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RASSEGNA STAMPA – 8 aprile 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:

– Vertice Conte e scienziati: la Fase 2 parte dalle aziende. Turni e code per ogni attività;
– Decreto aprile oltre 60 miliardi, almeno la metà in deficit;
– Eurogruppo diviso sui Covidbond. Conte alla Ue: coronabond o niente accordo;
– Johnson «stabile», il Paese smarrito. Governo diviso sulle prossime mosse;
– Dopo due mesi e mezzo Wuhan prova a ripartire, ma riapertura lenta e parziale;
– L’Isis arruola il Covid 19: “È un soldato di Allah”;
– Pedofilia, torna libero il cardinale Pell. Un sollievo per il Vaticano.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Pennisi Martina – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Fase 2, turni per la riapertura – Turni e code per ogni attività Così ripartirà l’Italia
Tema: Emergenza Covid-19, verso la fase 2

Turni per lavorare e turni per entrare nei negozi. Distanza di sicurezza e dispositivi di protezione obbligatori per chi ha contatti con il pubblico. Nella «fase 2» dell’emergenza da coronavirus – che potrà cominciare dal 4 maggio – le abitudini quotidiane dovranno cambiare in maniera radicale rispetto al passato. E’ la condizione per poter ripartire, dunque governo e scienziati sono certi che i cittadini accetteranno le nuove regole, così come hanno fatto per questa lunga quarantena. Ripresa «lenta e graduale», la strategia non cambia. Ma durante la riunione con il comitato tecnico scientifico Conte è stato chiaro: «La tutela della salute resta al primo posto, però i motori del Paese non possono restare spenti troppo a lungo». E’ preoccupato «per la tenuta psicologica dei cittadini, per l’ordine pubblico e per l’impatto delle chiusure sull’economia». Sa bene che «la curva dell’epidemia si è stabilizzata, dunque entriamo nella fase della massima attenzione, che ci impone a mantenere prudenza e rigore». E dunque nel discorso ai cittadini che farà nei prossimi giorni, annuncerà il nuovo decreto con l’ulteriore proroga dei divieti di spostamento fornendo però una speranza con il via libera alla riapertura di alcune aziende la prossima settimana. «Non possiamo rischiare che la curva dell’epidemia si alzi di nuovo, perché non possiamo permetterci di ripartire da capo», dirà Conte, consapevole che la «fase 2» potrà iniziare solo dopo il ponte del 1 maggio. Per far tornare in attività imprese, aziende e studi professionali le misure di sicurezza dovranno prevedere il minimo dell’affluenza negli uffici. Ecco perché bisognerà privilegiare lo smart working, mentre per chi va in sede si dovranno prevedere turni alternati divisi per orario o per fasce giornaliere.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bartoloni Marzio – Perrone Manuela 
Titolo: Vertice Conte e scienziati: la Fase 2 parte dalle aziende – Fase 2, nel dossier l’ipotesi di riapertura mirata d’imprese
Tema: Emergenza Covid-19, verso la fase 2

Si comincerà con riaperture chirurgiche delle attività produttive, forse già da metà aprile. Ma soltanto dopo questo assaggio di fase 2, non prima di inizio maggio, arriveranno le misure di allentamento dei divieti di spostamenti e uscite per i cittadini, compresi gli anziani e i bambini. Tutto sempre all’insegna della gradualità e della massima cautela. Una parola d’ordine che ieri il Comitato tecnico ha ribadito, durante l’incontro in videoconferenza, ai ministri e al premier Giuseppe Conte a cui già oggi consegneranno un documento con alcune indicazioni e misure. Ma è ancora presto per indicare date e modalità delle riaperture. Certo è che si procederà con prudenza. Oggi Conte incontra le parti sociali, giovedì probabilmente la decisione in Cdm. Le aziende sul territorio si preparano. Con una serie passaggi. Dialogo con i sindacati locali. Monitoraggio tra le aziende per verificare le condizioni operative, tavoli territoriali per coordinare gli interventi, task force dedicate al credito, persino la distribuzione diretta di mascherine. Da Brescia a Bologna, nei tavoli avviati con sindacati e istituzioni le proposte delle associazioni territoriali riguardano screening rapidi, protocolli operativi, aperture per fasce di età e con priorità settoriali.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Russo Paolo 
Titolo: Retroscena – Il piano Conte per ripartire in due tappe – Dal governo un passo verso la fase 2 Le industrie si preparano a riaprire
Tema: Emergenza Covid-19, verso la fase 2

La curva dei contagi decelera e il governo da un colpo sull’acceleratore per riavviare i motori dell’industria già dopo Pasqua. Non una riapertura generalizzata dei cancelli, per carità, visto che per ora riapriranno solo le imprese che producono beni di supporto a quelle “essenziali” dell’agroalimentare e del sanitario, elencate nel codice Ateco e che non hanno mai chiuso i battenti. E non è escluso che nel prossimo Cdm, forse già domani, al massimo venerdì, non si dia il via libera anche al più ampio comparto metalmeccanico. Ma per riavviare a pieni giri l’intero comparto industriale e per riaprire la maggioranza delle attività commerciali ci vorrà ancora un po’ di tempo, hanno consigliato gli esperti del comitato tecnico scientifico (Cts) a Conte e a mezzo governo, che aspettavano da loro un segnale per avviare, sia pure molto gradualmente la Fase 2. E quel segnale, dopo oltre due ore di confronti a distanza, ieri c’è stato, sia pure con la raccomandazione alla massima prudenza e il monito sul rischio che fughe in avanti finiscano per vanificare gli sforzi fin qui fatti. «Non possiamo abbandonare il principio fin qui perseguito di massima tutela della salute – ha detto il premier agli scienziati – ma siamo consapevoli che il Paese non può reggere a lungo il lockdown». Da qui l’invito a «prefigurare modelli di convivenza con il virus, che offrano al contempo garanzie sanitarie e di preservazione del tessuto socio-economico del Paese». Messaggio ricevuto dagli scienziati del Cts, che oggi si riuniranno in conclave fino a tarda sera per elencare le misure di sicurezza da adottare per una prima, cauta ripartenza.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Iossa Mariolina 
Titolo: Calano i ricoverati, più guariti Caso Alzano, parte l’inchiesta – Malati, mai così bassi da un mese «Indice di Contagio sotto il dato uno»
Tema: Covid-19: i dati del contagio

