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SINTESI IN PRIMO PIANO – 16 febbraio 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:
– Tensioni con Renzi, Conte va al Colle
– M5S, migliaia a Roma per l’iniziativa anti-vitalizi
– «Facciamo come gli inglesi». Salvini attacca l’Ue
– Bankitalia allarga la platea dei soci
– Virus, primo morto in Francia

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Alt a Renzi, Conte va al Colle – Conte a colloquio con Mattarella Alleati convinti: i voti ci sono
Tema: tensioni Renzi-governo

Un lungo incontro al Quirinale, nella mattina di ieri. II presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato a lungo della situazione di tensione nella maggioranza e nel governo, diventata esplosiva dopo che i parlamentari di Matteo Renzi hanno votato più volte con l’opposizione e dopo che le due ministre di Italia viva hanno disertato la riunione del Consiglio. Una situazione difficilmente sostenibile. Il premier è convinto che i voti al Senato per non far cadere il governo ci sono. E ci sono senza il ricorso ai cosiddetti «responsabili». Un ingresso che, in accordo con il Pd, si vuole evitare. Nessun trasformismo, è la parola d’ordine. I voti ci sono e verrebbero dalle stesse file di Italia viva, con almeno cinque senatori delusi dalla politica del loro leader che sarebbero pronti a uscire. «Si può fare, dipende solo dalla scelta che farà il premier, la decisione sta a lui», si continua a ripetere al Nazareno. Non è però sul tema della prescrizione che si consumerebbe lo strappo. Non lo vogliono i senatori transfughi di Italia viva, non lo vuole il Pd e non lo vuole il premier. Quella riforma è finita su un binario a lunga percorrenza proprio per toglierla dal tavolo del confronto. Si è convinti che sulla prescrizione l’assalto di Renzi sia solo strumentale, che l’unico suo scopo sia il logoramento di Conte e di Zingaretti. E quindi non mancheranno nuovi temi di frizione, che renderanno evidente il vero scopo dell’ex premier e necessario lo strappo che lo porti fuori dal governo e dalla maggioranza. Conte nell’incontro riservato con il capo dello Stato, ha detto che è comunque deciso ad andare dritto con l’azione di governo, si vedrà in Parlamento se davvero Italia viva è compatta o non rischia di perdere pezzi di fronte all’ipotesi di una crisi e di urne anticipate.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Labate Tommaso 
Titolo: L’assedio ai senatori di lv Anche Renzi teme defezioni e cerca «controresponsabili»
Tema: tensioni Renzi-governo

I nomi dei renziani pronti a saltare il fosso, a mollare Italia viva, a ritrovare un approdo sicuro nelle file del Partito democratico di Nicola Zingaretti o in quel gruppo di «responsabili» che verrebbe fuori al Senato a mo’ di polizza vita sulla sopravvivenza della maggioranza, circolano nel tam-tam di Palazzo. Renzi quei nomi li conosce. Conosce i sospetti, fondati o meno, che si addensano su di loro. Su Giuseppe Cucca così come su Donatella Conzatti, su Eugenio Comincini così come su Leonardo Grimani, su Gelsomina Vono, forse addirittura su Ernesto Magorno. Molti di loro, nelle ultime ventiquattr’ore, hanno messo nero su bianco delle mezze smentite a mezzo social. Ma la scommessa dell’ex premier è addirittura quella di avere qualche senatore «in piu». Dove per qualcuno si intendono due o tre eletti a Palazzo Madama con cui l’ex presidente del Consiglio giura di avere contatti di diretti, riservatissimi. Già perché non ci sono soltanto i fantomatici «responsabili», in questo incrocio pericoloso in cui si scontrano Renzi e il governo Conte, Italia viva e il Pd, il ministro Bonafede e quella mozione di sfiducia che l’ex premier continua a minacciare. Non ci sono soltanto le ipotesi più disparate, compresa quella che vuole i socialisti di Riccardo Nencini pronti a togliere «il marchio» al gruppo del Senato in cui hanno preso casa i renziani. Ma ci sono anche i possibili «controresponsabili», una manciata di jolly nascosti che il fu Rottamatore dice di essere pronto a estrarre dal taschino. Renzi, a ragione o a torto, sente di essere all’inizio di una battaglia.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Al.T. 
Titolo: Di Maio si riprende la piazza 5 Stelle
Tema: M5S

