In evidenza sui maggiori quotidiani:
– Il governatore della Lombardia sfida il governo: ripartiamo il 4 maggio
– Caso Trivulzio, la Finanza al Pirellone
– Mes, maggioranza divisa: la mediazione di Conte
– Liquidità, corsa alle banche
– Von der Leyen: l’uscita dalla crisi dovrà essere graduale e coordinata
– Congelamento dei fondi Oms, l’Europa attacca Trump
PRIMO PIANO
Politica interna
Testata: Corriere della Sera
Autore: Rossi Giampiero
Titolo: La Lombardia vuole ripartire – Fontana al governo: riapriamo così a maggio
Tema: la sfida di Fontana sulla riapertura
Misure di sicurezza sanitaria e orari scaglionati. La Lombardia studia le mosse per ripartire e scuotersi dopo oltre un mese di vita sospesa. Ieri il presidente della Regione Attilio Fontana ha annunciato quali saranno le linee guida del percorso che dovrebbe condurre a una «nuova normalità» dal 4 maggio. Per quella data «la Regione chiederà al governo di dare il via libera alle attività produttive nel rispetto delle quattro D: Distanza (un metro di sicurezza tra le persone), Dispositivi (ovvero obbligo di mascherina per tutti), Digitalizzazione (obbligo di smart working per le attività che lo possono prevedere) e Diagnosi (dal 21 aprile inizieranno i test sierologici grazie agli studi in collaborazione con il San Matteo di Pavia)». Al momento non si può parlare ancora di un «programma», frenano a Palazzo Lombardia, ma piuttosto di un’indicazione di rotta che orienterà il confronto con il governo. Ma intanto il governatore Fontana tiene a illustrare quella che definisce «la via lombarda alla libertà», cioè «un piano per riaprire in orario scaglionato uffici e aziende e, successivamente, scuole e università. Un esempio della nuova normalità — specifica una nota diffusa nel pomeriggio — saranno le aperture delle attività scaglionate e sull’arco di tutta la settimana per evitare il sovraffollamento dei mezzi pubblici». Pressoché immediata, arriva la benedizione del leader della Lega Matteo Salvini: «Regione Lombardia ha avuto coraggio e orgoglio a dire che dal 4 maggio si torna a lavorare, gradualmente. Dà la luce in fondo al tunnel, non si può morire di virus ora e di fame dopo». Molto critico, invece, il viceministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni (M5S) che parla di «un errore» e spiega che «da sempre Fontana ha sostenuto una linea rigorosa e fortemente restrittiva e invece oggi sorprendentemente decide, non si comprende sulla base di quali dati, di aprire. Sostituirei le D della Regione con 4 C: calma, coerenza, coscienza e criterio». Contrari anche i sindacati.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Guerzoni Monica
Titolo: Lo stupore cli Palazzo Chigi che vede Salvini dietro il «blitz»
Tema: la sfida di Fontana sulla riapertura
Giuseppe Conte non commenta la richiesta di Milano di spalancare portoni e cancelli dal 4 maggio, ma il silenzio di Palazzo Chigi è già una risposta eloquente. Dentro c’è l’irritazione del governo per l’ennesima fuga in avanti della Regione più colpita dalla violenza del virus e c’è tutta la sorpresa per l’improvvisa svolta del «governatore» leghista, passato in pochi giorni dalla linea del massimo rigore rispetto alle chiusure, alla «riapertura intelligente». Il sospetto nel governo è che dietro la mossa di Fontana ci sia la regia di un Matteo Salvini interessato a strumentalizzare le «buone notizie dalla Lombardia». In diretta Facebook l’ex vicepremier si è rallegrato che il presidente della Regione abbia chiesto al governo di «chiuderla con le chiusure» e ha pesato con la sua bilancia i «soldi veri» in arrivo per il personale sanitario: «Esattamente il doppio di quelli messi a disposizione dal governo». Ecco, su questo piano Conte si rifiuta di scendere. Basta polemiche, ripete il premier, che ha chiesto ai ministri di evitare la contrapposizione con Fontana e la Lega. «Salvini denuncia che non arrivano mascherine da Roma, quando basta andare sul sito della Protezione civile per vedere che ne sono arrivate milioni — rivendica un esponente del governo — Alzano polveroni per nascondere i loro problemi». Con la strage da coronavirus nelle case di riposo e il Pd che in consiglio regionale chiede il commissariamento per la gestione sanitaria, la situazione in Lombardia è esplosiva. Anche per questo, al vertice del governo la cautela prevale. Sottovoce c’è chi accusa Fontana di voler «depistare» dalle inchieste buttando la palla in tribuna, ma nessuno a Palazzo Chigi e dintorni ha interesse ad arrivare al tutti contro tutti.
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Testata: Repubblica
Autore: Colaprico Piero
Titolo: Intervista a Beppe Sala – Sala: “Il governatore passa dal terrore al liberi tutti”. Palazzo Chigi: un errore – Sala “La Lega in due giorni dal terrore al liberi tutti Più test e meno slogan”
Tema: la sfida di Fontana sulla riapertura
Interpellato sulla decisione del governatore Fontana di riaprire il 4 maggio il sindaco di Milano Beppe Sala dice: «L’ha deciso la Regione o Salvini? Stanno passando dal terrore sul numero dei contagi di due giorni fa al liberi tutti. Un po’ più di equilibrio non guasterebbe. Io non sono contrario a rimettere in moto l’economia, perché alla fine si parla di lavoro per tanta gente. Ma devono essere fornite le garanzie adeguate per chi andrà a lavorare». Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha invitato alla cautela… «E ci mancherebbe, abbiamo tutti continuato a dire che la salute è la prima cosa. Qualche settimana fa quando c’erano da sostenere le ragioni della chiusura ci dicevano di guardare all’Oms, faranno così anche adesso?». Qual è la cosa più importante per rimettere la gente al lavoro? «Che vengano fatti i test d’immunità e purtroppo su questi, che vengono praticati largamente in Veneto, in Lombardia siamo indietrissimo. Siccome a Milano non si fanno, oggi ho rotto gli indugi e mi sono accordato con l’ospedale Sacco per farli in autonomia, cominciamo con i 4mila del personale Atm, che lavorano nel delicato settore dei trasporti, e poi vediamo». In un caso simbolo, il Pio Albergo Trivulzio, sembra palese la volontà di non dire come stanno le cose. «È arrivata la magistratura, ci sono le inchieste, noi noi abbiamo nominato l’ex magistrato Gherardo Colombo nel comitato di indagine. Tutti vogliamo vederci chiaro e, per quanto mi riguarda, il direttore generale del Pat farebbe bene a trarre le conclusioni».
