Articolo pubblicato nella rivista n.6/2023 di Civiltà del Lavoro
È consigliere delegato di Italmobiliare, holding di partecipazioni industriali. Ha gestito la cessione di Italcementi, azienda di famiglia attiva nel settore cementiero, e reinvestito ampia parte del ricavato nella diversificazione del portafoglio di Italmobiliare con l’acquisizione di partecipazioni stabili in società manifatturiere. Come è cambiato negli anni il mestiere dell’imprenditore?
È indubbiamente aumentata la complessità, a tutti i livelli. E questa è una sfida per gli imprenditori, che devono essere flessibili e avere competenze multidisciplinari, che vanno dalla finanza alla gestione operativa. La competizione si svolge su mercati sempre più globali e dinamici, con prodotti, tecniche di produzione e canali di vendita in continua evoluzione e un flusso incessante di innovazioni tecnologiche. Assume inoltre sempre maggiore importanza la mitigazione del rischio come strumento per adattarsi alle sfide, sfruttare le opportunità emergenti e mantenere la fiducia degli stakeholder. Rischi che, in un mercato globale e in rapida evoluzione, sono sempre più frequenti e sempre più difficili da mitigare. E talvolta anche imprevedibili, come lo è stato il Covid.
È infine aumentata enormemente l’attenzione nei confronti della sostenibilità, che oggi non è più solo conformità normativa ma una leva strategica di sviluppo. In questo ambito, ci tengo a sottolinearlo, Italmobiliare è stata pioniera, strutturando già dagli anni Novanta ambiziosi programmi ESG nelle principali partecipazioni industriali. Ed è proprio per interpretare al meglio questi cambiamenti e le sfide del nostro tempo che, dopo la cessione di Italcementi, ho deciso di ridisegnare Italmobiliare come una moderna holding che investe nelle eccellenze italiane e le accompagna in un percorso di crescita improntato alla creazione non solo di valore ma anche di valori.
Ha spesso affermato che l’Italia è una miniera di eccellenze. A cosa si riferisce?
Il nostro tessuto industriale è un’eccellenza riconosciuta a livello globale, caratterizzato da una combinazione unica di tradizione artigianale, innovazione e qualità che dà vita a prodotti eccezionali in una vasta gamma di settori. Lo testimoniano la notorietà e l’apprezzamento del made in Italy a livello globale e la grande attenzione degli investitori internazionali nei confronti delle nostre imprese. D’altra parte, molte aziende italiane sono di piccola-media dimensione, e questo spesso rappresenta un limite in termini di capacità di accesso al capitale, attrazione di talenti, investimenti, ricerca e sviluppo, governance e molto altro. Proprio per superare questi limiti abbiamo scelto di investire nelle imprese che mostrano elevate potenzialità, affiancandole non solo in veste di operatore finanziario ma anche mettendo a loro disposizione la nostra esperienza e la nostra struttura. Le direzioni della holding lavorano infatti a stretto contatto con le aziende del gruppo, a cui forniscono consulenza e supporto operativo in ogni ambito della gestione, dalla sostenibilità alle risorse umane, dalla comunicazione all’audit, dall’operatività ordinaria sino alla pianificazione di investimenti e operazioni straordinarie. Questa visione si è rivelata vincente e ci ha consentito, in soli 7 anni, di creare un gruppo industriale diversificato nei settori alimentare, energie rinnovabili, meccatronica, attrezzature sportive e sanità con un fatturato aggregato superiore a 2 miliardi di euro e oltre 6.000 dipendenti.
Si appresta a fare il primo passo verso il cambio generazionale nella holding di famiglia, con l’ingresso di tre dei suoi sei figli. Quanto è difficile passare il timone a chi viene dopo di noi?
In realtà vivo questa fase in modo molto naturale, sono però convinto che la transizione vada preparata adeguatamente, impostando un percorso, come è avvenuto tra mio padre Giampiero e me. Tre dei miei figli, dopo lo studio e dopo aver maturato esperienze professionali in contesti internazionali, sono già entrati nel gruppo. Giampiero, che è il primogenito ed è nato nel 1990, è Vicedirettore generale di Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, famosa in tutto il mondo per i suoi profumi, candele e liquori. Giulio, che è del 1992, è stato recentemente eletto nel board Young dell’AIFI ed è Head of Business Strategy di Clessidra Holding. Roberto, che è nato nel 1994 ed è il terzogenito, è CEO di Callmewine ed è nel CdA Italmobiliare, che è stato recentemente rinnovato e nel quale ora siedono due trentenni. Segno di quanto riteniamo importante rinnovare la governance attraverso il coinvolgimento delle nuove generazioni, la cui energia, idee e spirito di adattamento sono indispensabili per affrontare le sfide del mondo di oggi e di domani.
Qual è il suo difetto più grande? E il pregio?
Pregi e difetti andrebbero chiesti a chi ci conosce meglio, e quindi probabilmente proprio ai figli di cui parlavamo prima. Riguardo al difetto posso dire che ritengo essenziale la capacità di sintesi e sono conscio che per le persone con cui lavoro, ma anche per quelle che mi sono vicine, è molto sfidante riassumere in poche parole argomenti magari molto complessi. Piuttosto che dei pregi mi piacerebbe parlare di valori, che sono più importanti perché possono essere trasmessi. Cito in particolare l’integrità, la dedizione al lavoro, l’onestà e il rispetto, che sono profondamente legati al DNA della nostra famiglia. Sono valori nei quali credo profondamente, che mi sono stati trasmessi e che spero di riuscire a mia volta a trasferire ai miei figli.
Cosa ha provato quando è stato nominato Cavaliere del Lavoro?
Orgoglio e commozione. Orgoglio per il riconoscimento ricevuto, commozione pensando a mio padre Giampiero e a mio nonno Carlo, che hanno ricevuto questa onorificenza nel passato a conferma dell’impegno della nostra famiglia per lo sviluppo del nostro Paese e delle imprese italiane.