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SINTESI IN PRIMO PIANO – 13 dicembre 2019

Governo Conte-bis; il Premier: “Avanti fino al 2023”;
Fondazione Open: Renzi parla nell’Aula del Senato;
Manovra: lunedì il voto definitivo di Palazzo Madama;
Lagarde: riesaminare politiche Bce;
Elezioni nel Regno Unito: Brexit vicina;
Elezioni presidenziali in Algeria.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Intervista a Giuseppe Conte – Fuoriusciti, Conte attacca «Errore stare con Salvini» – Conte attacca: chi va con la Lega aspetterà anni per governare
Tema: Intervista a Giuseppe Conte

«Chi vuole scommettere su Salvini lo faccia pure ma dovrà aspettare alcuni anni, se c’è un gruppo di responsabili pronto a rafforzare il governo non lo so e lo valuteremo, ma di certo chi lavora con noi ha possibilità di governare e contribuire a fare le riforme, dare il proprio apporto, chi sta con Salvini no». Giuseppe Conte, a margine del Consiglio europeo, parla dei cambi di casacca, degli esponenti del Movimento che hanno aderito alla Lega ma anche di coloro che potrebbero puntellare l’esecutivo. Del resto non è prevedibile nulla, «io non voglio fare scenari futuri, se si dichiarano responsabili e si comportano come tali saranno i fatti a dimostrarlo, e poi faremo le nostre valutazioni, di sicuro non mi auguro altre frammentazioni della maggioranza». Conte è comunque restio a entrare nel merito, e a proposito del recente dibattito sul Mes dice: «Non fatemi parlare oltre dei cambi di casacca, alla fine sia alla Camera che al Senato abbiamo avuto un riscontro numerico che è quello che conta. C’è stata una piena dimostrazione di coesione della maggioranza. Non entro nel merito della posizione dei singoli parlamentari». Insomma Conte lavora a sminare, puntellare. Come sul Mes. Non solo ribadisce di essere al lavoro per modificare alcuni aspetti tecnici, ma assicura di farlo in linea con il Parlamento. La firma del Mes, di cui si discuterà stamattina, potrebbe slittare in realtà anche a giugno e comunque nella dichiarazione finale del Consiglio Ue potrebbe comparire un esplicito richiamo alle decisioni nazionali.
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Testata:  Avvenire 
Autore:  Del Re Giovanni_Maria – Iasevoli Marco 
Titolo: Intervista a Giuseppe Conte – Conte: avanti fino al 2023 Non puntate sulla Lega – Conte: «Il governo arriverà al 2023 Chi scommette su Salvini sbaglia»
Tema: Intervista a Giuseppe Conte

«Salvini? Non disperda le energie, le conservi…». Si allarga un sorriso ironico, sul volto di Giuseppe Conte. A margine dei lavori del Consiglio Ue, a pochi minuti dalla cena con i capi di governo, il premier si ferma con un gruppo di cronisti. E dopo aver resistito per tutto il giorno alle mille domande sui passaggi di parlamentari da M5s alla Lega, finalmente L’apertura ai moderati di Fi: «Responsabili? Se si dimostreranno davvero tali, valuteremo…» L’allarme sulla Libia: conflitto radicalizzato, c’è il rischio di attirare terroristi cede al pressing «In questo momento ci sono singoli che hanno fatto una scelta. Non li giudico. Poi tra di loro c’è un mio collega, Grassi… Beh, io ci ho lavorato con Salvini, gli auguro maggior fortuna. Quanto alla sensibilità istituzionale di Salvini – prosegue commentando le accuse di Di Maio, che parla di “compravendita” di parlamentari operata dal leader del Carroccio – mi sono già pronunciato a sufficienza». Ma è solo la premessa del messaggio politico vero e proprio del premier: «Se devo fare una valutazione politica d’insieme, dico alle forze di maggioranza, ai parlamentari, anche a chi sente di non aver potuto dare un contributo ed è deluso: stiamo lavorando da qui al 2023 per riformare giustizia, Irpef, green new deal. C’è un percorso e tutti avranno la possibilità di dare un contributo, troveranno riscontro al loro impegno. Chi scommette sulla Lega sbaglia, dovrà aspettare un bel po’ prima di far valere le sue proposte. Poi, è chiaro, ognuno si assume le responsabilità delle proprie decisioni».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: I primi 100 giorni del Conte-bis
Tema: Governo Conte-bis

Forse, a spiegare quanto complesso e serrato sia il confronto nella maggioranza giallo-rossa, basterebbe il dato della durata dei consigli dei ministri: le riunioni sono state pochine (solo tre a novembre) ma si sono prolungate in media per oltre due ore. Un record, negli ultimi anni. Solo per fare un esempio: quando l’azionista di riferimento dell’esecutivo era Salvini, la faccenda era più sbrigativa: in 52 minuti di media i lavori si aprivano e si chiudevano. La statistica, di per sé, può significare poco ma dà una chiave di lettura dell’avvio travagliato del Conte bis, che domani compie cento giorni. «Cento giorni utili a mettere in sicurezza il Paese», ha detto il premier ma è lui stesso a indicare, già da gennaio, la necessità di un rilancio. E d’altronde, una prima verifica degli impegni mantenuti non più in un contratto ma nell’accordo-lenzuolo fra Pd e M5S (26 punti con l’appendice inusuale dell’attenzione per “Roma Capitale”), consente di dire che l’esecutivo nato dalla sbornia salviniana del Papeete ha centrato non molto più di quei due obiettivi giudicati indispensabili per far partire l’esperimento: lo stop all’aumento dell’Iva e quel taglio dei parlamentari che e diventato legge a inizio ottobre ma che in realtà ha bisogno di un corollario di intese e regole non indifferente.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bertini Carlo 
Titolo: I gruppi Pd mettono sotto processo Zingaretti “E’ stato troppo morbido con Renzi e Di Maio”
Tema: Governo – gruppi Pd