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Testata: Stampa
Autore: Sorgi Marcello
Titolo: Dal contagio alla voglia di secessione
Tema: la sfida di Fontana sulla riapertura
In Lombardia è arrivata l’ora della secessione. «La via lombarda alla libertà», l’ha definita non senza enfasi il governatore Fontana, annunciando la fine del “lockdown” nella regione il prossimo 4 maggio e comunicandola a un ignaro Conte, che ovviamente non potrà far nulla per opporsi. Soddisfatto Salvini, convinto che la gente non ne poteva più, sarà contento anche il vecchio Bossi, che all’indipendenza della Padania aveva dedicato tutta una vita. Un po’ meno l’Oms, che, anche in presenza di dati positivi su contagiati e ricoverati, ha espresso timori su una riapertura che potrebbe rivelarsi prematura nella parte d’Italia più colpita dal virus. Con ogni evidenza, quella che si sta consumando tra Milano e Roma è solo una partita politica. Che subisce un’accelerazione, va notato, nel giorno in cui la Guardia di Finanza entra negli uffici della regione per l’inchiesta sui troppi morti nelle case di riposo per anziani. Appena i sondaggi hanno cominciato a rivelare una crescente insofferenza dei cittadini alla reclusione, superiore alla paura di contrarre il Covid-19, è partito l’ordine e Fontana l’ha eseguito. Per gli oltre quaranta giorni del blocco il governatore, al quale va tuttavia riconosciuto un impegno personale straordinario, ha giocato sempre all’attacco contro Palazzo Chigi. Nella paradossale rivolta messa in scena dai presidenti delle regioni e da qualche sindaco, da Nord a Sud, da Milano a Palermo, con punte inarrivabili, tipo il blocco anarchico dello Stretto di Messina ad opera del primo cittadino, Cateno De Luca, la Lombardia ha sempre rappresentato l’avanguardia.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Guastella Giuseppe
Titolo: Blitz della Finanza in Lombardia: nel mirino i rapporti tra Regione e Rsa
Tema: Rsa, blitz della Finanza
II secondo passo della Procura di Milano sulla strage di anziani nelle Residenze sanitarie assistenziali porta la Guardia di Finanza al Pirellone. Dopo le perquisizioni di martedì al Pio Albergo Trivulzio, ieri le Fiamme Gialle sono andate nella sede della Regione per acquisire delibere, direttive e indicazioni sul trattamento degli assistiti e sulla gestione dei dispositivi di protezione nelle strutture sanitarie durante l’emergenza Covid-19. Ma Milano non è la sola Procura a indagare: a livello nazionale sono almeno una quarantina le Rsa finite sotto la lente dei magistrati. L’acquisizione dei documenti non riguarda solo la Baggina, dove sono indagati per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo il direttore generale, Giuseppe Calicchio, e lo stesso Pat. L’ Aggiunto Tiziana Siciliano, che dirige il dipartimento che si occupa dei reati contro la tutela della salute, ha ordinato di acquisire anche la documentazione sui rapporti tra le Regione e le altre Rsa sotto indagine a Milano, circa una dozzina, e sulla distribuzione nelle Residenze di mascherine, occhiali, camici e calzari per arginare la diffusione del virus, ma a lungo drammaticamente introvabili. Tra le strutture indagate ci sono la Casa famiglia di Cesano Boscone, anche essa perquisita, la Anni Azzurri a Lambrate e il Don Gnocchi. Quasi tutti i fascicoli sono stati aperti dopo le denunce presentate dai parenti degli anziani morti come mosche o dai sanitari contagiati proprio per la carenza di protezioni personali nelle strutture in cui lavoravano diventate focolai di infezione. In questo quadro, la Gdf ha acquisito anche la normativa sui rapporti tra la Regione e Rsa. Una copiosissima documentazione solo in parte consegnata dagli uffici della Regione che forniranno il resto nei prossimi giorni.
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Testata: Repubblica
Autore: De Riccardis Sandro
Titolo: Finanzieri negli uffici regionali Tre delibere sotto accusa per i focolai fuori controllo
Tema: Rsa, blitz della Finanza
Una selezione di documenti chirurgica. Se al Pio Albergo Trivulzio i militari hanno sequestrato, in una perquisizione lunga sedici ore, una quantità enorme di materiale sulle falle della gestione sanitaria dello storico centro geriatrico milanese, con oltre 190 pazienti deceduti a marzo e aprile, ieri in Regione la Finanza ha focalizzato la propria attenzione in particolare su tre delibere. Che raccontano com’è stata affrontata l’emergenza coronavirus in Lombardia. Dal trasferimento dei malati Covid-19 nelle case di riposo, fino ai ricchi rimborsi garantiti alle Rsa per ogni malato accolto. Un’indagine che parte dal Pat e arriva ai rapporti tra il Pirellone e il sistema privato dell’assistenza. Materia di ognuno dei quindici fascicoli aperti dal pool di pm coordinato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. Destinati ad aumentare. Perché ogni giorno è una nuova valanga di segnalazioni, nuovi esposti, mail, persino telefonate di parenti che non hanno notizie dei loro cari da settimane. E non vedono altra strada che rivolgersi alla procura. Il primo atto, considerato centrale nell’indagine dei militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano, coordinati dai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, è la delibera di giunta dello scorso 8 marzo, la X1/2906, con cui la Regione prevede la possibilità di trasferire malati Covid-19 a bassa intensità nelle case di riposo, se queste possono garantire strutture autonome e isolamento del paziente. La procura intende verificare se, al contrario, non ci siano stati enti che hanno accolto malati senza poter garantire l’isolamento tra vecchi e nuovi ospiti, positivi al virus.
