie di Temi . La sostenibilità è un dovere assoluto di tutti noi, dobbiamo utilizzare la tecnologia per produrre senza causare danni alla natura e all’uomo».
Articolo pubblicato il 28 ottobre da Avvenire