Alcuni lo ricordano come il banchiere “rosso”. Altri come il rappresentante di un socialismo attivo e militante. Altri ancora come l’ultimo dei signori della Prima Repubblica. Lui, Nerio Nesi, all’età di novant’anni ha deciso di raccontarsi. Di mettere in fila i ricordi, dai banchi di scuola a quelli del Parlamento, passando per le scrivanie delle grandi imprese italiane, dalla Rai all’Olivetti. Il risultato è uno straordinario affresco dell’Italia racchiuso nelle oltre 400 pagine di “Al servizio del mio Paese”, edito da Aragno.
“Uno degli aspetti che affascinano maggiormente il lettore – scrive Luigi Bonante nella prefazione – è come egli abbia saputo attraversare quel mezzo secolo pieno di ostacoli, trappole e pericoli senza una macchia, senza essersi mai ritirato dietro maldicenze, accuse, recriminazioni. Credo si tratti di un’eccezione nella storia della società politica del nostro Paese”. Grand commis dello Stato, manager e finanziere, e poi massimo banchiere italiano, politico e uomo di partito nel Psi, Nesi ha consegnato alle stampe una pagina di storia patria di cui è stato talvolta protagonista, altre volte comprimario, mai semplice spettatore.
Tanti i ruoli ricoperti, uno solo il principio che ha indirizzato il suo operato: l’etica della responsabilità. Quel senso del dovere che, coi calzoncini corti, gli impone di ottenere a scuola la media dell’otto, “perché mio padre – scrive il ministro dei Lavori pubblici del secondo governo Amato – aveva posto come condizione al mio mantenimento agli studi che non si pagassero le tasse scolastiche”. E che, ne corso della sua carriera professionale e politica, lo porta a impegnarsi particolarmente nelle questioni di uno sviluppo compatibile con le conquiste dello stato sociale e di una politica di privatizzazioni che non cancelli i temi dell’interesse pubblico.
Cavaliere del Lavoro dall’83, nominato per il settore del credito ai tempi della presidenza della Bnl, Nesi ha sviluppato un’ultima, grande passione, quella per la storia risorgimentale, e una vera dedizione per Camillo Benso di Cavour, della cui Fondazione è presidente dal 2012. Ed è al grande statista piemontese che è dedicato il progetto per la realizzazione, a Santena, nella città metropolitana di Torino, del Museo Nazionale Cavour. “Il Museo – scrive Nesi – dovrà ospitare tra l’altro un grande Centro Internazionale di studi sulla formazione degli Stati nazionali europei dell’Ottocento e sui nuovi compiti degli Stati stessi in relazione alla Comunità Europea e alla globalizzazione dell’Economia”.