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Testata: Stampa
Autore: Lombardo Ilario
Titolo: Il Mes scuote il governo Conte prende tempo per placare i Cinque Stelle
Tema: tensioni sul Mes
Il fondo salva-Stati sta tenendo in ostaggio il dibattito italiano sul piano economico europeo contro il virus. La pubblicazione di un lungo post di Giuseppe Conte, nel pomeriggio, tenta di fare chiarezza ma serve soprattutto a offrire una tregua alle opposte fazioni. «Discutere adesso se vi saranno o meno altre condizioni e valutare adesso se all’Italia converrà o meno attivare questa nuova linea di credito significa logorarsi in un dibattito astratto e schematico». Prima di dire «se un finanziamento conviene voglio battermi perché non abbia condizioni vessatorie. Dopodiché voglio leggere e studiare con attenzione il regolamento contrattuale che condiziona l’erogazione». Il premier che ha fatto del rinvio una tattica di sopravvivenza nella rissosa politica italiana, gioca sul tempo. L’unico fattore a suo favore. Appuntamento al Consiglio europeo del 23 aprile. Due giorni prima andrà in Parlamento per un’informativa, senza un voto. Fino ad allora chiede e ottiene di silenziare le liti. Nella tarda mattinata si incontrano gli emissari della maggioranza e del governo. Poi esce Conte con il post e a seguire, a suo sostegno, i capi-delegazione Pd e M5S, i ministri Dario Franceschini e Alfonso Bonafede. Anche il titolare della trattativa in Europa, il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri fa sapere di «essere pienamente soddisfatto» dalle parole del premier «perché mettono fine, per il momento, a un dibattito che rischiava di vanificare il negoziato europeo» sul bottino grosso che l’Italia spera di portare a casa, il Recovery fund, il fondo per la ricostruzione.
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Testata: Repubblica
Autore: Lopapa Carmelo
Titolo: “Berlusconi parla come Prodi” Salvini furibondo con Silvio sospetta un sostegno a Conte
Tema: tensioni sul Mes
Il centrodestra finisce qui, In frantumi sotto il peso del Mes, il Fondo salva-Stati al quale Silvio Berlusconi vorrebbe far ricorso e che invece Matteo Salvini e Giorgia Meloni considerano il cappio al quale l’Europa dei “burocrati” vorrebbe impiccare il Paese. Sullo sfondo soprattutto il sospetto (dei due) che il Cavaliere e Tajani stiano lavorando per garantire un sostegno targato Ppe al premier Conte in precario equilibrio politico in vista del “Dopoguerra” della ricostruzione. Oppure, più al ribasso, che il magnate si stia preoccupando della sopravvivenza e della tutela delle aziende, in difficoltà come tutte le altre. Il leghista nei colloqui privati coi suoi non ne fa mistero: «Con Silvio ci ritroveremo insieme forse nelle amministrazioni locali, alle prossime regionali, ma quanto avvenuto dimostra che con lui la coalizione non potrebbe governare, oggi si sarebbe aperta già una crisi». Furibondo, il segretario: «Antonio Tajani si era guardato bene dal parlare di un via libera al Mes nel vertice con Conte a Palazzo Chigi. Cosa c’è dietro?» Del resto, fa di conto col suo cinismo il senatore milanese, “Silvio” detiene ormai il 5 per cento. Ma una rottura potrebbe non essere indolore, dato che i 97 deputati e 61 senatori berlusconiani risulterebbero determinanti se, come annunciato dal premier Conte, alla fine sarà il Parlamento a decidere sull’utilizzo o meno del Mes della discordia. Ad aprire le ostilità a destra è stato proprio l’ex premier forzista: «II Meccanismo non va demonizzato, sarebbe sbagliato se portasse allo strangolamento dell’economia di una nazione. Ma il problema non si pone, per la spesa sanitaria non ci sono condizioni». Per un corto circuito congeniale a Salvini, la stessa posizione viene espressa da Romano Prodi e da quel Mario Monti che prese il posto proprio di Berlusconi nel drammatico 2011 dello spread alle stelle.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Palmerini Lina
Titolo: Politica 2.0 – Quel voto Ue alle Camere da cui fugge il premier
Tema: tensioni sul Mes
Su un tema vitale per il Paese come sono, in questo momento, gli aiuti di Bruxelles, il premier non dovrebbe fare a meno di raccontare ai parlamentari quello che andrà a contrattare. E soprattutto la sua posizione negoziale al tavolo Ue potrebbe diventare molto più forte se sostenuta da un voto parlamentare. Ma a quanto pare questo è un lusso che non può permettersi per le lotte interne alla sua coalizione di cui ha risentito anche lo spread salito a 235 punti. E su quelle ferite ha messo il dito l’opposizione chiedendo – come è di prassi – le comunicazioni del premier con annesso voto prima del Consiglio Ue del 23 aprile. ll punto è che il test alle Camere viene saltato – o meglio posticipato – per il semplice fatto che la maggioranza esploderebbe e il Conte II finirebbe. Per tutta la giornata di ieri – infatti – Pd e 5 Stelle se le sono date di santa ragione sul Mes e il premier, in serata, ha dovuto confezionare una scappatoia rinviando il confronto parlamentare a dopo il round europeo del 23 aprile nella speranza di riuscire a spuntare una vittoria sul Recovery Fund e avendo in mano un regolamento sul Mes nuova versione (cioè senza condizioni per le spese sanitarie). «Non ha senso discutere ora. Vedremo alla fine della trattativa Ue», ha detto il premier rinviando i giochi parlamentari e con una bella sterzata rispetto a qualche giorno fa, quando, per cornpiacere i 5 Stelle, aveva assicurato che quel Fondo non sarebbe stato usato perché “antiquato”. Ieri invece la sostanza era diversa: «Voglio leggere il regolamento del Mes e dopo mi esprimerò». Una quasi vittoria per il Pd che ottiene di riportare Conte al centro della coalizione.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Franco Massimo
Titolo: Il commento – Il ritorno dei vecchi fossati – La maggioranza indebolita dal ritorno dei vecchi fossati
Tema: tensioni sul Mes
Le divisioni, nell’esecutivo e con le opposizioni, consegnano un governo circondato da sospetti di un populismo di ritorno. Il problema non è solo l’atteggiamento verso il Mes, il Fondo salva Stati sul quale il Movimento 5 Stelle continua a mettere un veto in piena sintonia con Lega e FdI, rischiando di isolare l’Italia. La sensazione è che l’emergenza da Covid-19 faccia riaffiorare nella maggioranza e tra gli avversari posizioni oltranziste e velleitarie: come se i margini di manovra fossero ampi, e le minacce potessero favorire le trattative con l’Europa al vertice del 23 aprile, o piegare le resistenze delle nazioni nordeuropee. Le tensioni tra M5S e Pd, più ancora di quelle di sempre con l’Iv di Matteo Renzi, sono una riedizione del passato recente, aggravata dal nuovo sfondo nel quale si manifestano. E promettono di sgualcire anche il profilo del premier, strattonato in continuazione dal «suo» Movimento. Conte ha cercato di accreditarsi come un garante dell’Italia in Europa, e viceversa, emancipandosi dal vecchio ruolo di guida di una coalizione populista tra M5S e Lega. Avere ripreso e consolidato un dialogo con le istituzioni di Bruxelles gli ha conferito una credibilità né scontata né effimera. Ma ora che è chiamato a percorrere un simbolico ultimo miglio, legittimato da un’emergenza inedita, il richiamo dei Cinque Stelle riemerge con prepotenza. E la reazione del premier appare quella di chi cerca di attutirlo ma deve mostrare di assecondarlo. E come se qualcosa di impalpabile frenasse un’evoluzione che significherebbe anche condurre il M55 su un terreno diverso dalla propaganda ideologica; e costruire un rapporto con gli alleati e con l’Europa meno strumentale e intermittente. Il rischio di farsi risucchiare nel cliché di capo di un fronte antieuropeista composto da M5S e Lega, stavolta con l’aggiunta di FdI, non va sottovalutato.