I malati di coronavirus sono 880 in più in un giorno. «E l’incremento più basso dal 10 marzo ad oggi»: il numero che conforta lo dà subito Angelo Borrelli alla Protezione civile. «Le misure restano rigide», dirà subito dopo, perché la paura di ripiombare nell’incubo, se si dovesse abbassare la guardia, è grande. Ma quel numero, accompagnato da un sorriso rassicurante, è il regalo di Pasqua che ci aspettavamo. «Anche a Pasqua, però, tutti a casa, sono già morte oltre 17 mila persone, non si può tornare alle vecchie abitudini. Dovremo usare le mascherine quando occorrerà e faremo guerra a chi speculerà sul prezzo», aveva detto qualche ora prima il commissario Domenico Arcuri. «Niente “tana libera tutti”, il virus continua a circolare», ha frenato anche Giovanni Rezza, epidemiologo dell’Iss. Ma oltre un mese fa si aprivano le porte dell’inferno, mentre da ieri cominciamo a credere di avere la meglio su questo incendio. «Finalmente dopo una fase di plateau, stiamo assistendo a una flessione della curva», ha spiegato Rezza in conferenza stampa, dopo la lettura del bollettino: dall’inizio dell’epidemia, almeno 135.586 persone hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (+3.039 rispetto a lunedì per una crescita del 2,3%), i malati a oggi sono 94.067 (+880, per una crescita dello 0,9%), in terapia intensiva ci sono 106 pazienti in meno. «L’indice di contagio, lR con zero, ora è leggermente sotto il dato 1, un risultato straordinario», ha detto su La7 il ministro Roberto Speranza. Ora si spera di veder decrescere il numero dei morti, ieri 604. Il personale sanitario ha pagato un prezzo altissimo, soltanto tra i medici ci sono state 94 vittime. Sergio Mattarella li ha ricordati in un messaggio inviato per la Giornata mondiale della salute: «Il sistema sanitario nazionale va difeso e migliorato», ha scritto il presidente della Repubblica, che ha ringraziato «la generosità, la professionalità e la dedizione della quale sono capaci gli operatori sanitari».
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Testata:  Stampa 
Autore:  La Mattina Amedeo 
Titolo: “Perso il richiamo di Mattarella” La destravoterà no al decreto
Tema: Tensioni nel governo

Porta in faccia all’opposizione. Dopo tanto parlare di unità nazionale voluta e favorita in tutti i modi dal capo dello Stato, la maggioranza tira dritto e mette la fiducia al decreto Cura Italia. E il centrodestra saluta e si prepara al voto contrario al Senato. Sono tante le ragioni della rottura, tra queste la richiesta del premier Giuseppe Contee del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri di ritirare tutti gli emendamenti. Cosa che la minoranza parlamentare si è rifiutata di fare, riducendoli però moltissimo. «Ne ha presentati di più Renzi che ha la metà dei nostri senatori e fa parte della maggioranza», dice Giorgia Meloni. Ma c’è un aspetto tutto politico, al di là del merito delle questioni, del fallimento della cabina di regia dopo gli incontri di questi giorni. In sostanza, e viene sottolineato da tutti i protagonisti dell’opposizione che hanno partecipato ai tavoli del confronto, una disponibilità sostanziale c’è stata da parte del Pd e, in particolare, del ministro Gualtieri, mentre Conte e i 5 Stelle hanno avuto un atteggiamento più ostico. Cosa del tutto negata dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, che ha avuto l’incarico di coordinare gli appuntamenti con il responsabile dell’Economia, i tecnici del centrodestra e i loro emendamenti. «La verità – dicono a Palazzo Chigi – è che le loro proposte non rientravano nei parametri stabiliti. Ci sarà occasione per collaborare per la stesura del decreto d’aprile». Un’altra verità la raccontano fonti dell’opposizione: i grillini soffrono della stretta collaborazione in particolare con Forza Italia e Fratelli d’Italia
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Testata:  Giornale 
Autore:  Borgia Pier_Francesco 
Titolo: Ira dei moderati su Conte «Non vuole collaborare»
Tema: Tensioni nel governo

La chiamavano collaborazione. Poi dopo le false promesse della cabina di regia é arrivata la doccia fredda della fiducia. La maggioranza la vorrebbe imporre per il Cura Italia. L’opposizione però non ci sta, infastidita soprattutto dal mancato recepimento degli emendamenti proposti per rendere ancora più efficace, nell’esclusivo interesse del Paese, il testo del decreto. «Con l’apposizione della fiducia sul Cura Italia – tuona la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni – viene definitivamente smascherata la farsa della presunta volontà di condivisione da parte del governo Conte». Le opposizioni non si preparano però alla battaglia: nessuna barricata, nessun ostruzionismo verrà effettuato giovedì in aula. Pesa tuttavia il modo in cui la maggioranza sta licenziando il dialogo con l’opposizione. Questa maggioranza, per esempio é rimasta sorda alla richiesta di un aiuto più congruo al comparto dell’edilizia. Berlusconi già domenica scorsa aveva chiesto, tra gli altri, un «piano casa» all’altezza dell’emergenza ma la maggioranza ancora ieri in Commissione bilancio faceva orecchie da mercante. «Si tratta di un comparto allo stremo – spiega Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera di Forza Italia -. Con un meccanismo simile a quello previsto dal decreto sulla liquidità e cioé utilizzando il sistema bancario il governo dovrebbe indicare date e importi. Dopodiché si pongano le condizioni perché le opere pubbliche di interesse strategico possano partire subito». Bocciati anche i voucher per l’agricoltura, chiesti a gran voce sia da Forza Italia che dal partito della Meloni. Una chiusura totale, ingiustificata e irresponsabile, «perché – spiega Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato di Forza Italia – i voucher in questo periodo sarebbero un toccasana per il settore dell’agricoltura».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fotina Carmine 
Titolo: Liquidità, corsa a ostacoli per le imprese – Liquidità a ostacoli per le imprese Garanzia 100% solo a miniprestiti
Tema: Emergenza coronavirus, decreto sulla liquidità

