Un piano ambizioso ma di fatto già realizzato e che al 2025 punta a oltre 10,5 miliardi di ricavi. Pietro Salini, numero uno di Webuild, mette in fila, in questo colloquio con Il Sole 24 Ore, i traguardi tagliati dal colosso delle costruzioni, propone una ricetta “semplice” contro la siccità e assicura: il Ponte sullo Stretto può essere uno straordinario biglietto da visita per l’Italia nel mondo.
Nel 2012, quando è nata, Webulld aveva 2,3 miliardi di ricavi, ora puntate ad arrivare a ridosso degli 11 miliardi nel 2025. Come contate di confermare la crescita, stante un contesto che sconta tematiche complesse a livello economico, geopolitico e finanziario? Abbiamo costruito un gruppo che è diventato un campione globale. La creazione di valore che abbiamo fatto e che faremo è frutto dell’impegno profuso in questi io anni di storia, di cui l’ultimo con la guerra e i due precedenti macchiati dal Covid. Nonostante questo abbiamo la certezza di poter traguardare gli u. miliardi di ricavi a tre anni. Il 95% di quel target è già realizzato grazie a ordini e lavori che abbiamo in casa. Tutto ciò è la conseguenza diretta dell’operazione di integrazione dell’australiana d ough, del completamento del turnaround dell’americana Lane, del contributo dei fondi del Pnrr e della riorganizzazione delle nostre linee di business. Sapere già cosa faremo ci permette di pianificare con cura il futuro e di poter essere più efficienti ed efficaci. A piano prevedete di distribuire fino a 170 milioni di cedole, un impegno importante. Abbiamo fatto delle affermazioni forti in termini di riduzione del debito, di generazione di cassa e di distribuzione delle cedole ma, come ho detto, abbiamo grande visibilità sui risultati che possiamo raggiungere. Avete completamente rivoluzionato il portafoglio ordini, siete all’8o% in paesi a basso rischio.
Nei prossimi anni contate di mantenere questo livello. Quanto aiutano le politiche a livello europeo, Pnrr, e americano, con i vari stimoli? In questi anni credo che quello che è cambiato in maniera radicale è la voglia delle persone di vivere meglio. E le infrastrutture rappresentano un fattore abilitante nel processo di miglioramento della qualità della vita. A questo si somma il fatto che le grandi opere hanno un effetto importante sul Pil e che rappresentano il presente e il futuro di tante persone. Hanno dei moltiplicatori enormi in termini di occupazione e di generazione di crescita. Oggi abbiamo dunque questa grande opportunità dei fondi del Pnrr e non va sprecata. Anche perché se ci guardiamo attorno sta avvenendo la stessa cosa in tutte le parti del mondo, basti pensare all’Australia che sta mettendo a terra un piano importantissimo in ottica di transizione e mobilità sostenibile. Quali potrebbero essere invece I paesi ancora non esplorati ma di vostro Interesse? Il nostro obiettivo principale è continuare a essere forti nei mercati evoluti che per noi sono quelli centrali, ossia Stati Uniti, Europa, Italia e Australia.
Poi possiamo anche considerare altre aree, come Nord Europa o Medio Oriente, quel che preme è che sia garantito il rispetto dei contratti e la trasparenza dei dati finanziari. L’operazione in Australia, ossia l’integrazione di Clough, vi ha fatto acquisire un backlog di 4 miliardi ma vi ha fatto entrare in settori finora mai avvicinati. Non è un rischio uscire dal proprio ambito di operatività? Con Clough abbiamo acquisito soprattutto competenze, ora abbiamo a disposizione centinaia di persone capaci su settori centrali per il futuro come l’energia e prodotti per l’agricoltura. Webuild è la punta di diamante di una filiera sistemica di 17 mila imprese, è il coordinatore di 83 mila posti di lavoro in ambiti cruciali per lo sviluppo sostenibile delle infrastrutture.
La tematica del debito è un elemento fondamentale nell’equilibrio finanziario di un gruppo di costruzioni, vi preoccupa l’ascesa del tassi? Il tema per noi, almeno al momento, non si pone, l’85% del nostro debito è a tasso fisso. È evidente, tuttavia, che la politica della Bce tesa a contenere l’inflazione con continui ritocchi ai tassi non ci rende felici. Dobbiamo chiederci se queste manovre possano essere realizzate tenendo conto anche degli impatti sull’economia reale non guardando solo al contenimento dell’inflazione.
Articolo pubblicato il 17 marzo da Il Sole 24 Ore