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Testata: Giornale
Autore: Carfagna Mara
Titolo: Mes e ripresa, basta tabù nel centrodestra – «Dobbiamo avere il coraggio di aprire nuove strade»
Tema: Forza Italia e il Mes
A sinistra deve cadere il tabù ideologico che ha ostracizzato ogni forma di semplificazione burocratica con l’alibi degli «italiani imbroglioni». La destra e il M5S devono rinunciare alla mistica autarchica del «facciamo da soli» e riconsiderare il rapporto con l’Europa per quel che offre oggi e non in base ai giudizi (o pregiudizi) di ieri. Servono, insomma, atti di discontinuità. Se «niente sarà come prima» non possiamo essere «come prima» neanche noi, decisori politici in una fase che può salvare il Paese dai suoi vecchi vizi o, al contrario, condannarlo a un declino più rapido di quello da chiunque immaginato. Forza Italia sta facendo la sua parte. Le parole di Silvio Berlusconi sul Mes rappresentano un segnale importante e un esempio che altri dovrebbero seguire sulla strada della rinuncia ai tabù. Vedremo chi avrà il temperamento e il coraggio di aprire nuove strade e chi resterà attaccato alla zattera dell’esistente a costo di vederla affondare.
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Economia e finanza
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Di Donfrancesco Gianluca
Titolo: Effetto pandemia: in Italia il debito balza al 155% del Pil
Tema: report del Fmi
Quasi 8mila mila miliardi di dollari: a tanto ammonta lo sforzo messo in atto dagli Stati colpiti dalla pandemia di coronavirus per proteggere i propri cittadini e per contenere l’impatto economico del blocco delle attività produttive e sociali. Una crisi che sta spingendo il mondo in recessione, con una contrazione del Pil del 3% nel 2020 e una ripresa incerta nel 2021. Gran parte delle manovre annunciate arrivano dai Paesi del G20, che hanno messo sul piatto 7mila miliardi. A fare i conti è l’Fmi, nel Fiscal monitor diffuso ieri. Agli sforzi dei Governi si sommano almeno 6mila miliardi di dollari di iniezioni di liquidità da parte delle Banche centrali. Le spese sanitarie, insieme ai tagli delle tasse e ai sussidi per imprese e famiglie sono pari a 3.300 miliardi di dollari. A queste si aggiungono prestiti e iniezioni di capitale per 1.800 miliardi e garanzie per altri 2.700 miliardi.
L’impatto sulle finanze pubbliche sarà pesante, con livelli di debito preoccupanti soprattutto per quei Paesi che sono stati colti dalla pandemia con i conti già fuori equilibrio. Così, l’Italia, quest’anno vedrà salire il debito oltre il 155% del Pil, dal 135% del 2019. L’Fmi giudica comunque «forte e appropriata» la risposta dell’Italia all’emergenza. «Con la ripresa dell’economia nel 2021, e con la Bce che tiene i tassi bassi, il debito scenderà», afferma Vitor Gaspar, responsabile del Fiscal monitor. Il debito pubblico italiano dovrebbe rientrare al 150% nel 2021, quando il Pil crescerà del 4,8%, dopo il crollo del 9,1% atteso per quest’anno.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Cellino Maximilian
Titolo: Mes e nomine agitano il governo Lo spread schizza fino a 246 punti Piazza Affari -4,8% – Recessione globale, Borse giù Milano sprofonda, spread a 240
Tema: la Borsa rallenta nuovamente
È davvero un brusco ritorno alla realtà quello che hanno vissuto ieri i mercati finanziari. Stop, quasi d’improvviso, a quell’idea di una possibile «fase due» per le Borse che si era progressivamente fatta strada grazie al rimbalzo delle ultime settimane e un amaro risveglio anche per la possibilità che i titoli di Stato italiani passino ulteriormente indenni la tempesta grazie allo scudo fornito dall’intervento Bce. A contribuire all’amaro risveglio sono state da una parte le indicazioni negative in arrivo dall’economia reale e anche il nuovo crollo del prezzo del petrolio sotto i 20 dollari al barile nonostante i tagli alla produzione Opec non hanno certo allentato la tensione. Sul fronte BTp sono state invece le schermaglie in seno alla maggioranza di Governo sulla possibilità di accedere alla linea di credito del Mes a creare nervosismo aggiuntivo su un mercato già turbato dalle previsioni del Fondo monetario sulla crescita italiana (-9,1%) e soprattutto sul livello che il rapporto Debito/Pil (155%) rischia di raggiungere nel 2020. Ne è uscita appunto una seduta dai toni che non si vedevano ormai da qualche settimana, con Piazza Affari in calo del 4,78%, appesantita soprattutto dai titoli bancari e il resto dei listini europei a registrare perdite comunque vicine al 4% (e bruciare 217 miliardi di euro) anche a causa dell’andamento al ribasso di Wall Street.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Meneghello Matteo
Titolo: Liquidità, assalto con l’incognita tempi – Liquidità, corsa alle banche ma i tempi non sono immediati
Tema: corsa ai prestiti
Sono passate poco meno di 48 ore dalla pubblicazione on line del modulo per ottenere le garanzie statali a sostegno di nuova liquidità, e le banche sono in trincea. L’interesse, come era lecito aspettarsi, è elevato. La macchina della liquidità si sta mettendo in moto, anche se le criticità sono ancora decisive: per l’accoglimento vero e proprio delle domande è ancora questione di qualche giorno e le erogazioni arriveranno di conseguenza, forse nella prossima settimana, più probabilmente in quella successiva. D’altra parte il quadro è in evoluzione, così come lo sono le strutture operative delle banche. «Le funzioni interessate – spiegano ad esempio da Ubi – sono state riorganizzate per disporre di team dedicati a raccogliere e gestire le domande, uno sforzo che ha comportato il disegno di un nuovo modo di funzionare della banca, realizzato in poche settimane». Il contact center di UniCredit sta a sua volta gestendo in queste ore un numero di telefonate «triplicate rispetto al periodo precedente a Covid-19 – spiega Gianluigi Pesce, co-head retail sales and marketing di UniCredit Italy -; abbiamo attivato una task force centrale e territoriale per essere più celeri». L’iter è stato semplificato «ma – avverte Pesce – sarà fondamentale la tempestività di risposta delle agenzie preposte al rilascio delle garanzie». Da Bpm Matteo Faissola, responsabile commerciale dell’istituto, conferma che «l’interesse è forte. Per la moratoria ex art.56 abbiamo raccolto 70mila domande; ora è partita una nuova fase, per la quale stimiamo una platea potenziale di 100mila clienti interessati: mi aspetto molte domande».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Sarzanini Fiorenza