Automatismi minimi e molte variabili che incideranno sul successo del piano. Il pacchetto per la liquidità alle imprese, nel progredire delle bozze del decreto, ha incamerato elementi che potrebbero complicare il cammino verso il credito garantito. La premessa è che i 400 miliardi annunciati dal governo non sono uno stanziamento di risorse, ma la stima (massima) di prestiti che secondo l’esecutivo nel periodo di validità delle nuove norme, cioè fino al termine del 2020, potranno essere attivati dal sistema bancario sfruttando le garanzie statali. Il grosso delle coperture finanziarie, invece, sarà inserito solo nel prossimo Dl di metà aprile. Contrariamente alle attese, e nonostante le aperture della Commissione Ue, l’Italia sfrutta in modo molto parziale la possibilità di garanzie statali al 100%, questo anche per evitare un sistema troppo poco discrezionale con risorse date senza filtro, a pioggia. Il 100% si applicherà solo ai miniprestiti fino a 25mila euro, per microimprese e partite Iva, concessi senza alcuna valutazione bancaria o del Fondo. Per il resto, si avrà al massimo un sistema misto (90% Stato+10% Confidi privati) e con tetti rigidi. Infatti, in questo caso, l’azienda deve avere un fatturato massimo di 3,2 milioni e può ottenere un finanziamento «non superiore al valore minore» tra il 25% dei ricavi e l’importo di 800mila euro. In pratica, sotto i 3,2 milioni di ricavi, il prestito scende proporzionalmente sotto gli 800mila euro.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Decreto aprile oltre 60 miliardi, almeno la metà in deficit
Tema: Decreto aprile, nuove misure anti-crisi

Il decreto Aprile con la nuova tornata di misure anti-crisi può volare oltre i 60 miliardi di euro, per oltre la metà finanziati dal deficit aggiuntivo che il governo si appresta a chiedere al Parlamento nei prossimi giorni: una volta trovato l’accordo su numeri e misure. Accordo da trovare in fretta, per farsi largo la prossima settimana nel calendario parlamentare azzoppato dal distanziamento sociale ed evitare il rischio di far slittare verso fine mese il nuovo provvedimento. Il decreto sulla liquidità approvato lunedì sera dal consiglio dei ministri lo ha alleggerito del capitolo sulle sospensioni fiscali; ma lo ha caricato di 30 miliardi necessari a coprire le garanzie ai prestiti per autonomi e imprese. Questi 30 miliardi peseranno al momento sul saldo netto da finanziare ma non sull’indebitamento, perché in questo caso le garanzie si trasformerebbero in debito solo quando dovessero intervenire per coprire la mancata restituzione di un prestito. Sul terreno contabile un meccanismo del genere semplifica un po’ il prossimo passo, perché non porta un altro mattone aggiuntivo al disavanzo 2020 anche se inciderà sulla linea da tracciare per i prossimi anni. Ma sul piano della realtà anche questi costi impongono di far accelerare ulteriormente la macchina delle emissioni di titoli pubblici, che ha già subito lo slancio impresso dal decreto di marzo. Oggi torneranno sul mercato, dopo 7 anni di assenza, i Bot a tre mesi, mentre domani andranno in asta fino a 9,5 miliardi di Btp fra tre e 30 anni. Altra liquidità servirà poi al Tesoro per coprire le anticipazioni Cdp agli enti locali, in cantiere per sostenere le casse comunali e compensare le sospensioni dei tributi in arrivo. La spinta di questi giorni si spiega anche con la volontà di sfruttare tassi d’interesse che finora non sono cresciuti troppo grazie anche ai massicci acquisti della Bce.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Eurogruppo diviso sui Covidbond – Eurogruppo, braccio di ferro sul fondo per la ricostruzione
Tema: Eurogruppo

Lungo braccio di ferro, in videoconferenza, tra i ministri finanziari dell’Unione europea nella riunione dell’Eurogruppo in versione allargata a tutti i 27. Scontata l’approvazione del pacchetto dei tre strumenti economici per affrontare l’emergenza economica scatenata dalla pandemia, lo scontro, che a tarda sera vedeva ancora gli sherpa impegnati in una difficile trattativa, è sulla menzione, nelle conclusioni, del piano di ricostruzione, finanziato con debito comune, proposto dai francesi e sul quale spingono anche Italia e Spagna. La Bce intanto ha compiuto un’altra rivoluzione allentando i requisiti per l’accettazione dei collaterali da parte delle banche: saranno ammessi anche i titoli greci, classificati ancora come junk.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso – D’argenio Alberto 
Titolo: Conte alla Ue: coronabond o niente accordo – Eurobond, non c’è l’accordo Trattativa a oltranza e Conte minaccia il veto
Tema: Eurogruppo