Si chiude con il gran ritorno di un inno che era finito nel cassetto — «Non siamo un partito, non siamo una casta, siamo cittadini punto e basta» — e con un bagno di folla per Luigi Di Maio che non è più il capo politico, ma si comporta ancora come tale, stringendo mani, omaggiando la folla e riprendendosi la sua piazza, visibilmente soddisfatto. Tanto che appena compare sul palco, come per magia («tutto spontaneo», giurano dallo staff) parte l’Inno d’Italia. E dunque il Movimento, che ha perso quote consistenti di elettori nei sondaggi, toma a lanciare slogan di lotta, come se fosse ancora all’opposizione, come se non avesse fatto un governo con la Lega e come non fosse ora in un esecutivo con il Partito democratico, Leu e IV. Piazza Sant’Apostoli è piena, anche se non è certo una piazza gigantesca. Si parla di 4-5 mila presenti, anche se i dati di questura e 5 Stelle, per una volta, convergono su 9-10 mila partecipanti, arrivati da tutta Italia con 90 pullman. Molte bandiere e soprattutto manifestini che suscitano stupore. Perché la scritta più ricorrente è: «Insieme siamo una forza, no ad alleanze». Che c’entrano le alleanze alle Regionali, si chiedono in molti, con la piazza contro i vitalizi? Nulla, in effetti. Ma in questi giorni si gioca una partita importante sull’identità del Movimento. C’è una parte dei parlamentari — Roberto Fico, Luigi Gallo, Federico D’Incà, Stefano Patuanelli — che vorrebbe convergere verso il Pd, molti altri guardano ancora con una certa nostalgia in direzione della Lega. A un certo punto si sparge la voce che i manifesti siano stati prodotti su input di Pietro Dettori, consigliere alla Farnesina, quindi di Di Maio. La Comunicazione del Senato nega: «Sono stati i militanti campani a portarli». Fatto sta che la manifestazione ne è piena e nessuno contraddice il niet al Pd. Anche perché il palco è tutto dalla parte di chi vuole stare ben lontano dai dem, governo a parte.
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Testata:  Espresso 
Autore:  Fittipaldi Emiliano 
Titolo: Ric, Bob e il grande gioco
Tema: nomine

Qualche giorno fa, nell’ufficio di Riccardo Fraccaro quelli che comandano davvero hanno aperto un grande tabellone, si sono seduti intorno a un tavolo di legno, hanno preso le loro pedine e hanno cominciato a giocare al gioco del potere. Quello vero. E proprio nella stanza di Palazzo Chigi del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che i referenti dei partiti di maggioranza e gli addetti alle nomine stanno trattando il futuro delle aziende di Stato, disegnando la nuova mappa del deep state italiano. Tra grandi e piccole partecipate pubbliche sono infatti in scadenza poco più di 300 poltrone tra amministratori delegati, presidenti e membri di cda, a cui si aggiungono una cinquantina di posti nei collegi sindacali. Oltre a big come Eni, Enel, Poste, Leonardo, Enav e Terna ci sono anche le authority, scandalosamente in prorogatio da un anno e mezzo, e altre aziende come la Rai che, seppur senza manager in scadenza, potrebbero essere rivoltate come un calzino. Insomma, da qui a fine giugno si prospetta un’abbuffata da record, decisiva nell’assetto futuro del potere nazionale. Per i Cinque Stelle, deliberano solo Fraccaro, Luigi Di Maio e (con meno peso di un tempo) Davide Casaleggio. Stefano Buffagni – nel Conte Uno indiscusso principe delle nomine grilline – ha perso quota, soprattutto a causa delle sue coerenti simpatie leghiste. Nell’ultima infornata di manager in Cassa depositi e prestiti non c’è nemmeno un neo consigliere a lui riferibile: amministratori delegati, aspiranti tali e lobbisti assortiti l’hanno capito, e ormai bussano quasi esclusivamente alla porta di “Ric”, come chiamano Fraccaro alcuni funzionari e dirigenti d’azienda che fino a due mesi fa non sapevano nemmeno chi fosse. I pentastellati, forti della loro cospicua pattuglia parlamentare, chiedono la fetta maggiore di posti di rilievo. Ma in realtà è il Partito democratico che farà la parte del leone nella spartizione delle spoglie. Chi dà le carte nel Pd è, in primis, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’ex europarlamentare per scegliere i nomi giusti si interfaccia non solo con Zingaretti, ma anche con Massimo D’Alema, consigliere ombra di Leu.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Rebotti Massimo 
Titolo: Viaggi in Usa, sondaggi e maxi cene con i fan L’agenda di Giorgia che preoccupa Matteo
Tema: FdI