Titolo: Il Viminale: ispezioni in 65 mila aziende che hanno già aperto senza il permesso – Senza permesso 65 mila aziende Mobili e moda verso la riapertura
Tema:
In tutta Italia ci sono 65mila aziende che hanno già ripreso a lavorare pur senza avere alcun permesso. Imprese e negozi hanno chiesto alle prefetture di tornare in attività in deroga ai divieti, non hanno ottenuto risposta entro 30 giorni e hanno comunque riaperto. Il dato ufficiale del Viminale conferma le denunce fatte nei giorni scorsi dai sindacati e dimostra che in realtà per molti la “fase 2” dell’emergenza coronavirus è già cominciata. Sono 105.727 le richieste presentate fino all’8 aprile. Di queste 2.296 sono state respinte e 38.534 sono in attesa di risposta. In tutto 64.897 hanno riaperto e il numero potrebbe essere anche più alto se si somma chi non ha voluto attendere il verdetto e intanto è ripartito. Ecco perché il governo già la prossima settimana potrebbe concedere un via libera ad alcune categorie che invece risultano adesso penalizzate. E perché ha deciso di affidare alla Guardia di finanza controlli e ispezioni che potrebbero concludersi anche con la sospensione della licenza. Troppo presi dalla corsa a tirare su la saracinesca molti titolari avrebbero infatti dichiarato falsamente di far parte della filiera alimentare o farmaceutica. E soprattutto non sarebbero in regola con le norme su distanziamento e dispositivi di protezione obbligatori per lavoratori e clienti.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Romano Beda
Titolo: Von der Leyen: dal bilancio Ue un potenziale da migliaia di miliardi – Dal bilancio europeo migliaia di miliardi per la ricostruzione
Tema: risorse Ue
La Commissione europea ha avvertito ieri che il rilancio economico dopo la fase di confinamento dettato dalla terribile pandemia influenzale provocata dal virus Covid-19 richiederà «enormi investimenti» per migliaia di miliardi. La presa di posizione è giunta mentre oggi il Parlamento europeo dovrebbe approvare una risoluzione in cui i principali partiti si dicono favorevoli a nuove obbligazioni dedicate alla ripresa economica e garantite dal prossimo bilancio europeo. «Il prossimo bilancio deve essere la risposta alla crisi sanitaria – ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in una conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel -. Dovrà essere diverso dai bilanci normali». L’esecutivo comunitario vuole presentare entro fine mese un nuovo progetto per il 2021-2027 dopo che la proposta precedente non solo è stata bocciata dai Paesi membri ma è anche ormai drammaticamente superata dagli eventi. La signora von der Leyen non è entrata nei dettagli ieri, parlando genericamente del bisogno per l’Europa di «un nuovo Piano Marshall». L’attuale bilancio comunitario per il periodo 2014-2020 ha un valore di circa 1.000 miliardi di euro. Nessuno si aspetta che la stessa somma sia sufficiente sia per finanziare il funzionamento normale dell’Unione sia per affrontare le conseguenze economiche dell’attuale crisi sanitaria. L’ex ministra tedesca ha spiegato che nel quadro del bilancio europeo e attraverso la leva finanziaria bisognerà mobilitare investimenti dell’ordine non di miliardi di euro, ma di migliaia di miliardi di euro. Il problema è come finanziare il nuovo bilancio che attualmente dipende da contributi nazionali e solo in minima parte da risorse proprie.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Basso Francesca
Titolo: Von der Leyen: l’uscita dalla crisi? Dovrà essere graduale e coordinata
Tema: risorse Ue
L’uscita dal lockdown causato dal diffondersi del coronavirus dovrà essere «graduale» e «coordinata» tra gli Stati membri, che però hanno autonomia decisionale. Nel presentare le linee guida della «fase 2», che «non sono un segnale per togliere le misure di contenimento», la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha anticipato insieme al presidente del Consiglio Ue Charles Michel anche la strategia economica per la ripresa, che sarà sottoposta al vertice dei capi di Stato e di governo del 23 aprile e che sara incentrata sul prossimo bilancio Ue 2021-2027. Serve un «Piano Marshall europeo», ha ribadito von der Leyen ricordando che finora sono state adottate misure per 3 mila miliardi. I leader dei 27 Stati membri dovranno compiere l’ultimo miglio, quello che l’Eurogruppo del 9 aprile scorso non è riuscito a percorrere: mettersi d’accordo su come finanziare il Recovery Fund — il Fondo per la ripresa — che dovrà mettere a disposizione dei governi almeno 500 miliardi (con la consapevolezza che ce ne vorranno molti di più), che andranno ad aggiungersi ai 540 miliardi già individuati dai ministri finanziari attraverso la nuova linea di credito del Mes, la Bei e lo schema per contrastare la disoccupazione SURE (meccanismo che potrebbe essere usato anche per il Recovery Fund, su cui discuterà già oggi l’Ecofin). Il prossimo Quadro finanziario pluriennale dell’Ue sarà di «trilioni», cioè migliaia di miliardi, ha detto von der Leyen, spiegando che dovrà essere «completamente diverso» da quello che terminerà nel 2020 e strutturato in modo da consentire di lanciare «nei primi due o tre anni» un’enorme iniziativa per gli investimenti. Ma soprattutto, ha osservato von der Leyen, è lo strumento «adatto» perché è «accettato» dagli Stati (il no agli eurobond dei Paesi nordici con Germania e Olanda in testa non è stato superato) ed è stato «sperimentato per le politiche di coesione e di convergenza».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Reichlin Lucrezia
Titolo: Ecco cosa chiedere all’Europa – La trattativa per la ripresa: ecco cosa chiedere all’Europa
Tema: Mes, l’Italia e l’Europa
