Era lunedì, quel giorno. L’11 ottobre 1920 il presidente degli Stati Uniti era Woodrow Wilson, in Italia invece Giovanni Giolitti con il suo quinto governo (Popolari, socialisti, riformisti, radicali e democratico-sociali alleati insieme) veniva sconfitto sulla questione di Fiume, mentre Tommaso Marinetti stava scivolando dal futurismo ai Fasci di combattimento all’ombra di Benito Mussolini. Era lunedì e a San Felice sul Panaro in una famiglia contadina nasceva un bimbo, Marino, con gli occhi vispi e una gran voglia di conoscere il mondo. Un secolo dopo quel bimbo è ancora qui, Marino, filantropo e creatore di un gigante farmaceutico (Alfa Sigma) da un miliardo di fatturato. Fanciullino, uomo di famiglia, imprenditore, collezionista d’arte, figlio/fratello/padre/nonno di una comunità intera.
Ma Marino, il Cavaliere del Lavoro Marino Golinelli, non guarda indietro, non l’ha mai fatto. «Sono un centenario, ma penso al futuro», dice. Ed effettivamente a chi gli chiede un pensiero su questa vita grande come l’universo, Golinelli non guarda a quel 1920 dove un papà indaffarato nei campi (26 biolche di terra nella Padania post Grande Guerra) nascondeva i soldi sotto il materasso, o una mamma di cinque figli allevava polli e vendeva le uova, o nemmeno guarda a Marino, il bimbo dagli occhi vispi, che crescendo era diventato «timido, estremamente timido, totalmente normale, oserei dire amorfo». Non guarda nemmeno a un ragazzo, quasi uomo, che dopo gli inizi in Chimica e la laurea in Farmacia II 24 gennaio 1948 costituisce la prima azienda, l’Alfa – Alimenti fattori accessori – Biochimici. Lo zucchero era ancora razionato, veniva comprato al mercato nero. «Dieci chili alla volta al bar La Torinese. Con fosforo, calcio e altro preparavo uno sciroppo. Un solo dipendente, Rizzoli. Per portare la damigiane alle farmacie usavo il tram. II mio dipendente si vergognava, diceva che non era dignitoso farsi vedere così. San Felice sul Panaro, Mirandola-Bologna, sessanta chilometri: allora era un viaggio in un altro mondo», raccontava in una intervista.
II primo locale in via Galliera (la firma fu apposta davanti al notaio Gallerani, il papà gli aveva prestato sessantamila lire) era diventata la base dove fare lo sciroppo Sitacoidine, poi arriva un laboratorio più grande nella villa di un amico. Nel ’59 fu il cardinal Giacomo Lercaro a inaugurare il primo vero stabilimento. No, Marino Golinelli non guarda a tutto questo e ad altro che vi racconteremo. Marino Golinelli guarda «al 2050, perché vorrei sapere come sarà vivere in quei giorni; e al 2065, ho progetti ben definiti fino ad allora; e, infine, al 2088, quando la Fondazione che porta il mio nome compirà cento anni»