E nel delirio di questa latente crisi di governo, tenuta a bada nelle notti della manovra, capita di sentire criticare il leader politico non solo dai gruppi dei cinque stelle, ma pure da quelli del Pd, finora silenti e allineati. E capita di sentir sbottare un personaggio compassato come Graziano Delrio con un «mi sono rotto le scatole!». Di cosa si è stufato il capo- gruppo Pd? «Di fare sempre da pompiere e di trovare soluzioni e poi loro», alias Matteo Renzi e i suoi, «escono e noi facciamo la figura di quelli che metto- no le tasse». Uno sfogo che dà voce alla rabbia di deputati Dem contro l’incontenibile ex segretario non tenuto a bada dal suo successore. Rabbia andata in scena ieri nella sala Berlinguer del gruppo alla Camera. Dove le frecce dei tanti intervenuti dopo il capogruppo si dirigono su vari bersagli: il premier che usa la mano soft temendo contraccolpi, accettando che una manovra uscita dal cdm sia cambiata in corsa più volte; Matteo Renzi, «verso il quale la pazienza si è esaurita»; il segretario Zingaretti, «che non ha dato la linea: ci hanno mandato in tv a difendere la plastic tax ecologica e di sinistra ma quando ci siamo voltati non avevamo nessuno a coprirci le spalle», lamenta un deputato di lungo corso.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Arachi Alessandra 
Titolo: Renzi: barbarie Poi contro i pm cita Moro e Craxi – «Non ci faremo processare in piazza» Al Senato Renzi evoca Moro e Craxi
Tema: Renzi in Senato

Matteo Renzi ha evocato Aldo Moro, e Giovanni Leone, e Bettino Craxi «perché oggi non stiamo discutendo di una singola inchiesta della magistratura ma della grande questione della democrazia liberale». Erano le dieci del mattino ieri nell’emiciclo del Senato quando il leader di Italia viva ha preso la parola per un dibattito sui finanziamenti ai partiti che lui stesso ha voluto si facesse. Luigi Zanda, senatore del Pd, aveva appena detto che «un finanziamento ai partiti è necessario per lasciare ai cittadini la scelta di sostenere economicamente i partiti», e la questione che riguarda Renzi è proprio una storia di finanziamenti ricevuti da privati, poco chiari secondo i magistrati che hanno aperto un’inchiesta. «Non ci faremo processare nelle piazze», ha detto Renzi citando Aldo Moro sul caso Lockheed. E poi ha aggiunto. «Ai magistrati dico: massimo rispetto, ma diritto e giustizia sono diversi da giustizialismo. E la magistratura non può decidere cosa è un partito politico e cosa una fondazione». Dallo scandalo Lockheed – ricostruisce Renzi – sono derivate le dimissioni dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone «al quale il compianto Marco Pannella e Emma Bonino scrissero poi una lettera di scuse», incalza l’ex premier, che subito dopo cita anche Bettino Craxi, che disse «ho imparato ad avere orrore del vuoto politico».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bocci Michele – Serranò Luca 
Titolo: Quegli emendamenti per Toto in mano al presidente di Open
Tema: Renzi in Senato

Proprio nel giorno in cui Renzi parla al Senato e attacca l’inchiesta su Open della procura di Firenze, escono nuovi particolari sulle indagini nelle quali sono finiti alcuni degli uomini più fidati del “Giglio magico”, cioè l’avvocato Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrari, rispettivamente ex presidente ed ex consigliere della fondazione che tra l’altro ha organizzato le Leopolde tra il 2012 e il 2018. Secondo la procura la fondazione veniva usata come una «articolazione di partito». Bianchi è indagato per traffico di influenze e finanziamento illecito ai partiti, Carrai solo per il secondo reato. Oltre 30 finanziatori sono stati perquisiti ma non risultano al momento indagati. Sono 5mila le pagine depositate agli avvocati in vista dell’udienza presso il tribunale del Riesame in programma lunedì prossimo. Nelle informative della Guardia di Finanza depositate dalla procura emerge «l’interessamento dell’onorevole Luca Lotti all’epoca sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri» nella vicenda del contenzioso tra Autostrade e il gruppo Toto. L’avvocato degli imprenditori era proprio Bianchi. Secondo la Finanza il legale si sarebbe confrontato con Lotti «i primi del mese di gennaio 2016… Avrebbe avuto una riunione e consegnato l’appunto Toto, riferendogli l’esito di un incontro tenutosi il 5 aprile 2016 in merito alle trattative in corso» tra il raggruppamento di imprese di cui faceva parte Toto e Autostrade (Aspi).
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Testata:  Foglio 
Autore:  Renzi Matteo 
Titolo: La separazione dei poteri secondo Renzi – Non si regala la politica ai pm
Tema: Renzi in Senato

