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“Lo startupper che collegò il mondo intero ” | Civiltà del Lavoro 1/2024

06.06.2024

Articolo pubblicato nella rivista n.1/2024 di Civiltà del Lavoro

 

Che Guglielmo Marconi sia stato un gran­de imprenditore è cosa che non viene messa in dubbio da chiunque conosca anche minimamente la sua biografia. I collezionisti delle azioni delle nume­rose compagnie che Marconi controllava un po’ dap­pertutto all’apice del successo sono testimoni del fatto che, con ogni probabilità, fu anzi il primo imprenditore di quel mondo globalizzato che lui stava contribuendo a costruire per mezzo delle sue invenzioni. Il giovane in­ventore della Stanza dei Bachi sviluppò, non appena arri­vato in Inghilterra, delle capacità manageriali che gli con­sentirono di avviare una start up con venture capitai e, contemporaneamente, il ragazzo, che fino ad allora era stato un outsider, entrò a pieno titolo nel mondo scien­tifico grazie anche alla stima che aveva per lui il poten­te direttore del Post Office Sir William Preece. Nel giro di un paio d’anni o poco più la start up fondata da Mar­coni divenne una multinazionale e, con essa, crebbero anche le doti manageriali del fondatore. Si può dire che nei primi del Novecento il Marconi scienziato fu essen­ziale per cogliere sia successi scientifici sia traguardi im­prenditoriali in una situazione di seria difficoltà econo­mica della compagnia. Mentre poi, diventato ormai un uomo di successo internazionale noto ed apprezzato in tutto il mondo, gli si aprì la strada della politica. Un per­corso che comunque non avrebbe potuto evitare, date le caratteristiche del suo business.
Fu dunque inventore, scienziato, imprenditore, politi­co, uomo di istituzioni, e poiché queste caratteristiche coesistevano in un unico individuo, non erano giustap­poste, ma interagivano continuamente, spesso per ot­tenere un miglior risultato e a volte creando non pochi problemi. Il suo rapporto con gli altri e la sua immagi­ne furono profondamente influenzati da questa multi­forme personalità.

UN POLIEDRICO INGEGNO
La prima dote che il giovane Guglielmo evidenziò fu la capacità di costruire cose anche complesse e farle fun­zionare secondo i suoi desideri. In ciò gli fu di grande utilità l’avere preso lezioni dal Professor Rosa a Livorno. Il padre Giuseppe osservava con poco entusiasmo l’atti­vità di questo figliolo originale, che oltretutto gli costa­va sempre più. Ma dopo che Guglielmo riuscì a superare con successo, grazie alla sua “apparecchiatura”, la colli­na dei Celestini, fu evidente che l’invenzione era poten­zialmente rivoluzionaria perché riusciva tramite le onde radio a fare ciò che con il telegrafo ottico non era possi­bile. Il viaggio a Londra fu allora deciso con l’intento pre­ciso di sfruttare commercialmente, l’invenzione. E sicu­ramente una forte spinta venne dallo stesso Giuseppe, che seguì poi a distanza l’attività del figlio. Il carteggio tra i due rivela come Guglielmo era attento a seguire i consigli del padre, in particolare sulla scelta tra vendere i diritti ad una grossa compagnia o fondarne una propria. Marconi era attratto dallo sviluppare lui stesso l’inven­zione perché si rendeva conto che il successo commer­ciale sarebbe stato parte dell’invenzione stessa che, per la sua natura, doveva essere in grado di diffondersi tra le grandi masse. Inoltre, come ebbe a confessare al col­laboratore Luigi Solari, non gli piaceva affatto che altri arrivassero a sfruttare commercialmente il frutto del suo ingegno. Quando infine con l’aiuto del cugino Henry Ja­meson Davis, della famiglia della mamma che era quel­la dell’omonimo whiskey irlandese, trovò gli investitori – venture capitalist – e fondò la sua start up, non aveva più bisogno nemmeno dei soldi del padre.
Guglielmo dimostrò rapidamente doti da leader e non fu in soggezione nemmeno di fronte a illustri professo­ri come Ambrose Fleming, dell’University College, che aveva assunto come consulente scientifico. Ma questo suo divenire scienziato e businessman non gli fece di­sperdere le sue qualità di inventore che, difatti, vennero fuori quando erano necessarie per interpretare corret­tamente dei risultati sperimentali. Un esempio paradig­matico di questa sovrapposizione dello scienziato all’imprenditorie, e viceversa, ci fu quando Marconi decise di impegnare tutte le finanze della sua compagnia per la trasmissione transatlantica, che allora la scienza uf­ficiale riteneva impossibile. Ma Guglielmo era convinto di farcela sulla base di sperimentazioni effettuate con successo. Solo la caratura del Marconi scienziato pote­va convincere gli azionisti, che fino ad allora non aveva­no toccato un dividendo, ad affrontare questa impresa. Aveva ragione lui anche se il motivo del successo, la esistenza della ionosfera, doveva ancora essere trovato e ancora ai tempi del Nobel, 1909, non era stato indivi­duato con chiarezza.