Stupisce l’insistenza italiana sulla posizione «o Eurobond o morte». E rincuora vedere che oggi molti l’hanno corretta. C’è chi sostiene che puntare tutto sugli Eurobond sia stata una calcolata posizione negoziale. In ambedue i casi si tratta di prestiti che, se fossero sottoscritti, andrebbero a pesare sul nostro bilancio, ma il tasso sarebbe favorevole in quanto garantito da tutti i Paesi. Inoltre il rischio di credito, qualora un Paese non ripagasse il prestito sarebbe comune, quindi mutualizzato. La differenza tra questo strumento e l’Eurobond è che qui sono i Paesi che si indebitano mentre nel caso di un Eurobond emesso da un veicolo speciale, sarebbe il veicolo. Se il prestito Sure o il prestito Mes fossero a scadenza lunga — diciamo 20-30 anni — e il tasso minore di quello che l’Italia può ottenere dal mercato, come è ragionevole pensare, il trasferimento implicito sarebbe enorme e maggiore di quello ottenibile con un Eurobond. Un lavoro recente ha stimato che nel caso della Grecia l’allungamento dei prestiti Mes a trent’anni ha costituito un trasferimento netto pari al 40% del Pil greco del 2011. Il problema di quei prestiti era la pesante condizionalità, ma in questo caso la condizionalità non c’è. Il punto cruciale da fare valere sul tavolo negoziale del Consiglio europeo del 23 aprile, invece, è la scadenza del prestito Mes. Si intuisce che la scadenza prevista sia di due anni alla fine dei quali, se non si fosse in grado di rimborsare il prestito, non ci sarebbe altra scelta che attingere alla linea di credito tradizionale che richiede condizionalità. Questo è effettivamente problematico e potrebbe essere destabilizzante.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Monti Mara
Titolo: Cdp apre il mercato dei Covid bond con 1 miliardo – Cdp apre il mercato dei Covid bond con 1 miliardo
Tema: Cdp
La Cassa Depositi e Prestiti riapre il mercato degli emittenti italiani assenti dallo scoppio della pandemia, ma soprattutto è il primo emittente italiano e una delle prime entità europee non sovranazionali ad avere collocato un Social Response Bond legato al Covid-19. La società ha affrontato il mercato del reddito fisso in piena crisi pandemica e in una seduta estremamente sotto pressione riuscendo nell’intento di collocare l’intero ammontare pari a un miliardo di euro raccogliendo richieste per 1,9 miliardi di euro. «Con questa operazione Cdp sosterrà ulteriormente imprese e pubblica amministrazione, in un’ottica di rafforzamento della loro capacità di risposta alla situazione di crisi e di rilancio – ha commentato l’ad di Cdp, Fabrizio Palermo -. Inoltre, la domanda registrata rappresenta un segnale positivo nei confronti dell’Italia». In una seduta in cui lo spread tra il BTp e il Bund tedesco si è ulteriormente allargato, il bond in due tranche entrambe da 500 milioni per attirare gli investitori ha offerto un premio sulle quotazioni del mercato secondario tra i 10 e 15 punti base: in particolare la tranche a tre anni è stata collocata in area 40 punti punti base sul BTp di scandenza identica con una cedola dell’1,5% e il sette anni con una cedola del 2% in area 45 punti base. Ad attirare gli investitori è statala tranche a più lunga scadenza che è stata collocata oltre confine per il 5o%(Francia 23%, UK 13%, Germania 10%). Banche, tesorerie, assicurazioni e asset management sono stati i principali investitori.
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Societa’, istituzioni, esteri
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Barlaam Riccardo
Titolo: Congelamento dei fondi Oms, l’Europa attacca Trump
Tema: Oms, lo stop di Trump
Donald Trump il primo maggio vuole riaprire l’America, seguendo le indicazioni dei consiglieri economici e non quelle degli scienziati. I governatori di venti Stati americani sarebbero pronti a seguirlo. Mentre i dieci governatori degli Stati più ricchi di East e West Coast continuano a mostrare prudenza stretti nella morsa del coronavirus: il governatore dello stato di New York Andrew Cuomo ha appena annunciato l’obbligo per tutti i cittadini a indossare la mascherina in pubblico, dopo che la città di New York ha aggiunto 3.770 morti al totale di oltre 10mila, per giustificare le vittime delle ultime settimane senza una diagnosi confermata. Trump prepara la fase due. Nelle prossime ore annuncerà il nome del suo “zar” che dovrà coordinare le azioni per la ripartenza della prima economia mondiale. Non si placano intanto le polemiche sull’annuncio di Trump di cancellare lo stanziamento annuale all’Oms. Lo aveva promesso e lo ha fatto. L’Organizzazione mondiale della sanità è accusata dal presidente americano di aver agito in ritardo e di aver coperto la crisi in Cina. Il capo della politica estera della Ue, Josep Sorrell, ha espresso «profondo rammarico perla decisione degli Stati Uniti di sospendere i finanziamenti all’Oms» perché «non vi è alcuna ragione che giustifichi tale mossa in un momento in cui i loro sforzi sono più che mai necessari». Bill Gates ha definito la scelta di Trump, nel pieno di una pandemia, molto pericolosa: «Il mondo ha bisogno dell’Oms». Critiche al dietrofront americano sono arrivate dal segretario dell’OnuAntonio Guterrez: «Non è il momento di ridurre i fondi all’Oms ma è il momento di lavorare tutti insieme contro il virus». Gli Stati Uniti sono il maggiore contributore dell’Agenzia Onu con oltre 400 milioni all’anno.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Sarcina Giuseppe
Titolo: Processo all’Oms
Tema: Oms, lo stop di Trump
La comunità internazionale stronca la decisione annunciata dal presidente americano, martedì 14 aprile: «Ho deciso di sospendere i contributi all’Organizzazione mondiale della Sanità. Non lo faccio per i soldi, ma perché ha sbagliato tutto nella gestione della pandemia. I suoi errori sono costati molte vite umane». Trump, sostanzialmente, rimprovera all’Oms di aver «protetto la Cina» non indagando a fondo sulle notizie in arrivo da Wuhan. Il governo Usa, quindi, bloccherà per un periodo tra 60 e 90 giorni le somme già impegnate per il biennio 2020-2021 e cioè 237 milioni di dollari per le spese di base più altri 656 milioni di versamenti volontari per programmi specifici. La quota statunitense vale il 20% delle risorse a disposizione dell’agenzia Onu. Quello di Trump è anche l’ennesimo strappo nella rete delle relazioni multilaterali. E così il leader statunitense incassa le critiche di tutti: dalla Russia alla Cina, dall’Iran alla