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non stiamo discutendo di una singola inchiesta della magistratura, alla quale rinnoviamo un rispetto non formale, ma sostanziale in quest’Assemblea. Non stiamo neanche parlando, a mio avviso, semplicemente del finanziamento ai partiti e meno che mai stiamo discutendo in quest’Assemblea di una polemica mediatica. A mio avviso questo dibattito, del quale ringrazio la Presidenza del Senato e i Capigruppo, affronta la grande questione della democrazia liberale oggi e parte dal principio della separazione dei poteri tra il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario. In tempi di Facebook parlare di Montesquieu non va di moda, ma è un dovere particolarmente vero farlo quando alcuni tra i più autorevoli leader politici del mondo utilizzano, dalle colonne del Financial Times, la visibilità della democrazia liberale per contestarne l’imminente fine. Insomma, non stiamo discutendo di una piccola questione bagatellare, ma stiamo riflettendo sulla questione se secoli di civiltà giuridica e politica abbiano ancora un senso o no. Discutiamo qui oggi della separazione dei poteri. Tutti noi siamo potere legislativo, tutti, nessuno escluso.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Folli Stefano 
Titolo: Il punto – Renzi e Salvini intrecci giudiziari
Tema: Renzi e Salvini

C’è un filo invisibile che intreccia i destini di Matteo Renzi e Matteo Salvini. Entrambi sono sfiorati in vario modo da indagini della magistratura. Entrambi devono fare i conti con questa variabile giudiziaria per tornare o per restare al centro della scena politica. È chiaro che nel merito i due casi non possono essere granché assimilati: Renzi è alle prese con gli aspetti opachi, o supposti tali, dei finanziamenti affluiti all’ex fondazione Open e da li fuoriusciti attraverso un certo numero di rivoli. Questioni da chiarire e interrogativi a cui rispondere, alcuni posti con veemenza dallo stesso Renzi in Senato. Il primo riguarda, ad avviso dell’ex premier, la definizione degli ambiti in cui devono agire la magistratura e la politica. Dibattito antico e in sé legittimo che dominò, spesso strumentalizzato, gli anni di Berlusconi. Quanto a Salvini, l’ex ministro dell’Interno è sospettato di uso improprio e reiterato degli aerei di Stato. Qui si sente l’eco della vituperata prima Repubblica contro la quale per anni si è scagliato il populismo leghista: utilizzare un aereo o un elicottero di servizio per farsi accompagnare a un comizio elettorale o anche solo per tornare a casa. Al giorno d’oggi, se fossero provate, sarebbero accuse insidiose.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  S.Can 
Titolo: Intervista a Paolo Romani – «Ma 12 senatori di FI pronti a staccarsi Stampella a Conte? No, per ora…»
Tema: Intervista a Paolo Romani

Senatore Paolo Romani, è arrivato il momento? «Credo proprio di si. Le scissioni non sono mai semplici, anche perché per una vita io e tanti amici siamo stati al fianco del presidente Berlusconi». E però? «Al Senato siamo pronti a entrare in 12 nel gruppo misto e stiamo lavorando a 20 persone che facciano altrettanto alla Camera. Per molti è arrivato il momento del coraggio». (Mara Carfagna per ora non dovrebbe far parte del progetto, anche se la situazione è molto fluida). Allora nasceranno i responsabili per Conte in Senato? «No, non saremo gli Scilipoti della situazione: rimaniamo nel centrodestra, nel nome di un’area moderata. Senza farci colonizzare da Matteo Salvini, ma dialogando con lui. Tra i nostri primi obiettivi ci sarà la rielezione di Toti a governatore della Liguria». Lei lo ha già fatto, ma per molti lasciare Forza Italia sarà complicato. Lo fate nel nome della stabilità di questo esecutivo? «No, anche perché quando a gennaio entrerà in vigore la riforma sul taglio dei parlamentari nessuno vorrà più andare a votare». Ha avuto contatti con il premier Conte e con qualcuno del governo? «No, e perché mai?».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Tito Claudio 
Titolo: Il commento – Con il ritorno alla legge elettorale proporzionale il Pd rischia di perdere la sua identità
Tema: Legge elettorale – Pd

In nessun Paese europeo, anzi in nessun Paese al mondo è accaduto quel che si sta verificando in Italia nell’ultimo quarto di secoli. In soli 25 anni la legge elettorale è cambiata già tre volte. Ed ora una quarta volta Una continua e confusionaria giravolta. Si assiste ad una classe dirigente che rincorre i suoi limiti e cerca di colmare i suoi deficit cambiando le regole di elezione del Parlamento. Confonde continuamente i difetti del sistema politico con quelli del modello elettorale nella speranza, rivelatasi sempre vana di correggerli Invece di cambiare se stessi, cambiano le norme. Nel 1994, sull’onda di due referendum, l’Italia ha adottato una legge prevalentemente maggioritaria. Si trattava di una scelta dettata dalla richiesta popolare di garantire certezza di governo a chi vinceva nelle urne e stabilità. Poi, dopo poco più di 10 anni, con un colpo di mano dell’allora maggioranza berlusconiana che temeva la sconfitta nelle urne, si è ritornati alla proporzionale ma con un premio di maggioranza solo alla Camera. Altri dieci anni – per l’intervento della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la “porcata” di Calderoli – viene abolito il premio e aggiunta una quota maggioritaria. E ora un nuovo giro di valzer. L’attuale maggioranza giallo-rossa con l’assenso della Lega, vuole ritornare ad un modello interamente proporzionale come nella Prima Repubblica.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Palmerini Lina 
Titolo: Referendum, legge elettorale, Emilia: i tre fronti della crisi di nervi
Tema: Referendum, legge elettorale, Emilia