Cala il veto sul tavolo dell’Eurogruppo: Italia, Francia e una dozzina di alleati bloccano le conclusioni dei ministri delle Finanze della moneta unica. Il nodo restano gli eurobond. Roma e Parigi non si accontentano che finalmente venga valutata la creazione di un nuovo Fondo per la ripresa, ma vogliono la garanzia esplicita che potrà emettere obbligazioni comuni europee. E così si negozia nella notte. La tenuta dell’Unione è talmente in bilico che Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron sconsigliano perfino la presentazione del “Recovery Plan” e della “Exit Strategy” sanitaria dell’Ue annunciata per oggi da Ursula von der Leyen. E così la presidente della Commissione in serata annulla la conferenza stampa di oggi. L’Eurogruppo chiamato a trovare l’accordo per salvare l’economia europea dalla recessione causata dalla pandemia parte subito male. L’inizio, previsto per le 15, slitta alle 16.30. I lavori vengono sospesi più volte, gli sherpa trattano furiosamente. Nella bozza di accordo entra la menzione del “Recovery Fund” proposto dai francesi e appoggiato da Italia, Spagna e un vasto gruppo di Paesi. Il problema è che Germania, Olanda, Austria e Finlandia non vogliono menzionare chiaramente la possibilità che il fondo raccolga risorse sul mercato. Chiedono di rimandare la decisione al summit dei capi di governo. Roberto Gualtieri e Bruno Le Maire non ci stanno: vogliono subito la certezza dei coronabond. Ed è stallo. Ma non è tutto. Si litiga anche sul Mes. Il testo sul tavolo è favorevole a Roma, prevede che le linee di credito del Fondo salva Stati possano essere richieste senza futura austerità. Ma sono sempre gli olandesi a bloccare l’intesa: pretendono di sottomettere al rigore i Paesi che si rivolgeranno al Mes. Passo che comunque il governo Conte esclude: «L’Italia – dice Gualtieri – non chiederà l’accesso al Mes». Mentre si negozia in Europa, a Roma il più duro di tutti è Giuseppe Conte. Non è disposto ad accettare le tattiche dilatorie del fronte rigorista. Per questo dà ordine a Gualtieri di alzare le barricate. «Noi diciamo no al Mes e chiediamo gli eurobond, punto».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Retroscena – Il veto dell’Olanda sul prestito comune e le accuse di Roma a von der Leyen
Tema: Eurogruppo

La giornata che doveva gettare le basi per il salvataggio dell’economia europea non è iniziata al meglio. Solo lunedì sera, indirettamente, il governo ha scoperto che la Commissione europea si preparava a una decisione che riguarda in pieno l’Italia: Ursula von der Leyen, la presidente, voleva far approvare delle “linee guida” generali per l’uscita dei vari Paesi dal lockdown imposto per fermare Covid-19. Nessuno aveva avvertito le autorità del Paese più colpito d’Europa, con 135 mila contagiati e 17 mila morti. Le istruzioni di Bruxelles non sarebbero state vincolanti ma potevano interferire con le exit strategy dell’Italia o di altri Paesi. Del resto la stessa Commissione al proprio interno vive le stesse divisioni andate in scena ieri fra i ministri delle Finanze: i commissari di Italia, Francia, Spagna e Portogallo a partire da Paolo Gentiloni – a favore di un “Recovery Plan”, un piano europeo per la ripresa finanziato da risorse comuni; quelli di Austria, Paesi baltici e la stessa von der Leyen molto più freddi. Alla fine l’Eurogruppo ieri è iniziato dopo che nella bozza di conclusioni era comparsa l’opzione preferita dalla presidente tedesca della Commissione: il “Recovery Plan” era legato al bilancio Ue, ossia ai fondi europei che avrebbero potuto aumentare marginalmente nei prossimi sette anni. Sure, il piano di sostegno del lavoro che von der Leyen definisce “solidarietà in azione”, per l’Italia per esempio equivale a un prestito capace di coprire poco più di 4 settimane di cassa integrazione. Quanto al progetto di nuove garanzie per 200 miliardi della Banca europea degli investimenti – Berlino preferirebbe di meno – copre a stento il 4% del credito alle imprese europee. Resta poi il pezzo del puzzle sul quale Germania e Olanda puntano di più: prestiti del fondo salvataggi Mes per un ammontare fino al 2% del prodotto (Pil) del Paese in crisi, con poche condizioni almeno all’inizio.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Il retroscena – “Il debito fatto ora sia escluso dal prossimo patto di stabilità”
Tema: Eurogruppo

No Mes, sì eurobond. È diventato un tormentone, ripetuto in maniera martellante dai grillini che temono, di fronte alle resistenze dei falchi in Europa, si possa arrivare a un cedimento italiano. Non sembra sia così, a sentire Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri. Tra il premier e il suo ministro dell’Economia ci sono differenze di sfumature, e certo il primo conosce le prudenze del secondo che in Europa è di casa, ma l’obiettivo, confermano i due, è comune. Arrivare a ottenere il meglio per l’Italia in quel pacchetto di misure economiche alla quale l’Ue dovrà aggrapparsi per non naufragare. Un obiettivo che ha una funzionalità immediata, per tamponare l’emorragia da coronavirus, ma che ne nasconde un’altra, rivolta al futuro ma argomento quasi quotidiano tra Conte e i suoi ministri. L’Italia vuole uscire dal negoziato con i partner europei con la garanzia che il Patto di stabilità, che oggi è solamente sospeso, quando sarà riattivato «dovrà escludere tutto il debito fatto per combattere il Covid-19». Alle 22, nel pieno delle trattative dell’Eurogruppo, il pacchetto Ue contiene il fondo Sure, per contrastare la disoccupazione, e la sponda finanziaria della Banca europea degli investimenti. Il resto è un punto interrogativo. Ma non si possono comprendere le mosse italiane sul Mes e sugli eurobond se queste non si inquadrano all’interno della strategia del governo Conte. Una cornice dentro la quale hanno un grande peso i focolai del M5S pronti a infiammarsi. Nel gioco degli equilibri giallorossi, Gualtieri è stato tallonato anche dal suo partito, il Pd, affinché non mostrasse tentennamenti sul Mes. E non lo ha fatto, quando, prima dell’Eurogruppo, il ministro si è confrontato con i membri italiani della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento di Bruxelles.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Colombo Davide 
Titolo: La stima Istat: con il lockdown calo dei consumi tra il 4 e il 10%
Tema: Emergenza coronavirus, giù i consumi