Germania e al resto d’Europa. I democratici lo accusano di voler distogliere l’attenzione dai suoi errori di gestione, dalla sottovalutazione iniziale del contagio. La Cnn rispolvera un tweet trumpiano del 24 gennaio: «La Cina sta lavorando duramente per contenere il coronavirus. Gli Stati Uniti apprezzano grandemente i loro sforzi e la loro trasparenza. In particolare, a nome del popolo americano, voglio ringraziare il Presidente Xi». C’è, però, anche un’altra pista che attraversa le complicate relazioni tra le due super potenze economiche. Finora Trump ha tenuto a freno le figure più ostili a Pechino, a cominciare dal Segretario di Stato, Mike Pompeo e dai generali del Pentagono. II virus, però, sta facendo crescere una corrente anti-cinese nelle istituzioni di vertice, come il Congresso. II senatore repubblicano Tom Cotton propone addirittura di imporre alle multinazionali statunitensi di rientrare dal grande Paese asiatico. Cotton è un interlocutore assiduo di Trump.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Gaggi Massimo
Titolo: Trump firma gli assegni per i cittadini – La firma di The Donald sui 70 milioni di assegni per aiutare gli americani
Tema: sostegni ai cittadini Usa
La firma di Donald Trump su 70 milioni di assegni per sostenere le famiglie in tempi di coronavirus che nelle prossime settimane arriveranno a 70 milioni di americani. Che il presidente stia gestendo l’emergenza Covid-19 con gli occhi fissi alle elezioni di novembre è noto da tempo. L’Irs (Internal Revenue Service), l’agenzia del Tesoro che gestisce entrate fiscali e rimborsi, si è sempre opposta a interferenze esterne. Anche quelle della Casa Bianca, anche più limitate. Nel 2001 quando, col bilancio federale in attivo, George Bush restituì a ogni contribuente una cifra variabile tra i 300 e i 600 dollari, l’Irs respinse la sua richiesta di inserire nella lettera d’accompagnamento una frase nella quale il governo rivendicava il merito di aver messo soldi nelle tasche dei cittadini. Ma Trump, si sa, non si rassegna facilmente. Lunedì sera, racconta il Washington Post, è stato trovato l’escamotage: l’assegno (1.200 dollari per gli individui che guadagnano meno di 75 mila dollari l’anno, 2.400 per le coppie con un reddito complessivo inferiore ai 150 mila dollari) sarà firmato da un funzionario, ma in basso a sinistra, nello spazio riservato alla causale, ci sarà anche la firma del presidente e la scritta «Economic Impact Payment». Polemiche inevitabili non solo per la cosa in sé, ma anche perché la decisione, formalizzata martedì mattina, secondo funzionari anonimi dell’Irs (e anche secondo gli esperti) è destinata a ritardare l’emissione degli assegni (ne saranno inviati 5 milioni a settimana).
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Bufacchi Isabella
Titolo: Germania, lockdown fino al 3 maggio con qualche riapertura
Tema: coronavirus, le decisioni di Merkel
La Germania si prepara ad allentare gradualmente le restrizioni imposte da circa un mese dal lockdown per contenere il coronavirus, mantenendo saldo al tempo stesso il rigoroso monitoraggio dell’andamento dei contagi, anzi rafforzando il controllo sulle catene di contagio: il ritorno a un rapporto di contagio da 1 a 1,3 persone post-allentamento (attualmente 1,2) farà scattare l’allarme rosso e il rischio di una nuova possibile stretta. I «piccoli passi» annunciati ieri dalla cancelliera Angela Merkel, dopo una riunione durata qualche ora con i governatori-presidenti dei 16 Länder, sono un insieme di aperture scaglionate con prudenza e precisione. I primi a partire il 20 aprile saranno alcuni piccoli negozi e qualche grande rivenditore: purché siano in grado di mantenere al loro interno la distanza di sicurezza di 1,5 metri e le indicazioni per la massima igiene. Aperti i parrucchieri ma non i ristoranti. Le chiese resteranno chiuse fino al 3 maggio. Riapriranno anche le scuole, dal 27 aprile a partire dall’ultimo anno di maturità dei licei e per ultime avranno meno restrizioni le scuole elementari e gli asili: con una inevitabile frammentazione regionale per via del sistema federale. I grandi eventi non potranno tenersi almeno fino alla fine di agosto. L’uso delle mascherine, per il momento, non è obbligatorio su scala federale: ma ne è stato raccomandato ieri l’uso, soprattutto nei mezzi pubblici, dentro i negozi. Fino al 3 maggio, l’obbligo della distanza di sicurezza di 1,5 metri e l’uscita all’aperto per un massimo di due persone o nuclei familiari resta in vigore. La prossima riunione del governo e dei governatori regionali è stata fissata per il 30 aprile: per valutare l’impatto della prima tranche di allentamenti sull’andamento dei contagi.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Valentino Paolo
Titolo: Berlino riapre scuole e negozi Le industrie? Mai state chiuse
Tema: coronavirus, le decisioni di Merkel
Contro la pandemia «abbiamo avuto dei risultati che all’inizio non erano affatto scontati, ma il nostro è un successo temporaneo e fragile», avverte Merkel. E con la sua tranquilla franchezza, chiede ai cittadini di «capire che la società dovrà convivere con il Covid-19 finché non ci saranno medicine specifiche e soprattutto un vaccino». A partire da lunedì prossimo, potranno riaprire gli esercizi commerciali con una superficie inferiore a 800 metri quadrati e comunque tutti i concessionari d’auto, i negozi di biciclette e le librerie, sotto la condizione che rispettino rigorosamente le misure igieniche e presentino un piano atto a garantire la sicurezza dei clienti. E stata concordata anche la graduale riapertura delle scuole a partire dal 4 maggio, iniziando dalle ultime classi e da quelle che prevedono esami o che segnano il passaggio da un ciclo a quello successivo. Rimarranno invece ancora chiusi asili nido e elementari, dov’è più difficile per gli insegnanti far rispettare ai bambini le misure di prevenzione e sicurezza. Merkel ha sottolineato che questo cauto avvio di normalizzazione della vita pubblica rende tanto più «importante che si riesca a seguire meglio le catene d’infezione». A tale scopo, verrà concretizzato il progetto di un’applicazione per smartphone che servirà a tracciare chiunque sia risultato positivo e i suoi contatti.