Solo il modo in cui sta passando al Senato la legge di bilancio racconta la crisi di nervi in atto nella maggioranza. Testi corretti fino all’ultimo minuto, nessuna certezza sui tempi, una corsa spasmodica per evitare l’esercizio provvisorio. L’allarme è arrivato fino al capo dello Stato che già lo scorso anno aveva richiamato al rispetto della discussione parlamentare di una manovra compressa dal calendario. Quest’anno siamo allo stesso scenario. E non c’è solo un problema di tempi ma anche della qualità e quantità delle norme. Le fibrillazioni sul bilando riflettono però quelle più generali che riguardano soprattutto i 5 Stelle- sotto stress per gli abbandoni certi e per quelli di cui si racconta – ma che non escludono gli altri partiti, anche di opposizione. Il fatto è che da qui alle prossime settimane ci sono dei “cerchi di fuoco” da saltare dopo la manovra, scatta l’entrata in vigore del referendum costituzionale che taglia il numero dei parlamentari a 60o e che incroda la discussione sulla legge elettorale e la prova del voto in Emilia. In questo circuito pieno di curve, il test non è solo per la maggioranza ma pure per l’opposizione. Per esempio, nei corridoi del Senato si racconta- forse più per creare panico – che ci sarebbero già quelle firme mancanti per chiedere il referendum sul taglio di deputati e senatori ma che l’opposizione vuole tenerle coperte fino all’ultimo.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Rogari Marco 
Titolo: Manovra pronta, imprese contro il Dl – Pioggia di modifiche, primo sì alla manovra Salta la Tobin tax
Tema: Manovra

Esclusione degli alberghi dal bonus facciate. Destinazione di 60 milioni perla manutenzione ordinaria di Venezia e di 50 milioni nel 2020 e altri 100 nel 2021 per le aree di crisi complessa, in primis quella di Taranto. Estensione a tutta Italia, anche nel biennio 2021-2022, della sperimentazione della”farmacia dei servizi” dove si potranno effettuare vari test (dalla glicemia a quelli per la gravidanza). Contratti di formazioni per altri mille specializzandi in medicina e una platea più ampia di precari da stabilizzare nel settore della sanità. Sono alcune delle novità del vasto restyling alla manovra con una pioggia di ritocchi approvati dalla commissione Bilancio del Senato in una lunga maratona di 14 ore, conclusasi ieri mattina, per consegnare il testo chiuso, con il mandato ai relatori, all’Aula di Palazzo Madama. Che però voterà la fiducia sul maxi-emendamento finale del Governo solo lunedì. Anche perché la Ragioneria generale dello Stato avrà bisogno di tempo per dare solidità al sistema di coperture di una fetta non trascurabile della lunga serie di emendamenti e sub-emendamenti che hanno ricevuto l’ok in Commissione e che presenterebbero un conto di almeno 500 milioni.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Picchio Nicoletta 
Titolo: L’allarme delle imprese del Nord: con il Dl fisco attività a rischio
Tema: Manovra

Gli imprenditori del Nord si uniscono per protestare contro le misure del governo in merito a fisco e giustizia. «Il decreto fiscale mette a rischio l’attività d’impresa e gli investimenti» è l’allarme che arriva da Marco Bonometti, Enrico Carraro, Pietro Ferrari e Fabio Ravanelli, presidenti di Confindustria Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, a nome di tutto il mondo imprenditoriale del Nord. Un rischio che aumenta considerando anche il versante della giustizia, con le norme già approvate sulla prescrizione. «Come richiamato dal presidente della Repubblica – scrivono i quattro presidenti in un comunicato congiunto diffuso ieri – sono per noi punti irrinunciabili il contrasto all’evasione fiscale e la salvaguardia delle imprese sane che tutti i giorni si confrontano sui mercati nel rispetto delle norme». Le misure del decreto fiscale collegato alla legge di bilancio «rischiano di mettere fortemente a repentaglio l’esercizio dell’attività d’impresa, generano forte incertezza sotto il profilo giuridico e allontanano qualsiasi nuovo investimento nel Paese».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Petrini Roberto 
Titolo: Manovra, legale la cannabis light Sconti per gli animali domestici – Manovra, più sconti per cani e gatti e la cannabis light diventa legale
Tema: Manovra

Una misura che farà discutere, la legalizzazione della cannabis light e gran finale in vista per la manovra da 32 miliardi: a quaranta giorni dall’approdo a Palazzo Madama e dopo una estenuante notte di esame con 14 ore ininterrotte di riunione della Commissione Bilancio del Senato, ieri il disegno di legge di Bilancio è approdato in aula. Lunedì sarà presentato un maximendamento, che racchiuderà il testo confezionato dalla Commissione con qualche inevitabile correzione, e poi alla Camera, dove l’articolato arriverà “blindato”: Montecitorio non potrà modificare la legge. Circostanza che ha creato malumori alla Camera: i parlamentari del Pd se la sono presa con Zingaretti e Gualtieri, mentre la conferenza dei capigruppo ieri si rifiutata di calendarizzare l’esame del provvedimento. Ieri mattina il viceministro del Tesoro Antonio Misiani ha postato la foto delle sue gambe scivolate dalla poltroncina della Commissione. Il presidente, il grillino Daniele Pesco, all’alba si commuove: «Sono fortunato di aver lavorato con persone come voi». Molte le novità della nottata con vincitori e perdenti.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Capaldo Pellegrino 
Titolo: L’intervento – Una doppia Iri per l’economia – La doppia Iri per infrastrutture e produzione
Tema: Iri

