di Paolo Scudieri, Cavaliere del Lavoro (Presidente Anfia)
e Domenico Sturabotti (direttore Symbola)
Ci troviamo davanti ad una sfida per certi versi analoga a quella che 100 anni fa visse Henry Ford: rendere la mobilità – oggi sostenibile – accessibile a gran parte della popolazione. Ma il contesto è molto diverso, caratterizzato dalla simultaneità di tante crisi: da quella pandemica, che ha compresso il mercato mondiale dell’automobile, passato dalle circa 64 milioni di immatricolazioni del 2019 ai 54 milioni del 2020, a quella climatica, che spinge i governi verso misure sempre più restrittive sulle emissioni incoraggiando lo sviluppo di veicoli sostenibili, come quello elettrico attualmente favorito, ma non unico. A queste, si è aggiunta la crescita dei costi delle materie prime, +90% a maggio, e la crisi dei chip con i conseguenti stop produttivi.
Una tempesta perfetta per il settore, che si muove tra la necessità di investire ingenti risorse per l’elettrificazione, bassi margini, un quadro tecnologico ancora indefinito che suggerisce cautela e un approccio aperto e multi-tecnologico alla transizione ecologica. Intanto, grazie alle misure di incentivazione e alla disponibilità di veicoli a prezzi più accessibili, è cresciuto il mercato delle auto full-electric e ibride plug-in, che, nel 2020 hanno costituito circa 114,2% del mercato globale, doppiando la quota 2019.
L’Europa, che si è data obiettivi sfidanti nella lotta alla crisi climatica prima con il Green Deal e ora con il Next generation EU, vuole giocare un ruolo di primo piano. Nel 2020 l’Europa è diventato il principale mercato mondiale per le auto ev, superando la Cina e ha recentemente annunciato di voler diventare nei prossimi cinque anni il secondo produttore di batterie elettriche al mondo. Bruxelles stima che il valore potenziale del mercato europeo delle batterie sarà attorno ai 25o miliardi di euro al 2025 e non vuole ripetere l’errore fatto con il fotovoltaico.
Da qui, la nascita dell’Alleanza europea delle batterie (Eba), che vede coinvolti oltre 400 attori industriali dall’estrazione alla produzione fino al riciclaggio, oltre a istituti di ricerca, istituzioni nazionali e altri stakeholder. In Europa, nel 2019, gli investimenti pubblici e privati sulle batterie, hanno superato i 6o miliardi, tre volte quelli della Cina. E in Italia? ‘I’re sono le iniziative in campo. In Campania, a Teverola, dove è in via di realizzazione un impianto per la produzione di batterie da parte di Faam (gruppo Seri) che a regime, nel 2024, produrrà 8 GWh. In Piemonte, Italvolt dovrebbe realizzare nel comprensorio ex Olivetti di Scarmagno la più grande Gigafactory d’Europa, che è prevista avviare la produzione nel 2024. Mentre il governo italiano ha sottoposto all’Europa un piano per accedere a circa 600 milioni del Recovery Plan per una Gigafactory da 37 GWh, investimento che potrebbe superare il miliardo, con il possibile coinvolgimento di Stellantis.
Inoltre, considerando che nel corso dei prossimi due decenni si accumuleranno grosse quantità di batterie esauste, sarà fondamentale per l’Italia, che vanta, come emerge dal rapporto Greenitaly 2020 di Fondazione Symbola e Unioncamere, la prima posizione in Europa per quota di riciclo sulla totalità dei rifiuti (79%), costruire una filiera industriale perla raccolta e riciclo delle batterie a fine vita. Ma è nella produzione di veicoli e nella filiera produttiva che si gioca la partita della riorganizzazione di uno dei sistemi automotive più importanti del mondo, con un fatturato di oltre 106 miliardi, pari al 6,2% del Pil.