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Testata: Stampa
Autore: Stabile Giordano
Titolo: Haftar strozza il governo col petrolio Persi 4 miliardi
Tema: Libia
Il blocco alle esportazioni di petrolio imposto da Khalifa Haftar è costato finora alla Libia «quattro miliardi di dollari». È la cifra fornita dalla compagnia nazionale, la Noc, in base ai calcoli fatti sui minori introiti dal 17 gennaio, quando il maresciallo ha bloccato tutti i terminal petroliferi del Paese, tranne uno ancora in mano al governo di Fayez al-Sarraj. La conseguenza è stata prima il collasso dell’export e della produzione, scesa da 1,1 milioni di barili al giorno a meno di 70 mila. Con i pozzi chiusi ha sospeso le operazioni anche la raffineria di Zawia, che rifornisce di carburanti la capitale, e quindi adesso Tripoli è costretta a importare benzina e gasolio. Un paradosso per uno dei più ricchi Stati petroliferi, che prima della caduta di Gheddafi nel 2011 produceva fino a 1,7 milioni di barili di greggio al giorno. Anche Haftar ha perso parte dei suoi introiti, perché un quota delle royalties veniva girata dalla Banca centrale libica alle autorità di Tobruk, in base agli accordi del 2015 che avrebbero dovuto portare alla riconciliazione nazionale. Una prospettiva adesso lontanissima. Il calcolo del maresciallo è quello di strangolare a tutti i costi l’esecutivo di Tripoli, anche a livello finanziario. L’assalto alla capitale, lanciato con un blitz a sorpresa il 4 aprile dello scorso anno, si è impantanato in una guerra di posizione alla periferia della città, due milioni di abitanti. E nel giorno di Pasquetta le milizie fedeli ad Al-Sarraj hanno messo a segno una vittoria importante. Hanno conquistato Sabrata, la cittadina celebre per il suo teatro romano, e tutte le altre località lungo la costa occidentale in mano al maresciallo.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Frattini Davide
Titolo: Rimandato il governo dei due rivali (che litigano sui giudici)
Tema: Israele
Il presidente ha concesso lunedì 48 ore in più perché riescano a mettersi d’accordo e — minaccia — non è disposto a regalare altri due giorni perché ci riescano davvero. Gantz e Netanyahu si sono incontrati prima della mezzanotte di ieri, prima dell’ultima scadenza, per riuscire a superare le divergenze e mettere insieme un governo di unità per combattere l’emergenza coronavirus. Sembra difficile che possano smussare la rivalità di un anno ininterrotto di campagna elettorale, durante il quale l’ex capo di Stato Maggiore aveva promesso di non accettare mai di sedere al governo con il primo ministro in attesa di processo per corruzione. Uno dei punti di disaccordo è proprio la magistratura, Netanyahu e il Likud vorrebbero cambiare le commissioni che nominano i giudici, Gantz si oppone. Il militare entrato in politica ha ottenuto un mese fa il mandato per formare un governo. A sorpresa — per i suoi alleati e per i suoi elettori — ha scelto di cercare un’intesa con Netanyahu: i due avversari dovrebbero ricoprire a turno il ruolo di primo ministro. Se Gantz oggi ritorna alla residenza del presidente senza una lista dei ministri, il parlamento ha tre settimane per trovare un candidato premier. Rivlin potrebbe alla fine decidere di concedere ancora giorni, ma vuole ricevere assicurazione che l’accordo sia possibile.
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Testata: Messaggero
Autore: P.F.
Titolo: Corea del Sud, voto dopo il virus: trionfano Moon e la sua stretta – Corea, paga la strategia anti-virus: Moon vince le elezioni
Tema: Corea del Sud
Tutti ai seggi tra mascherine, guanti, gel disinfettanti e distanziamento: la Corea del Sud ha superato la sfida della prova elettorale tenuta in tempi di pandemia E in tantissimi sono andati alle urne: il voto per rinnovare i 300 seggi dell’Assemblea nazionale, il parlamento unicamerale, ha vasto l’affluenza saIire dal 58% del 2016 al 66,2%, il livello più alto dal 1992, grazie all’inattesa mobilitazione di 29,1 milioni di elettori su 44 milioni di iscritti nelle liste. Il presidente Moon Jae-in ha incassato una vittoria in una prova trasformatasi in un “referendum” su di lui (con un gradimento popolare salito al 55%) e la sua gestione dell’emergenza coronavirus, tanto efficace da essere indicato come un modello da seguire. Il Partito Democratico, di cui Moon è il punto di riferimento, e gli alleati del Platform Party hanno strappato la maggioranza assoluta, secondo gli exit della tv pubblica Kbs. E il trend è stato confermato dalle schede reali che, ai due terzi dello spoglio condotto con guanti, mascherine e visiere protettive ami-contagio, hanno attribuito in piena notte alla coalizione di governo circa 170 seggi, tra quota maggioritaria e proporzionale. La principale forza d’opposizione United Future Party e l’alleato Future Korea Party si sono fermati intorno a quota 120.
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PRIME PAGINE
IL SOLE 24 ORE
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CORRIERE DELLA SERA
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LA REPUBBLICA
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LA STAMPA
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IL MESSAGGERO
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IL GIORNALE
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LIBERO QUOTIDIANO
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IL FATTO QUOTIDIANO
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