II piani anti-contagio messi in campo dal governo potrebbero determinare una contrazione dei consumi delle famiglie tra il 4,1 e il 9,9% a seconda che la chiusura delle attività in corso si limiti a marzo e aprile oppure si prolunghi fino a tutto giugno. Su questo doppio scenario il valore aggiunto potrebbe subire a sua volta una riduzione che va dal 1,9% (lockdown ridotto) al 4,5% (lockdown prolungato). La prima stima statica di impatto della quarantena sull’economia nazionale è arrivata ieri con la Nota mensile su marzo dell’Istat, nella quale l’Istituto guidato dal Gian Carlo Blangiardo ha anche annunciato che questo documento diventerà da qui in avanti il monitor ufficiale sugli sviluppi congiunturali e gli indicatori di sentiment economico che accompagneranno la crisi in corso. Nel mese di marzo, con sondaggi tra lunedì 2 e venerdì 13, sono stati rilevati picchi molto più bassi dei valori mediani di fiducia delle imprese e dei consumatori rispetto alle crisi del 2008 e del 2011, con minimi ancor più accentuati per i servizi di mercato, seguiti dal commercio e la manifattura. Mentre il “social mood”, il nuovo indicatore di sentiment sull’economia che Istat ha prodotto da inizio 2019 con analisi giornaliere su campioni di 55mila tweet in lingua italiana contenenti parole chiave selezionate, ha mostrato dal 18 febbraio in poi un crollo netto e progressivo. L’approfondimento dei comportamenti e delle dinamiche economiche avviene in una fase che vede sospese le attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici), con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%). E come spiega Istat nella Nota, il lockdown delle attività produttive ha amplificato le preoccupazioni e i disagi derivanti dall’emergenza sanitaria, generando un crollo della fiducia di consumatori e imprese.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Titolo: Panorama – Polonia. La destra insiste: elezioni presidenziali per posta
Tema: Elezioni in Polonia

La Polonia voterà, come previsto e nonostante la pandemia, il 10 maggio per eleggere il presidente, ma i cittadini dovranno esprimere la loro preferenza per posta. Il grande capo della destra nazionalista polacca, Jaroslaw Kaczynski, ha azzittito chi nel governo avrebbe preferito posticipare il voto di qualche mese, o addirittura di due anni. La Sejm, la Camera bassa, nella quale il partito Legge Giustizia (Pis) di Kaczynski ha la maggioranza, ha approvato ieri un disegno di legge che prevede le elezioni per corrispondenza. In questa decisione – che potrà essere modificata solo in seguito a un peggioramento improvviso della situazione sanitaria – si sovrappongono il nazionalismo della destra al potere che intende dimostrare come la Polonia non si fermi davanti al virus; e l’opportunismo di Kaczynski che preferisce affrontare il voto in condizioni di emergenza piuttosto che vedersela con elettori per le inevitabili conseguenze del virus sulla loro vita e sull’economia nazionale. Il presidente uscente Andrzej Duda, sostenuto dal Pis, si è ricandidato ed è in netto vantaggio nei sondaggi. L’opposizione che si era già detta contraria a votare nel mezzo della pandemia, «ritenendo impossibile fare campagna», ha più volte invitato il governo a dichiarare lo stato di emergenza e a spostare di conseguenza la data delle elezioni di qualche mese. Piattaforma civica, il maggiore partito di opposizione, non ha tuttavia i numeri per opporsi alla maggioranza di destra. Il Pis ha fatto sapere che il voto per posta «consentirà ai polacchi di votare in sicurezza mentre íl Paese combatte il coronavirus».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Degli Innocenti Nicol 
Titolo: Raab, premier per caso e linea dura su Brexit
Tema: Regno Unito

Dominic Raab è stato catapultato a Downing Street nel pieno dell’emergenza coronavirus. L’aggravarsi delle condizioni di Boris Johnson, che resta ricoverato in ospedale in terapia intensiva, ha reso il ministro degli Esteri e primo segretario di Stato premier de facto in uno dei momenti più difficili della storia britannica. L’ufficio di Johnson ha confermato che Raab «farà le veci del premier quando è necessario», presiedendo alle riunioni, per ora virtuali, del Governo, e alle riunioni quotidiane del Cobra, il comitato di emergenza. L’epidemia continua a devastare la Gran Bretagna e ieri ha fatto un numero record di vittime: 786 morti, portando il totale a 6.159. Le condizioni di Johnson sono stabili, ha fatto sapere ieri Downing Street: il premier ha bisogno di ossigeno ma non di un respiratore polmonare e non ha la polmonite. Secondo gli esperti medici però ci vorranno settimane prima che sia in grado di tornare a lavorare, quindi i riflettori sono puntati su Raab. Ieri il ministro degli Esteri ha detto di volersi limitare a eseguire le «istruzioni chiare e dettagliate» ricevute dal premier in perfetto accordo con il Governo, «all’insegna della responsabilità collettiva». Raab ha voluto minimizzare il suo potere decisionale e sottolineato che il suo ruolo è transitorio perché «Johnson è un combattente e ce la farà», ma di fatto da ieri è diventato il volto del Governo. In Parlamento Raab si è conquistato la reputazione di “duro”, ferocemente contrario all’Unione Europea e schierato alla destra del partito. La sua entusiastica partecipazione alla campagna anti-Ue prima del referendum del 2016 gli ha guadagnato la fiducia di Johnson.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ippolito Luigi 
Titolo: Johnson «stabile», il Paese smarrito Governo diviso sulle prossime mosse
Tema: Regno Unito