Da tempo, per una serie di ragioni che non è il caso qui di richiamare, si dibatte in Italia intorno alla ricostituzione dell’Iri, con argomentazioni ora molto valide ora piuttosto superficiali. Secondo me la questione non è «Iri sì» o «Iri no» ma è un’altra così sintetizzabile: l’Italia può affidare la sua economia, il suo sviluppo, la sua crescita anche civile, il suo sistema infrastrutturale unicamente alle forze di mercato, ovvero ai privati, oppure è necessario qualcosa che disciplini e soprattutto che integri queste forze? Negli anni ’30 questo qualcosa fu l’Iri. Negli anni che viviamo deve essere ancora l’In o qualcos’altro? Secondo medi un qualcosa che assomigli all’Iri abbiamo bisogno, evitando, naturalmente, alcuni errori commessi in passato. In Italia abbiamo un capitalismo estremamente fragile, direi (senza offesa per nessuno) di «rapina» o «mordi e fuggi», attento al profitto di breve termine: l’impresa è vista solamente come generatrice di profitto, nulla più. Si può fare certo qualche eccezione citando «imprenditori illuminati» che, però, non cambiano la sostanza delle cose.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Onida Fabrizio 
Titolo: Usa sana politica industriale Ue e la revisione di industria 4.0
Tema: Mise

Nell’articolo «Cinque mosse per un Mise al passo coi tempi» (Il Sole 24 Ore, 6 dicembre 2019) il sottosegretario allo Sviluppo economico, Gian Paolo Manzella, propone autorevolmente di rilanciare il ruolo del suo ministero, in raccordo con altri ministeri e altri soggetti pubblici (regioni, Cdp, Invitalia), per andare oltre la gestione dei numerosi tavoli di crisi aziendali. Chiede di riscoprire un «ruolo di sintesi e indirizzo che sottragga la politica industriale alle canne d’organo e ai loro conseguenti esiti rapsodici» e a tale scopo auspica «una strategia industriale che individui i settori e le filiere del nostro futuro (…) che ci leghi alla politica industriale europea, che racconti l’Italia seconda manifattura d’Europa». Il richiamo del sottosegretario Manzella è pienamente condivisibile, anche se non mancheranno strali degli economisti ideologicamente liberisti, che ritengono improponibile ogni rilancio di una politica industriale mission oriented, perché siamo un Paese macchiato dai fallimenti dei “piani settoriali” degli anni 70, dalle degenerazioni dei boiardi di Stato che hanno segnato il tramonto inglorioso delle partecipazioni statali.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bufacchi Isabella 
Titolo: Lagarde: «Riesaminare tutte le politiche Bce» – Lagarde annuncia il riesame a tutto campo delle politiche Bce
Tema: Bce

«Sarò me stessa Sarò differente da Mario Draghi, nella comunicazione». Ha esordito così ieri Christine Lagarde, alla sua prima conferenza stampa da presidente della Bce. Nella forma, il cambiamento si è visto subito. L’annuncio dell’avvio in gennaio della revisione strategica sul modo in cui la Banca realizza il suo mandato sulla stabilità dei prezzi l’ha fatto di sua iniziativa, una sorta di “fuori sacco” cioè subito dopo aver letto la dichiarazione introduttiva e senza «aspettare le domande dei giornalisti» che avrebbe sicuramente avuto e che poi in effetti le sono state comunque rivolte. Ma nella sostanza, Christine Lagarde ha parlato da colomba e riflettendo la linea predominante nel Consiglio direttivo sulla necessità di una «politica monetaria altamente accomodante per un prolungato periodo di tempo», con tassi e QE e forward guidance invariati. I mercati hanno digerito il tutto bene, senza sussulti, pressochè invariati. Pur scrollandosi di dosso qualsiasi etichetta, sostenendo di «non essere né falco né colomba» ma semmai civetta nel segno della saggezza e senza vanità, la neo-presidente ha mantenuto il tono della colomba. Ha sottolineato più volte che la crescita «è debole, ammettiamolo», che è vero che si sta avvicinando alla crescita potenziale ma non l’ha ancora raggiunta.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mastrobuoni Tonia 
Titolo: Lagarde all’Italia “Il Fondo salva-Stati non vi danneggerà”
Tema: Bce

Per ora non cambia niente, ma entro un anno potrebbe cambiare tutto. Nella sua prima conferenza stampa da presidente della Bce, Christine Lagarde mantiene fede alle scelte compiute da Mario Draghi – «Le politiche monetarie resteranno accomodanti per un prolungato periodo di tempo» – ma promette che entro la fine dei 2020 la Bce rivedrà profondamente il suo modo di impostarle. Tra gennaio e dicembre del prossimo anno la Bce farà un attento esame dei propri obiettivi: «È assolutamente legittimo: non si faceva dal 2003», ha puntualizzato. E prima ancora di passare dall’asettica lettura del comunicato al tipico «sono a vostra disposizione per le domande», l’ex direttrice del Fmi si è rivolta ai cronisti con parole nette: «Ho il mio stile. Non interpretate troppo, non fate paragoni. Sarò me stessa e dunque, probabilmente diversa» rispetto a Mario Draghi. E anzitutto tenterà di rompere rispetto alla più classica della narrazione sulle banche centrali: «Non sarò falco né colomba, preferisco un gufo che è simbolo di saggezza». Lagarde non ha evitato neanche la domanda su temi che agitano l’Italia. Sul fondo salva-Stati ha corretto qualche panzana: «Non intende danneggiare alcun Paese membro» e ed è «completamente fuorviante» dire che «prenda di mira» qualcuno. Al contrario, ha aggiunto l’ex direttrice del Fmi che fu in prima linea anche nei salvataggi, «se fosse stato disponibile all’inizio della crisi greca, l’avremmo risolta in modo molto più spedito».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Taino Danilo 
Titolo: Lagarde: salva-Stati per la stabilità Usa-Cina «Intesa sui dazi vicina»
Tema: Bce