CRISI, “SCANDALI” E SUCCESSI
I primi anni dell’attività imprenditoriale di Guglielmo furo­no del tutto tranquilli. Alle rimesse del padre che avevano soddisfatto i bisogni finanziari nel primo periodo di sog­giorno a Londra, si sostituì il capitale della compagnia che era stato appunto costituito per consentire un adeguato sviluppo commerciale. Nel 1898 fu creata a Chelmsford la prima fabbrica Marconi che cominciò a costruire ap­parecchiature per telegrafia senza fili.
Ma se il titolare girava per il mondo a fare radiocrona­che di gare nautiche (Kingstown Regatta e America’s Cup) suscitando grande successo di pubblico e di stam­pa, l’ufficio vendite non stava altrettanto bene. Sembra che addirittura nel periodo in cui Marconi completò il superamento della Manica, il fido collaboratore Kemp dovette intervenire per sbloccare una situazione econo­mica critica. Delle condizioni della compagnia al tempo della trasmissione transatlantica si è accennato: Marco­ni stesso in un celebre discorso riferisce che, per la co­struzione delle due stazioni, in Europa e Stati Uniti, si dovette arrischiare una ingente somma di danaro. Sen­za considerare che poi due fortunali, arrivati a breve di­stanza tra loro, distrussero ambedue le antenne. Fu per questo che Marconi costruì soltanto un sistema di an­tenne dal lato trasmittente, a Poldhu, peraltro più sem­plice del precedente ma non meno valido, e si arrampicò sulla Signal Hill di San Giovanni di Terranova usando co­me antenne dei lunghi fili metallici portati in alto da un pallone o da un aquilone. Ciò spiega anche la modalità un po’ primitiva scelta per l’esperimento, che gli portò vari problemi di credibilità: a Poldhu trasmettevano ad ore prefissate e proprio in quelle stavano in ascolto in Canada. Una sperimentazione che, se da un lato, accreb­be lo scetticismo di molti, dall’altro consegnò alla sto­ria la scena di Guglielmo che passa il ricevitore a Kemp chiedendo se anche lui sentiva qualcosa: “Can you hear anything Mr. Kemp?”.
Un altro momento critico ci fu nel 1912, in occasione del cosiddetto “Marconi Scandal”, collegato a forniture del­la Marconi al governo britannico per la Imperia! Wireless Chain. Coinvolse vari uomini politici, anche perché il man­aging director della Marconi era fratello del noto politi­co Sir Rufus lsaacs. Alla fine Marconi fu mondato di ogni colpa, ma intanto le azioni della compagnia erano salite sull’ottovolante generando gravi preoccupazioni e anche una forte delusione nell’inventore verso l’Inghilterra, sua seconda patria.
Con la nomina a Senatore nel 1914 entra in gioco anche Marconi uomo politico, all’inizio sinceramente voglioso di aiutare il proprio Paese. E infatti, al di là del ruolo che eb­be durante la Grande Guerra, collaborò a diverse azioni diplomatiche. Il culmine si ebbe quando fu chiamato a fa­re parte della delegazione italiana per discutere della pa­ce a Versailles. Fu deluso dai risultati e dai modi usati, in particolare dal presidente americano Wilson, e decise di ritirarsi per seguire i propri affari. Un obiettivo che tut­tavia non riuscì a raggiungere perché dovette affrontare l’ulteriore scandalo della Banca di Sconto e le continue discussioni col ministro delle Poste di turno per difende­re gli interessi della compagnia, messi in discussione dalle pressioni delle compagnie straniere. Pressioni che, inten­dendo anche colpire lui personalmente, lo misero in diffi­coltà nel trovare finanziamenti di cui aveva bisogno. Situa­zioni da cui uscì anche grazie all’aiuto di Solari. In mezzo ci fu l’adesione al fascismo che lo riportò in auge come uo­mo pubblico ma su cui qui sarebbe troppo lungo entrare. L’azione del Marconi imprenditore fu influenzata non sol­tanto dalla politica in senso generale, come è normale che sia, ma anche dal fatto che Marconi fu uomo politico lui stesso e quindi gli alti e bassi della compagnia non furono provocati soltanto dalla normale competizione di mercato.