Boris Johnson ha passato una seconda notte in terapia intensiva. Le sue condizioni sono «stabili»: gli viene somministrato ossigeno per aiutarlo a respirare ma non è attaccato al ventilatore né è stato colpito da polmonite. Ma col premier in ospedale, chi è davvero al timone della Gran Bretagna? Nessuno e tutti: perché è vero che il ministro degli Esteri, Dominic Raab, sta sostituendo in queste ore Boris «laddove è necessario»: ma Raab è solo un primus inter pares rispetto agli altri ministri del governo, non ha i poteri del premier e non ha facoltà di prendere decisioni da solo. E con i ministri divisi sulla strategia per affrontare il coronavirus, la Gran Bretagna rischia di apparire alla deriva. Il problema è che qui non c’è una costituzione scritta: e in casi come questi si naviga a vista. E qui sta il dilemma. Perché l’esecutivo è diviso su come procedere di fronte alla pandemia: da un lato c’è il ministro della Sanità, Matt Hancock, che non vuole passare alla storia come quello che ha provocato centinaia di migliaia di morti; dall’altro c’è il cancelliere dello Scacchiere (ossia il ministro del Tesoro), Rishi Sunak, che non vuole presiedere all’affondamento dell’economia. Ma una decisione dovrà essere presa presto, perché lunedì scade il «lockdown»: chi si assumerà la responsabilità di prolungarlo, e per quanto tempo? Senza l’autorità di Boris, il rischio è l’inazione. E se Johnson non dovesse rimettersi presto, si porrà il problema di sostituirlo. II governo (e forse il gruppo parlamentare conservatore) dovranno nominare un premier ad interim: e non è detto che sia automaticamente Raab.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Severgnini Beppe 
Titolo: Anche i nemici fanno il tifo per Johnson – Anche i nemici tifano Boris Il politico guascone (con il mito di Churchill)
Tema: Regno Unito

Boris Johnson è un pugile della politica e un divoratore della vita. Ogni persona di cuore, in patria e all’estero, gli augura di uscire presto dall’ospedale in cui è ricoverato, guarire e continuare a governare, a proclamare, a contraddirsi, a sognare e far sognare la Gran Bretagna stoica e affaticata. Giornalista turbolento, parlamentare distratto, sindaco di Londra aperta al mondo, leader pro Brexit in extremis, ministro degli Esteri svogliato, primo ministro incerto, candidato forte, vincitore elettorale in dicembre, il 31 gennaio 2020 conduce finalmente il Regno Unito fuori dall’Unione europea, tra luci e proclami. In perfetta coincidenza, arriva il coronavirus, che se ne frega delle frontiere. Boris J, fedele al suo stile, lo sottovaluta, alterna uscite sarcastiche e propositi churchilliani. Poi capisce: allora chiude, organizza, rassicura, incoraggia. Il 27 marzo s’ammala – primo capo di governo occidentale – si rinchiude in una stanza a io Downing Street, minimizza. Lunedì la corsa in ospedale, la terapia intensiva. Tuttavia chi sceglie un momento come questo per regolare conti politici non mostra solo insensibilità, ma stoltezza. Purtroppo gli stolti al mondo sono numerosi: Twitter, da giorni, è un florilegio di crudeltà verso l’illustre malato. Incoraggia però la risposta della grande maggioranza, dentro e fuori dalla Gran Bretagna: forza Boris, senza se e senza ma.
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Testata:  Stampa
Autore:  Rizzo Alessandra 
Titolo: Johnson stabile, “respira senza ventilatore”
Tema: Regno Unito

«E’ un combattente». A queste parole si aggrappa un Regno Unito che resta con il fiato sospeso per la sorte del suo Primo Ministro, ricoverato in terapia intensiva dopo aver contratto il coronavirus. Boris Johnson è stabile, non è attaccato al ventilatore e non ha la polmonite. Gli è stato somministrato ossigeno, ma è in grado di respirare senza altra assistenza. «Non è solo un primo ministro, non è solo il nostro capo, è un collega e un amico», ha detto Dominic Raab, il ministro degli Esteri che ha preso il suo posto alla guida del governo. «Sono convinto che ne uscirà, è un combattente». Un portavoce ha spiegato che il premier riceve assistenza «standard» con la somministrazione di ossigeno, ma che il suo stato al momento «non richiede ventilazione meccanica, né sostegno respiratorio». In altre parole, la respirazione, secondo i media inglesi, viene assistita attraverso una mascherina o cannule nasali per aumentare il flusso di ossigeno. Un dato «incoraggiante»; secondo il Professor Jon Bennett, citato dalla BBC. Secondo il Times, che ha citato fonti interne all’ospedale, il premier ha avuto bisogno di quattro litri di ossigeno, al di sotto di quello che il quotidiano ha definito il livello tipico di 15 litri per questo tipo di pazienti. Il ricovero di Johnson ha colto tutti di sorpresa, sebbene voci e illazioni sulle sue reali condizioni si rincorressero da giorni. E ha sconvolto un Paese nel pieno della pandemia: 786 decessi in più nelle ultime 24 ore hanno portato il totale a 6.159.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Trump alla ricerca della «cura magica» punta sulla clorochina
Tema: Usa

La parola magica, difficile da pronunciare, è idrossiclorochina. Donald Trump ci crede: il farmaco anti-malaria, inventato durante la Seconda guerra mondiale, può essere l’arma, non tanto segreta, per sconfiggere il Covid-19. Meglio spazzare via subito i cattivi pensieri. Il New York Times, riprendendo una notizia di Forbes, ha scritto che il presidente «ha un piccolo interesse finanziario nella Sanofi, la società francese che produce il Plaquenil, uno dei marchi commerciali della idrossiclorochina». Il quotidiano newyorkese, però, non precisa quanto sia «piccolo» e indiretto «questo interesse finanziario». Lo fa invece il sito MarketWatch, notando che i tre trust della famiglia Trump hanno investito nel fondo Dodge 6 Cox che, a sua volta, ha acquistato azioni Sanofi. A seconda delle oscillazioni di Borsa, il valore dell’«interesse» di Trump oscilla tra i 15 mila dollari e i 99 dollari. Inoltre quasi tutti i produttori, da Bayer a Novartis, si sono impegnati a fornire gratuitamente milioni di compresse, qualora le autorità sanitarie americane autorizzassero l’uso della medicina nella terapia contro il coronavirus. Questo non significa che qualcuno, in prospettiva, non stia fiutando l’affare, magari scommettendo sui titoli in Borsa. Ma Trump ha un problema più urgente e drammatico che imbarcarsi in una speculazione di incerto cabo- taggio. Da giorni è alla ricerca frenetica di una via d’uscita dall’emergenza (superati ieri i 12 mila morti, mille in poche ore).
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Guaita Annaes 
Titolo: Trump: Oms filocinese Ma lui ignorò gli allarmi
Tema:  Usa