Un po’ di falsa modestia, ieri, nel debutto della presidente della Bce Christine Lagarde davanti ai mercati. «Quando non saprò rispondere a qualcosa vi dirò che non lo so», ha detto in apertura della sua prima conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio dei Governatori. In realtà ha risposto a tutte le domande, politiche o tecniche che fossero, chiara e rilassata. Anche sulle questioni più specifiche. A una domanda sulle polemiche italiane legate al Mes ha per esempio detto che «il Meccanismo europeo di Stabilità è appunto a garanzia della stabilità, non è affatto inteso per danneggiare o colpire alcun membro dell’Eurozona». Se fosse stato in essere al tempo della crisi greca – ha aggiunto – «saremmo stati molto più capaci di risolverla velocemente». E ha rafforzato il concetto: «È fuorviante pensare che sia rivolto contro qualche Paese». La neopresidente della Bce ha definito «un grande progresso» il fatto che la Banca d’Italia sia meno chiusa all’ipotesi di limitare nei bilanci delle banche le quote di titoli dello Stato di appartenenza: altra questione delicata per l’Italia, la cui soluzione è fondamentale per trovare un accordo per un sistema di garanzia dei depositi bancari (il completamento dell’Unione bancaria).
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Barlaam Riccardo 
Titolo: Trump spinge i mercati: «Vicini a intesa con la Cina» – Trump: Cina, intesa di massima E Wall Street torna a correre
Tema: Dazi

Cinque minuti dopo l’apertura di Wall Street è arrivato il tweet di Donald Trump: «Siamo molto vicini a un grande accordo con la Cina. Lo vogliono loro, e anche noi». Tanto è bastato: i tre indici della borsa americana DJ, SeP 500 e Nasdaq sono schizzati in alto. In pochi minuti tutti e tre hanno superato i record intraday. L’ottimismo è arrivato dall’altra parte dell’Oceano, alle borse europee, con Milano migliore piazza del continente. La trade war tra le due prime economie mondiali va avanti da venti mesi e ha portato a una lunga serie di dazi e controdazi trai due paesi. Ainizio ottobre, dopo lunghi mesi di negoziati, stop e ripartenze, annunci e smentite, Trump alla Casa Bianca, assieme al capo delegazione cinese, il vice premier Liu He, annunciò il raggiungimento di un primo accordo di massima, sulla cosiddetta “Phaseone” della pace commerciale. Da allora sono trascorsi due mesi e mezzo. Domenica mattina alle 12 e un minuto, ora americana, in mancanza di un accordo odi una proroga, scattano i dazi Usa sull’ultima tranche di esportazioni cinesi. Dazi del 15% che colpiranno 156 miliardi di prodotti di largo consumo: smartphone, giocattoli, scarpe sportive.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  L.Ip. 
Titolo: Trionfa Johnson, Brexit più vicina – Che Brexit sarà
Tema: Elezioni Regno Unito

Con i conservatori che ottengono la maggioranza assoluta, l’accordo sulla Brexit negoziato lo scorso ottobre con Bruxelles dovrebbe essere rapidamente approvato dal Parlamento: il premier ha intenzione di presentare il testo a Westminster già prima di Natale per un primo via libera, anche se per l’approvazione definitiva occorrerà aspettare gennaio. L’Accordo di recesso In questo modo Londra uscirà dalla Ue il 31 del mese prossimo, come previsto. E lo farà sulla base delle intese già concordate, che in primo luogo garantiscono i diritti acquisiti …e quella soft Potrebbe però cercare un rapporto stretto con la Ue per minimizzare le ricadute economiche dei cittadini europei: per chi già vive e lavora qui non cambia nulla, occorre solo registrarsi al ministero dell’interno sulla base del «settlement scheme». Allo stesso modo Londra pagherà a Bruxelles un «conto» di quasi 40 miliardi di euro che vanno a coprire gli impegni già assunti in precedenza. Cambiano invece le cose per l’Irlanda del Nord.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cazzullo Aldo 
Titolo: Il commento – La forza di Boris – La scelta
Tema: Elezioni Regno Unito

L’Europa perde Londra, stavolta davvero. La più antica democrazia A del mondo era entrata nel labirinto la notte del 23 giugno 2016. Tre anni e mezzo di trattative e ripensamenti; un’elezione anticipata che non aveva risolto nulla; la caduta di Theresa May; l’avvento di Boris Johnson. La vera notte della Brexit è questa. E se sarà confermato l’exit-poll che dà 368 seggi (su 650) ai conservatori, allora il premier potrebbe avere maggiori margini di manovra: anche per negoziare un’uscita soft, che garantisca i diritti dei lavoratori stranieri e la libertà degli scambi commerciali. Boris Johnson aveva puntato tutto sulla Brexit, per queste storiche elezioni. Ha vinto. Il suo vantaggio su Jeremy Corbyn è netto, più del previsto. I laburisti crollano rispetto al 2017. Tengono i distretti della capitale, ma perdono quelli del Nord impoverito, favorevoli all’uscita dall’Europa. Il voto conferma che la sinistra non può credere di riconquistare il voto popolare con le ricette del passato: tasse, confische, nazionalizzazioni.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Guerrera Antonello 
Titolo: Europa bye-bye – Brexit e la valanga Boris demoliscono il Muro rosso
Tema: Elezioni Regno Unito

