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LEGIFERARE senza penalizzare | Civiltà del Lavoro6/2024

07.02.2025

La questione degli elevati costi energetici aveva mostrato le prime avvisaglie già nel 2021, poi lo scoppio della guerra in Ucraina l’anno successivo con lo stop alle forniture di gas naturale dalla Russia ha costretto l’Europa a rivedere la propria politica energetica, rompendo una dipendenza sulla quale il Vecchio Continente si era “colpevolmente” adagiato per troppo tempo. Oggi la questione energetica resta in ogni caso di grande attualità per via della transizione ecologica intrapresa dall’Unione europea. Ma che cosa accade concretamente fra le imprese? Come incidono gli alti costi e come si stanno attrezzando le industrie? Ne abbiamo parlato con Franco Manfredini, presidente della Commissione Energia di Confindustria Ceramica e Cavaliere del Lavoro.

Presidente Manfredini, quanto incidono i consumi elettrici nell’industria della ceramica?
L’industria della ceramica appartiene alla categoria dei settori manifatturieri energivori. Oltre all’uso di energia elettrica per far funzionare impianti estremamente automatizzati, utilizziamo grandi quantità di gas naturale per uso termico, indispensabile per trasformare, attraverso la cottura ad alte temperature, materie prime naturali in pregiato prodotto ceramico. L’insieme di queste due fonti energetiche ha una incidenza che arriva fino a un terzo del costo industriale del prodotto finito e i prezzi per il loro approvvigionamento in Italia sono mediamente tre volte superiori a quelli che pagano i nostri sempre più numerosi e agguerriti competitors extra Europei. Da considerare che, al costo dell’energia elettrica e del gas naturale, vanno aggiunti gli oneri delle emissioni imposti da alcuni anni dalla procedura europea Emission Trading Scheme (ETS), costi destinati a crescere in futuro a livelli imprevedibili.

Che conseguenze ha avuto sinora l’elevato costo dell’elettricità per il vostro settore e come vi avete fatto fronte?
L’elevato costo dell’energia è uno degli elementi che hanno determinato negli ultimi anni una stasi, quando non un calo, della produzione italiana, pur mantenendo la leadership mondiale tecnologica e d’immagine del prodotto made in Italy.
In questo periodo, a livello europeo, abbiamo ottenuto provvidenziali imposizioni di dazi anti dumping nei confronti della Cina, provvedimenti che sono tuttora in atto.

Le imprese della ceramica hanno avviato progetti per ridurre il consumo di elettricità?
Per ridurre il consumo dell’energia, sia del gas che dell’energia elettrica, il nostro settore ha realizzato forti investimenti in efficientamento degli impianti, nella evoluzione tecnologica del processo produttivo e nell’offerta di prodotti a spessore più ridotto. Consistenti sono gli impianti fotovoltaici installati con i pannelli solari situati sui capannoni produttivi.
Un importante risultato sul fronte del risparmio energetico e della correlata riduzione delle emissioni è stato raggiunto attraverso la cogenerazione nei siti produttivi di energia elettrica, adottata da molte aziende ceramiche italiane, che ha permesso, fra l’altro, un uso di fonte di calore residuo che in altre situazioni andrebbe disperso.

State facendo ricorso alle opportunità dell’energy release?
Nella concreta attuazione di questa procedura si chiedono alle imprese impegni di lungo periodo, particolarmente difficili per imprese medio piccole e, mi pare, manchino idonee garanzie rispetto a possibili cause esterne che ritardino o impediscano la realizzazione degli impianti.

Pensate che un ritorno al nucleare con la tecnologia Smr (Small modular reactor) sia necessaria, anche se le prime centrali saranno realizzabili nel 2032-33?
Siamo favorevoli soprattutto al principio della neutralità tecnologica, che deve sempre ispirare le scelte dell’autorità politica. L’adozione di una soluzione piuttosto di un’altra deve essere lasciata ai risultati di una collaudata sperimentazione e al responso del mercato, per evitare i disastri spesso causati da politiche economiche basate sull’ideologia o la presunzione dirigistica.

Che altre proposte avete per ridurre i costi dell’energia?
Siamo, per definizione, un settore manifatturiero “hard to abate” con forte esposizione alla competizione mondiale: oltre l’80% del nostro prodotto viene esportato in tutto il mondo.
Siamo pronti come settore a investire tutto quello che serve per la transizione energetica che l’Europa ci sta imponendo, ma al momento non sono prevedibili vettori energetici concretamente disponibili, dal punto di vista tecnologico ed economico, alternativi all’uso del gas naturale.
La stessa Commissione europea proclama di volere evitare la delocalizzazione della nostra industria e comunque l’importazione del manufatto da paesi che non tengono in nessun conto le problematiche ambientali che noi ci poniamo, e di volere impedire il danno economico e sociale della perdita di un distretto che occupa con l’indotto decine di migliaia di persone.
Chiediamo pertanto, come già attuato per altri settori “hard to abate”, provvedimenti adeguati di deroga alle attuali procedure ETS che ci permettano di sopravvivere in una fase transitoria di durata imprevedibile.

Le imprese della ceramica stanno usando i fondi Pnrr di Industria 5.0 per gli investimenti agevolati in energie rinnovabili?
Devo purtroppo sottolineare che la declinazione che è stata data alla Commissione europea del principio “do not significant harm” (Dnsh) di fatto escluderà la quasi totalità dei progetti di innovazione che potevano essere presentati dalle imprese ceramiche. L’esclusione prevista per imprese ETS è illogica e vessatoria; penalizza proprio le imprese alle quali è chiesto di fare di più e che dovevano essere i destinatari naturali di Industria 5.0. Occorre evitare una errata convinzione secondo cui l’industrializzazione comporta inevitabilmente effetti negativi sull’ambiente.
Sono convinto che si possa coniugare insieme rispetto per l’ambiente e perseguimento della neutralità climatica senza danneggiare la competitività del sistema manifatturiero, il cui mantenimento ne rappresenta piuttosto la precondizione. Valga per tutti l’esempio negativo della crisi dell’industria automobilistica europea, conseguenza della acritica adozione di provvedimenti legislativi fuorvianti. Non vogliamo che la stessa situazione si abbia presto a riscontrare anche per il nostro distretto e settore produttivo.
È quindi indispensabile che, da parte di chi ne ha la competenza, siano adottati con urgenza correttivi o deroghe alle direttive europee ora incombenti, che penalizzano la vita e il futuro delle nostre imprese.

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