«Un’uguaglianza che non sia globale oggi non sarebbe né eticamente né idealmente accettabile». Il Cavaliere del Lavoro Marino Golinelli, filantropo e industriale farmaceutico, compirà 101 anni il prossimo 11 ottobre. La conoscenza, il suo pallino. E sguardo lungo, quel pensiero al futuro che ha portato la sua Fondazione a sostenere il progetto “Digitali e Uguali”.
Golinelli, perché crede in questa iniziativa?
«II tema su cui “Digitali e Uguali” vuole sensibilizzare è annoso: dare a tutte e a tutti gli strumenti per essere eguali nella conoscenza. Ora va reso attuale concependo l’uguaglianza sociale in modo globale, cioè prescindendo da qualunque confine nazionale, politico, geografico. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti. Io stesso, testimone diretto del valore del progetto, ho partecipato, insieme a mia moglie Paola e ai miei nipoti Marina e Stefano, con un doveroso contributo personale».
Cosa significa contribuire alle pari opportunità: in gioco c’è solo l’accesso alla conoscenza o qualcosa di più?
«L’era onlife, come dice Luciano Floridi, ha moltiplicato le possibilità: se vissuta con consapevolezza, è una grande opportunità per muoversi verso una maggiore inclusione e superare anche altre barriere, come il divario di genere. YNAP e Fondazione Golinelli sono da tempo impegnati nell’educazione al digitale, con particolare attenzione all’avvicinamento di bambine e ragazze alle tecnologie digitali, alla produzione di software e, più in generale, alle materie Steam (scienza, tecnologia, ingegneria, arte, matematica), oggi di dominio soprattutto maschile. Un altro progetto di inclusione è l’iniziativa di Alfasigma per coinvolgere i giovani millennial che vi lavorano nelle strategie d’impresa. Credo sia essenziale integrare nelle politiche aziendali il punto di vista dei più giovani».
Prima ancora viene la formazione: che scuola dovrà ripartire dopo la pandemia?
«La scuola che verrà dopo il Covid 19 dovrà essere capace di ripensarsi e aggiornarsi, per dare ai giovani la capacità di credere nel futuro, un futuro che saranno loro stessi a potere e dover plasmare, in quanto esseri umani capaci di creatività. Nona caso il pay off di Fondazione Golinelli è “L’intelligenza di esserci”, che vuol dire proprio questo: avere la gioia e il desiderio di essere sempre dentro gli eventi».
Pensa che questa pandemia, e la sua gestione, abbia messo in crisi la fiducia nella scienza?
«Più che nella scienza, nella politica. Credo che il vero problema delle istituzioni pubbliche sia la mancanza di prospettiva a lungo termine. Se non siamo equipaggiati per le sfide imprevedibili cui la vita ci sottopone, il rischio è navigare sempre a vista».
Sui vaccini anti-Covid si pone il nodo di una loro equa distribuzione nel mondo.
«Per identificare e produrre le “armi” che ci permetteranno di sconfiggere la pandemia, credo che l’unica via percorribile sia una visione aperta e globale della loro distribuzione. Bisognerebbe ragionare in termini di profitto etico oltre che economico, inducendo le aziende a potenziare le proprie responsabilità e i propri valori sociali».
Lei ha sempre immaginato il futuro: continua a farlo?
«Continuo a guardare e immaginare il futuro attraverso la Fondazione che porta il mio nome, il cui programma pluriennale di sviluppo raggiunge e supera il 2065. Non riesco nemmeno a concepire orizzonti temporali meno lungimiranti».
Dopo un annodi pandemia non ancora sconfitta come è possibile guardare avanti?
«Il filosofo Nassim Nicholas Taleb sostiene che il futuro è un cigno nero: l’imprevedibile governa le nostre vite e il Covid 19lo ha reso evidente, in pochissimo tempo, a tutto il mondo. Anche se può sembrare un paradosso, l’imprevedibile si può imparare a gestire solo se siamo ben equipaggiati, e questo equipaggiamento è fatto di consapevolezza di sé e del mondo, etica, responsabilità sociale, fiducia, conoscenza. Senza mai avere paura di commettere errori e senza mai dimenticare domande come “Perché viviamo?”, “Qual è il
significato profondo della nostra esistenza?”».
Cosa direbbe ai ragazzi oggi: come si fa a pensare a ciò che ancora non esiste, e a crederci?
«Direi loro di mettersi subito alla ricerca dell’obiettivo fondamentale della loro vita, una passione alla quale dedicarsi scoprendo i propri talenti e attivando le proprie capacità. Dobbiamo essere noi adulti a permettere ai più giovani di sviluppare questa capacità immaginifica, aiutandoli a costruire una fiducia duratura in sé e nel futuro: la campagna “Digitali e Uguali” vuole essere anche un messaggio di credito nei loro confronti, per dare loro la possibilità di accedere alla conoscenza e di proseguire sulla strada di un mondo più equo».