Cari europeisti, stavolta pare davvero finita. A meno di clamorose sorprese, la Brexit sarà presto Irreversibile. Perché se in mattinata venissero confermati gli exit poll di Ieri notte, Boris Johnson avrebbe trionfato nelle elezioni con circa 368 seggi, devastando l’opposizione del Labour di Jeremy Corbyn, a questo punto a un umiliante capolinea politico con i miseri 191 seggi prospettati. Il 70enne leader di sinistra potrebbe avere fatto peggio persino del disastro dell’altro ultra-socialista Michael Foot, ne11983. Nel peggiore dei casi, si arriverà alla catastrofe del 1935, con i miseri 154 seggi di Clement Attlee. Ieri sera Corbyn non si è fatto vedere. Ma il suo vice John McDonnell sulla Bbc era funereo, con la voce infranta dalla catastrofe imminente: «Se I numeri venissero confermati, sarebbero davvero negativi». Johnson invece ha vinto la scommessa, l’azzardo, tutto. Stando agli exit poll, sarebbe un cappotto clamoroso. Nella storia recente conservatrice, solo Margaret Thatcher ha fatto di meglio con 397 seggi. Se il trionfo di Johnson sarà confermato, decisiva sarà stata la conquista del “muro rosso”, ossia le aree nel Nord dell’Inghilterra e nelle Midlands laburiste da molti decenni ma cruciali nella vittoria della Brexit nel 2016.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Simoni Alberto 
Titolo: Trionfa Johnson Il Regno Unito vota “la Brexit subito” – Tra gli elettori in coda ai seggi “Ora davvero, addio Bruxelles”
Tema: Elezioni Regno Unito

Londra ieri si è svegliata sotto una costante e appuntita pioggerella, non c’è nessuna novità in questo. I conservatori temevano che il maltempo avrebbe rovinato i loro piani, «i nostri elettori, beh sono un po’ più anziani», spiega Thomas fuori dalla metropolitana di South Kensington, altro distretto ballerino. I sondaggisti liquidano le preoccupazioni meteorologiche come un non sense, tant’è che alle 22 c’erano ancora persone in fila ai seggi. L’affluenza fu altissima quando si votò in febbraio; nel 1974, 79%, nel 1950, 84% record assoluto. A Finchley, casette eleganti nel Nord di Londra, verde e una sequenza di scuole private sulla East End Road, cattolica, cristiana, ebraica, la gente si è messa in fila prestissimo, documento in mano e cane al guinzaglio. C’è pure un concorso lanciato da un giornale: invia la foto del tuo cane al seggio. Qui riverberano ancora le polemiche su Corbyn, reo di non aver messo freno a frasi e corn portamenti antisemiti nel Labour. Luciana Berger, ebrea, ha salutato i laburisti in contrasto con il leader e corre con i lib-dem.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bongiorni Roberto 
Titolo: Nell’Algeria in crisi una elezione che nessuno vuole
Tema: Elezioni in Algeria

Tra i manifestanti lo slogan è sempre lo stesso. “Makache vote”, “non si vota”. Le elezioni presidenziali tenutesi ieri in Algeria – le prime dopo l’era del presidente Abdelaziz Bouteflika – sonovissute da milioni di algerini come un voto imposto contro il volere del popolo. In questa cronaca di una vittoria annunciata, vale a dire quella di un candidato compiacente al regime,la sensazione è che questo Paese così importante strategicamente stia facendo un salto nel buio. Nessuno sa infatti prevedere cosa accadrà da qui ai prossimi mesi. L’esercito, che ha apertamente assunto la guida del Paese in marzo sotto il generale Ahmed Gaïd Salah, dopo le dimissioni del presidente Bouteflika (costretto a rinunciare a correre per il quinto mandato a causa delle proteste popolari), sembra aver perso la pazienza. Ai suo occhi il vuoto di potere non era più sostenibile. Si è dunque votato. Ma chi dei 24 milioni di aventi diritto si è recato alle urne?
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Del Re Pietro 
Titolo: Algeria, seggi vuoti alle elezioni “Vogliono rubarci il cambiamento”
Tema: Elezioni in Algeria