IL PASSAGGIO ALLE ONDE CORTE
Probabilmente l’intreccio indissolubile tra il Marconi scien­ziato e l’imprenditore si ebbe all’inizio degli anni Venti quando Marconi comprese tra i primi che la strada del­le onde lunghe era ormai ad un vicolo cieco mentre ina­spettate prospettive si aprivano per le onde corte. Già nei primi esperimenti in Inghilterra, nella piana di Salisbury, Marconi sperimentò ambedue le soluzioni, ma andare ver­so lunghezze d’onda più grandi sembrò allora la soluzio­ne migliore perché si ottenevano migliori prestazioni in distanza. Si ebbero così i grandi successi transatlantici e i collegamenti intercontinentali. Ma i sistemi trasmitten­ti necessari diventavano sempre più giganteschi e costo­si e ancora una volta rischiavano di mettere in difficoltà la compagnia. L’invenzione delle valvole e l’inatteso pre­sentarsi di nuove favorevoli condizioni di trasmissione ionosferica, nel frattempo più conosciuta, fecero intuire a Marconi che si doveva cambiare rotta. I vantaggi erano enormi in termini di ingombro, potenze in gioco, banda disponibile e, non ultimo, la possibilità di pensare a nuovi radiosistemi come i ponti radio, i radiogoniometri, le co­municazioni mobili, la radiodiffusione.
Per le Officine Marconi il cambio di produzione dovette apparire paragonabile al fatto di costruire Smart al posto di autocarri e ancora una volta solo la sua caratura come scienziato consentì a Marconi di convincere gli azionisti. Permanere nella vecchia strada avrebbe certamente portato la compagnia al fallimento, mentre così ebbe nuovo vigore. Per questo basti ricordare che quando finalmen­te nel 1924 il Post Office e la Marconi si accordarono per la rete wireless dell’impero britannico si decise di usare apparecchiature ad onde corte.

 

MARCONI MARINAIO
Sottotraccia tra le varie personalità di Marconi ve ne è una che influenzò silenziosamente tutte le altre. Gugliel­mo amava il mare, a partire dalle scorribande a Livorno con una barchetta regalatagli dal padre Giuseppe, fino a quando il suo declino fisico non coincise con l’obsolescenza della sua nave, l’Elettra, e la perdita di controllo delle sue aziende inglesi. L’importanza della disponibilità dell’Elet­tra, acquistata nel 1919 per gli esperimenti di Marconi in particolare nel campo delle onde corte è sotto gli occhi di tutti, così come l’uso del panfilo per molteplici eclatan­ti performance, come l’ingresso cieco a Sestri Levante o l’accensione delle luci del municipio di Sidney.
Ma Marconi stava a suo agio più nel mare che in terra e l’Elettra fu la sua vera casa dal momento dell’acquisto. Coincisero così le difficoltà di mantenimento del panfi­lo, che la Marconi inglese non intendeva finanziare oltre, dato il distacco ormai irreversibile con l’Inghilterra, con il suo declino fisico che lo portò alla morte il 20 luglio 1937. L’Elettra, recuperata come relitto bellico, fu fatta a pez­zi e dispersa un po’ dovunque in Italia. Ma le idee di Mar­coni, le sue intuizioni, l’eredità immateriale che ci lascia vanno oggi a permeare la vita di tutti noi.

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