Pubblichiamo di seguito il discorso di Giuseppe Donato, Presidente del Gruppo Piemontese della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, tenuto in occasione delle celebrazioni del Primo Maggio a Torino.
Autorità, Signore, Signori, Cari Colleghi,
sono onorato dell’invito a partecipare, in rappresentanza della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, a questo solenne appuntamento del 1 maggio.
Istituito nel 1967, il conferimento della Stella al Merito del Lavoro, ricordo che chi la riceve viene nominato Maestro del Lavoro, vuole premiare singoli meriti di perizia, laboriosità e buona condotta morale dei lavoratori dipendenti da imprese pubbliche o private.
Oggi, nel giorno della Festa del Lavoro, celebriamo la dignità e il valore del lavoro quale dimensione fondamentale nella vita di tutti noi, con l’opportunità di alcune brevi considerazioni sul mondo del lavoro e dell’economia e occupazione.
L’art. 1 della nostra Costituzione, recitando che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” ha, in tal senso, un grande significato. A completamento di tale significato, l’art. 54 della Costituzione si rivela molto esigente nei confronti di chi opera nel settore pubblico, perché così recita: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
Si fa spesso riferimento alla ipotesi che le risorse non sono sufficienti. E’ opportuno ricordare che nel 2015 si è registrato il massimo assoluto di entrate tributarie, pari a 492,7 miliardi, sommando le entrate delle amministrazioni centrali e locali, pur nella continua riduzione di trasferimento agli enti locali.
Il Pil del 2015 è stato di 32 miliardi superiore a quello del 2010 mentre le entrate tributarie, nello stesso periodo, sono aumentate di 38 miliardi.
Quindi il Fisco ha non solo assorbito tutto l’aumento del Pil, ma è stato richiesto ai lavoratori e contribuenti un ulteriore esborso di 6 miliardi di euro.
Si va diffondendo un senso di difficoltà nell’accettare questi numeri quando il commissario Cantone, che presiede l’Autorità Nazionale Anti Corruzione, presentando il rapporto di Trasparency Italia, ci informa poche settimane fa, che sprechi, inefficienze e corruzione nella sola Sanità costano 23,6 miliardi l’anno.
Allora la domanda è: si può ridurre la spesa pubblica? La risposta è sì. Il Belgio, che all’inizio degli anni Novanta aveva un debito intorno al 126 per cento del Pil, con una politica di riforme a costo zero ha portato il debito all’87 per cento del Pil in 15 anni.
Alcuni obietteranno che non è possibile tagliare la spesa in una fase di crisi. Una smentita su questo arriva dall’esempio britannico: il Regno Unito dal 2012, in piena crisi, ha avviato un drastico taglio delle spese, che accompagnato a una riduzione delle tasse sulle imprese e sulle persone fisiche, è stato uno dei motori della crescita cha da allora non è mai stata inferiore al 2,5% all’anno.
Durante una crisi sono necessarie misure fiscali espansive per far ripartire la crescita e l’occupazione ma è ormai noto che in tal senso sono molto più efficaci le riduzioni delle tasse che gli aumenti di spesa, tenendo ben presente che aumentare oggi il disavanzo fa salire il debito di domani. A tal proposito, possiamo ricordare il monito del Presidente della Bundesbank che, il 25 aprile scorso a Roma, ci ha ricordato che, cito testualmente, i paesi con un debito elevato sono una minaccia per l’Europa.
Tornando al mondo del lavoro, un pensiero di solidarietà e incoraggiamento di tutti noi deve andare ai lavoratori che operano nel mondo dell’informazione. Incoraggiamento dovuto, dato che oggi si trovano ad agire in un contesto ulteriormente peggiorato che vede l’Italia scendere al 77esimo posto nell’annuale classifica di World Press Freedom Index 2016 dopo Armenia e Nicaragua, e prima di Benin e Guinea-Bissau, a causa della insufficiente libertà di informazione, spesso sostituita da sola cronaca nera e giudiziaria.
Altri temi basilari legati al mondo del lavoro e occupazione sono competitività e stabilità.
Non ripeterò quanto detto spesso sulla competitività salvo ricordare che per battere la concorrenza internazionale urge sciogliere alcuni nodi di sistema che impediscono la modernizzazione del paese, primo fra tutti: libera concorrenza, con una riduzione dell’intervento della mano pubblica nell’economia.
Concludo. Riguardo alla stabilità è auspicabile l’introduzione del principio detto “vincolo di mandato” che impegni i parlamentari a restare nel partito in cui sono stati eletti, salvo dare le dimissioni dal Parlamento.
Grazie