Nelle sue conferenze stampa Donald Trump ripete spesso che il coronavirus «è stata una sorpresa che nessuno poteva prevedere». In realtà si è scoperto che molti l’avevano prevista, e non solo nella comunità dell’intelligence, ma nella stessa Amministrazione. Trump tuttavia aveva ignorato gli ammonimenti e continuato a sostenere che il problema era «sotto controllo» (22 gennaio), che era «un problema piccolo»» (30 gennaio), che sarebbe «scomparso con il tepore della primavera»» (10 febbraio). Perfino a marzo insisteva ancora di «non essere preoccupato». e che «il rischio era basso» (9 marzo). Ma se non stupisce che la sua diffidenza verso lo Stato lo abbia spinto a non dare retta ai briefing dell’Intelligence, che sin dall’inizio di gennaio denunciava che la Cina stava annacquando la gravità della situazione, è più difficile capire perché abbia ignorato due memorandum di Peter Navarro, un consigliere e amico di cui ha grande fiducia. Navarro è l’autore di due documenti, una il 29 gennaio e una a metà febbraio, in cui si prevedeva esattamente quel che sta succedendo negli Usa: un’epidemia con migliaia di vittime e mancanza di tutte le strumentazioni mediche del caso. Ma dopo aver imposto il blocco ai voli provenienti dalla Cina, il 31 gennaio, Trump di fatto non prese altre iniziative. E adesso pare che voglia dare la colpa di tutto all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo Trump. l’Oms «ha proprio sbagliato tutto». Il presidente, al quale si sono subito aggiunte le voci di influenti repubblicani, trova nell’Oms un perfetto capro espiatorio, presentandola come «troppo sinocentrica» e proponendo di rivalutare i finanziamenti che gli Usa danno all’organizzazione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Santelli Filippo 
Titolo: App, scuole chiuse, controlli Così dopo due mesi e mezzo Wuhan prova a ripartire
Tema: Cina – Wuhan

Settantasei giorni, due mesi e mezzo dopo essere stata isolata dal mondo, il giorno della liberazione per Wuhan è arrivato. Il luogo dove tutto è iniziato, la città martire del Covid-19, ha riaperto alla mezzanotte di oggi aeroporto, stazioni ferroviarie e caselli stradali, permettendo ai cittadini di andarsene. Mercoledì 8 aprile: era questa la data che le autorità avevano cerchiato in rosso, ed è stata rispettata. La notizia degli zero morti di ieri in Cina, prima volta dall’inizio della crisi sanitaria, è stata il viatico decisivo. Ma sulla portata di questa liberazione il regime ha detto di non farsi illusioni. Il virus è contenuto, non sconfitto, continua a trasmettersi in soggetti senza sintomi, bisogna evitare una seconda ondata. Per questo anche a Wuhan, come già nella provincia dello Hubei, la riapertura sarà lenta e parziale. Le scuole resteranno chiuse fino a data da destinarsi, gli uffici, i mezzi di trasporto e le unità residenziali rigidamente controllati. Le persone con “codice verde” sanitario possono tornare al lavoro, quelle “gialle” o “rosse” sono ancora costrette in casa.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Tozzi Mario 
Titolo: La paura arriva dai mercati asiatici di fauna selvatica. Il Wwf: chiudiamoli subito – Quei pipistrelli tolti dal loro habitat – Il commercio degli animali selvatici e gli habitat distrutti sono focolai di virus
Tema: Mercati asiatici

Dopo il divieto assoluto di consumo di animali selvatici emanato dal governo cinese il 24 febbraio scorso, la preoccupazione per quanto accade nei wet-market asiatici, a partire dal famigerato mercato del pesce di Wuhan, viene riverberata da un sondaggio in cui, forse per la prima volta, gli stessi concittadini si esprimono al 90% in maniera favorevole alla chiusura, a partire da quelli illegali. Secondo il Wwf internazionale, fautore del sondaggio, questi traffici debbono finire per sempre e potremo anche chiederci perché, visto che si tratta di tradizioni, come per noi la selvaggina, consolidate, apparentemente negative solo per gli animali. Il commercio di animali selvatici è la seconda più grande minaccia diretta alla ricchezza della vita, a livello mondiale, subito dopo la distruzione degli habitat. Ma è il legame con la pandemia da coronavirus attuale che rende la questione primaria per i sapiens. Una questione che inizia dai principali serbatoi divinis che esistano in natura, i pipistrelli. Non è certamente un caso che alcuni dei più micidiali focolai epidemici degli ultimi anni, Sars, Mers, Ebola, Marburg, Nipah e probabilmente anche il virus 2019-nCoV appena arrivato, siano nati e sviluppati nei mammiferi volanti. I ricercatori di Berkeley ritengono che il super sistema immunitario dei pipistrelli possa spingere i virus a replicarsi molto più velocemente. Così, al momento dello spillover sui mammiferi dotati di un sistema immunitario «medio», come i sapiens, i virus sono iperattivi, ultracontagiosi e molto più aggressivi. Anche quando obbligati a passare attraverso ospiti-serbatoio, come potrebbe essere stato il caso del pangolino cinese, visto che molti dei virus dei pipistrelli saltano sull’uomo attraverso un intermediario animale.
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: In Danimarca si torna a scuola il 15 aprile (se va bene)
Tema: Danimarca

Asili nido e scuole elementari in Danimarca riapriranno a partire dal 15aprile, se il numero di casi di coronavirus e delle vittime rimarrà stabile. Sarebbe il primo passo per uscire dall’emergenza dopo tre settimane di blocco. Le altre misure restrittive resteranno sicuramente in vigore fino al 10 maggio, e il divieto di grandi assembramenti fino ad agosto. Il piano è stato annunciato dalla premier Mette Frederiksen. La Danimarca conta finora 187 vittime. E’stato il primo Paese europeo a prendere provvedimenti di chiusura (anche delle frontiere agli stranieri: è stato schierato l’esercito). Ritornare alla normalità, dice la leader socialdemocratica, «è come camminare su un filo. Stando fermi si finisce per cadere, e lo stesso vale se si va troppo veloci».
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Testata:  Corriere della Sera 
Titolo: Negozi riaperti dal 14 aprile: l’Austria vede già la «fase 2»
Tema: Austria