Seggi semivuoti e cariche della polizia contro i manifestanti anti-voto hanno segnato le prime elezioni presidenziali in Algeria del dopo Bouteflika, con appena il 20% degli aventi diritto che si era recato alle urne alle 15 e con decine di arresti in tutto il Paese. Molte migliaia di persone hanno sfilato in corteo ad Algeri e Orano scandendo slogan come «No al voto con la banda», per indicare l’élite politica che ha governato il Paese negli ultimi decenni e per denunciare lo scrutinio come una manovra unicamente destinata a far sopravvivere il regime. A Bouira, intanto, città di 75mila abitanti del nord ovest del Paese, capoluogo di provincia noto per essere un bastione anti-governativo nella regione berbera della Cabilia, una folla di manifestanti ha bloccato otto dei nove centri di voto e saccheggiato le urne. Scontri con le forze dell’ordine hanno causato un imprecisato numero di feriti, di cui uno in modo molto grave.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Paci Francesca 
Titolo: Scontri, boicottaggi e astensione È resa dei conti tra le due Algerie
Tema: Elezioni in Algeria
«Ho combattuto contro i francesi e oggi voto per dovere di patria, ma ho votato scheda bianca». Ottantasei anni, passo deciso, Zohra esce dalla cabina elettorale della scuola Mohammed Allik, il seggio nel cuore della benestante Hydra, sulle alture di Algeri, dove dopo di lei arrivano l’ex ministro dell’interno Zerhouni e il candidato presidente Benflis, investito negli ultimi giorni dalle polemiche per un collaboratore «troppo amico» di Parigi. L’Algeria, guidata dal Capo di Stato Maggiore Gaid Salah, va al voto in ordine sparso per eleggere il successore del deposto Bouteflika. Da una parte c’è il richiamo del governo, pago di un’affluenza ufficiale oltre il 33%, e dall’altra il boicottaggio del movimento perla democrazia, l’hirak, che da 10 mesi chiede «uno Stato civile e non militare». Le urne e la piazza, i due fronti di un Paese che spinge dal basso per sostituire la legittimità storica, invecchiata male nelle mani del «pouvoir», con quella politica di un popolo giovane, 42 milioni di abitanti di cui il 70% under 35. Un Paese enorme, ricco di petrolio ma costretto avenderlo e reimportarlo lavorato, dove le riserve straniere sono crollate da 200 a 50 miliardi di dollari in 5 anni e i ragazzi, cresciuti tra la repressione e il trauma della guerra civile, emigrano non tanto per la disoccupazione (12%) quanto per il mal di vivere.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Basilici Menini Bernardo – Rossi Andrea 
Titolo: Clima, Greta all’Italia: basta smog – Greta, appello all’Italia “Non c’è più tempo Lo smog va sconfitto”
Tema: Greta all’Italia: basta smog

Arriverà direttamente da Madrid, dove ha appena partecipato alla Conferenza mondiale dell’Onu sui cambiamenti climatici, a bordo di un’auto elettrica nell’ostinato tentativo di evitare i mezzi troppo inquinanti. Arriverà bypassando lo sciopero dei trasporti che sta paralizzando la Francia, per approdare a Torino e lanciare la sua sfida all’Italia: «Non c’è più tempo da perdere, bisogna sconfiggere lo smog». Se Greta Thunberg ha scelto Torino, sulla strada che la riporta a Stoccolma dopo mesi in viaggio per il mondo a spronare governi e lobby economiche, non è solo perché è rimasta impressionata dalle immagini di decine di migliaia di ragazzi in marcia per il clima. E perché questo è un punto nevralgico nella battaglia per il clima. La Pianura padana è la «nuvola nera» d’Europa, e Torino e l’area che la circonda sono il frammento più inquinato. Una terra in cui nei mesi scorsi si è scatenata una battaglia politica su un fatto simbolico ma sostanziale: la dichiarazione di emergenza climatica chiesta dal movimento Fridays for Future.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario – Sforza Francesca 
Titolo: Conte, Merkel e Macron cercano un nuovo leader per la Libia – Conte incontra Merkel e Macron Si cerca un nuovo leader per la Libia
Tema: Libia

Il pessimismo che si respirava a Med, la Conferenza sul Mediterraneo di Roma, sulla crisi libica e sulle possibilità di riuscita della Conferenza di Berlino è stato evidentemente così condiviso da imporre ai Paesi più impegnati nell’area un’accelerata per uscire dallo stallo. Anche perché la situazione in Libia sta diventando davvero incandescente, con il generale Khalifa Haftar che ieri, in un discorso pubblico, ha annunciato «l’ora zero per l’avvio dell’offensiva decisiva su Tripoli», raccomandando persino ai soldati di rispettare le abitazioni e le proprietà private. Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna (sebbene quest’ultima ancora un po’ condizionata dalla situazione politica interna) sono dunque in prima linea per individuare un’azione che miri innanzitutto al cessate il fuoco, e successivamente a definire le coordinate per la road map della Conferenza di Berlino, che dovrebbe tenersi tra il 15 e il 20 gennaio. Oggi a Bruxelles il premier Giuseppe Conte, il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera Angela Merkel avranno un incontro finalizzato a mettere a punto iniziative concrete.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  S.Mon. 
Titolo: «Nessuna tregua sotto Natale». Parigi resta nel caos
Tema: Parigi

Nessuna «tregua di Natale», la mobilitazione contro la riforma delle pensioni continua e si fa forte di un nuovo, importante sostegno: il sindacato moderato CFDT, che ha il maggior numero di iscritti nel Paese ed è abituato a dialogare con il governo, ha deciso di unirsi alla più radicale CGT – per la prima volta dal 2010 – e martedì 17 dicembre parteciperà alla nuova giornata di sciopero generale. Tutte le sigle del mondo del lavoro sono ormai schierate contro la riforma tranne il MEDEF, la Confindustria francese: una specie di bacio della morte per il primo ministro Edouard Philippe, che due giorni fa ha finalmente presentato il nuovo piano pensioni dopo giorni di proteste preventive. Mentre Parigi dal 5 dicembre vive nel caos, con metropolitana e treni fermi, pochi autobus, colossali ingorghi stradali e un uso forsennato di monopattini e bici elettriche anche sotto il diluvio, il governo cerca di giocare la carta della maggioranza silenziosa, quella che nel 2017 elesse il presidente proprio sulla base del suo programma riformatore e che adesso ogni mattina vorrebbe potere andare a lavorare.
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