Prospettiva e non retrospettiva». Un passato che è futuro.
Le sfide che sono paradossi sono la normalità. Così non ci si stupisca se il racconto della mostra inaugurata ieri a Doha all’M7, l’hub di design e innovazione situato a Msheireb Downtown, comincia con una sottolineatura che non è neppure necessaria quando le porte di Forever Valentino si spalancano e una sala dopo l’altra scorrono le immagini e gli abiti di più di sessant’anni di moda, dove non c’è inizio e non c’è fine. Un’app incredibile a supporto. Oltre duecento pezzi in «conversazione» fra di loro, senza una narrazione temporale: ecco il look n. i (abito boule di rose) della couture «Beginning» di questa estate che dialoga, in una stanza candida come un foglio bianco, con il red Fiesta del ’59 disegnato dal fondatore, in una stanza bianca che rappresenta lo studio che ora è di Piccioli e prima era di Valentino Garavani: « Il luogo del cuore di entrambi», lo descrive il creativo romano. «Una stanza che tutt’oggi sento ancora nostra», racconta Giancarlo Giammetti, il socio di una vita, l’allegro che negli anni Cinquanta convinse il giovane couturier a creare la maison . C’è lui a Doha, a ricevere riconoscimenti e a inaugurare la mostra (curata da Massimiliano Gioni e Alexander Fury oltreché da Piccioli): «Questa esibizione è la più bella mai fatta. Pierpaolo ha capito i codici e con amore li ha interpretati e portati avanti e non ci fermeremo solo qui». Nostalgia del suo «ufficio»? «Neanche per un attimo ci siamo pentiti — risponde mentre Valentino è a Parigi ma sempre collegato a lui —. La moda ha rappresentato tanto per noi, però non tutto. Abbiamo avuto una vita meravigliosa. Ma nel momento in cui abbiamo lasciato sapevamo anche che ce n’era un’altra altrettanto bella da continuare». «E ora — conclude — ci sentiamo ancora più benedetti e fortunati perché non ci dobbiamo vergognare di nulla: tanti si sono serviti dei grandi nomi per pura referenza e senza un briciolo d’amore». Già amore, un parola che anche Piccioli usa spesso: «Il percorso di questa mostra è proprio come una conversazione intima in nome dell’amore e del rispetto».
«Forever Valentino è il racconto — prosegue — di ognuno di noi. E quando dico noi intendo le persone che lavorano qui». Droni e scatti a grandezza naturale ed ecco materializzarsi Roma e Palazzo Mignanelli: dal Colosseo, al Gasometro, a Trinità dei Monti all’atelier, alla fitting room, all’ufficio del creativo. «Cosa ho amato del signor Valentino? Ascoltarlo — chiude Piccioli —. Ascoltare le sue storie che ritrovo sempre, ovunque. Racconti di momenti straordinari. Ho apprezzato il lavoro e l’aspetto più personale e umano che proprio in questa mostra emerge». «L’aspetto più incredibile del risultato di questo lavoro — spiega Gioni — è che non c’è distinzione fra i lavori dei due creativi e questo dà contemporaneità. C’è sì la Roma del sogno, ma anche quella interiorizzata da Pierpaolo, e sono mescolate dalla logica del capriccio del XVIII secolo dove frammenti di cittàsï. mescolavano per creare i paesaggi dell’anima».
Articolo pubblicato il 29 ottobre dal Corriere della Sera