Il primo Paese europeo a parlare di ripartenza è l’Austria negozi aperti da Pasquetta e «fase 2», così ha confermato in conferenza stampa il cancelliere Sebastian Kurz, a partire proprio da questo passo. In piena estate si dovrebbe tornare alla normalità. «Siamo sempre pronti a tirare il freno» se le cose andassero storte, ha detto ancora il capo del governo. Riaprono per primi i negozi sotto i 400 metri quadrati. A maggio parrucchieri e altre attività. Non c’è ancora data per il turismo; le scuole ripartirebbero in tempo per gli esami di maturità. Nel frattempo restano le mascherine obbligatorie per strada. La Bbc ha stilato ieri una classifica dei Paesi che potranno ripartire: primi Norvegia, Danimarca, Svizzera; l’Austria è ottava; l’Italia 31esima.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Stabile Giordano 
Titolo: L’Isis arruola il contagio: soldato di Allah – L’Isis arruola il Covid 19: “È un soldato di Allah”
Tema: Terrorismo

Isis e Al-Qaeda vogliono “arruolare” il coronavirus per mettere in ginocchio Cina, Europa e America. L’esplodere dell’epidemia ha colto di sorpresa anche i jihadisti, tanto che le immediate indicazioni dello Stato islamico ai suoi militanti erano di sospendere le “operazioni” negli Stati infedeli, e di evitare di contagiarsi, con una serie di precauzioni simili a quelle prese dagli Stati più sviluppati. Ma presto la macchina della propaganda si è messa in moto per sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Il 19 marzo un editoriale del settimanale Al-Naba aveva come titolo «Il peggior incubo per i crociati» e analizzava gli effetti del Covd-19 sui «politeisti», cioè gli infedeli. «La paura del contagio li ha danneggiati ancora più dei contagi» e scatenato una crisi economica, sottolineava: «Le forze di sicurezza pattugliano le strade per il timore di crimini e rivolte sociali», e in questo contesto «mandare soldati all’estero è l’ultima cosa che i governi vogliono», un vantaggio per i nuclei di guerriglia attivi in Siria e Iraq ma anche in Nord Africa, Sahel e Asia meridionale.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Vecchi Gian_Guido 
Titolo: Pedofilia, prosciolto il cardinale Pell
Tema: Vaticano

La sentenza è stata letta a Brisbane, in un’aula silenziosa e semivuota per le misure anti epidemia. Il clima non poteva essere più diverso rispetto alle udienze di primo grado, a febbraio dell’anno scorso le ultime immagini mostravano un uomo anziano e corpulento che all’uscita del tribunale si faceva strada a fatica tra microfoni e telecamere mentre dalla folla gli urlavano «sei un mostro» e «brucerai all’inferno, maniaco». Quell’uomo, il cardinale George Pell, ieri mattina è stato prosciolto all’unanimità dall’Alta Corte australiana. Stava scontando una condanna a sei anni per abuso su minori dopo la sentenza di primo grado del dicembre 2018 e la conferma in appello nell’agosto 2019. Pell, 78 anni, era stato il primo cardinale e il primo «ministro» vaticano (dell’Economia) mai condannato per pedofilia, e si è sempre detto innocente. Ora è libero: ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Barwon e si è ritirato in un convento carmelitano vicino a Melbourne. Era stato condannato per aver abusato di due coristi tredicenni nel 1996, in una stanza sul retro della Cattedrale di San Patrizio a Melbourne, alla fine di una processione che concludeva la messa celebrata dall’allora arcivescovo, e avere aggredito uno dei due un mese più tardi, in un corridoio. La difesa di Pell fondava il suo ricorso sul fatto che l’accusa era «inverosimile» perché non avrebbe avuto tempo di commettere l’abuso e «solo un pazzo» si sarebbe comportato così in una chiesa ancora piena di gente.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rodari Paolo 
Titolo: Pedofilia, torna libero Pell Un sollievo per il Vaticano
Tema: Vaticano

Oltretevere nessuno credeva nella colpevolezza di George Pell, primo cardinale e primo “ministro” della Santa Sede mai condannato per pedofilia. E, infatti, ieri notte il porporato australiano ex collaboratore di Francesco in campo economico – aveva guidato la Segreteria per l’economia e fatto parte del Consiglio di cardinali che lavora alla riforma della curia romana – è stato prosciolto all’unanimità dall’Alta corte del suo Paese per «ragionevole dubbio». Pell stava scontando in carcere una condanna a sei anni per abuso su minori dopo la sentenza di primo grado del dicembre 2018 e la conferma in appello nell’agosto 2019. I sentimenti del Vaticano sono stati ben espressi da un comunicato nel quale, riaffermando l’impegno a prevenire e perseguire ogni abuso nei confronti dei minori, si ricorda come Pell abbia sempre ribadito «la propria innocenza, attendendo che la verità fosse accertata». Eloquenti anche le parole del Papa che, durante la messa a Santa Marta, ha invitato a pregare per quanti sono rimasti vittima di una sentenza ingiusta, motivata dall’accanimento. «Mai dubitato sua innocenza, è esempio di coraggio e generosità», ha detto il cardinale Camillo Ruini. Pell ha lasciato subito, ieri, il carcere di massima sicurezza di Barwon e si è ritirato in un istituto religioso vicino a Melbourne. Per lui, vista l’età avanzata, non ci saranno nuovi incarichi in Vaticano.
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IL SOLE 24 ORE
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CORRIERE DELLA SERA
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LA REPUBBLICA
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LA STAMPA
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IL MESSAGGERO
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IL GIORNALE
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IL FATTO QUOTIDIANO
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