Giorgia Meloni, secondo le rilevazioni Ipsos, è stabilmente sul podio dei leader più apprezzati: il premier Conte in testa, lei e Salvini a battersi per il secondo posto. Poi ci sono i sondaggi sul partito, in crescita costante fino al 12%, un record, registrato a inizio febbraio. Infine, ed è il «mattone» più robusto, ci sono i voti veri: in Emilia-Romagna (8,6%) e Calabria (10,9%) FdI è stato il partito che proporzionalmente è aumentato di più. Di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, con il gotha dei giornali internazionali che la intervista come potenziale alternativa (sempre sovranista) a Salvini, inserita dal Times tra le 20 personalità che possono influenzare la politica europea nel 2020, il «momento magico» di Meloni poggia su fondamenta solide o è effimero come capita alle leadership di questi tempi? «Lei ha ricucito, lentamente, con tenacia, un mondo che era andato in pezzi», risponde Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche a Perugia. Il «mondo» è quello di Alleanza nazionale, il contenitore post missino che ideò Gianfranco Fini nel 1994. Eppure quella di An sembra una storia lontanissima: «Niente di più sbagliato — sorride Piero Ignazi, politologo dell’università di Bologna — le tradizioni politiche resistono per decenni». Quindi, anche se la politica si e fatta mutevole e pop, nell’ascesa di Giorgia Meloni c’è un tratto «tradizionale». Il professor Marco Tarchi, che insegna Scienze politiche a Firenze e che in un lontano passato è stato considerato un ideologo della nuova destra, la spiega così: «C’è un’area di opinione di destra che fatica a riconoscersi in certi atteggiamenti di Salvini, che giudica troppo aggressivi, sguaiati, “plebei”. FdI è riuscita, almeno per adesso, a riscuotere attenzione in questi ambienti». Quindi, concordano i tre professori, la popolarità di cul gode la leader ha una «base».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cremonesi Marco 
Titolo: «Facciamo come gli inglesi» Salvini attacca l’Ue, poi precisa
Tema: Lega

Dopo la svolta, la controsvolta. Matteo Salvini ha preso la parola ieri mattina con un Facebook live per dire che «o l’Europa cambia oppure non ha più senso di esistere». Per poi aggiungere: «Gli inglesi hanno dato dimostrazione che volere è potere. O si sta dentro cambiando le regole di questa Europa oppure, come mi ha detto un pescatore di Bagnara Calabra, “ragazzi, facciamo gli inglesi”». Insomma: «O le regole cambiano o altrimenti è inutile stare in una gabbia dove ti impediscono di fare il pescatore, il medico e il ricercatore». Toni e accenti in fondo tutt’altro che nuovi nella Lega e anche da parte di Salvini stesso. Peccato soltanto che la settimana era cominciata con un’assai pubblicizzata conferenza alla Stampa estera, convocata proprio per riposizionare il partito rispetto ad alcuni temi, primo tra tutti l’Unone Europea: «La nostra priorità non è uscire da qualcosa, ma la crescita economica». Data, 13 febbraio. II giorno dopo, con un’intervista al Corriere, un Giancarlo Giorgetti fresco di nomina a responsabile Esteri del partito, era stato ancora più chiaro: «Noi non vogliamo uscire». Un giorno, ancora, il 15 febbraio, arriva la controsvolta: «Facciamo gli inglesi». I suoi spiegano che la linea è quella annunciata di fronte ai giornalisti stranieri, anche se in qualche specifico caso, o contesto pubblico, ci può essere qualche sfumatura diversa. Resta il fatto che i leghisti avevano ribattezzato la conferenza alla Stampa estera come «operazione credibilità internazionale». Più tardi, sarà lo stesso leader leghista a precisare la sua dichiarazione: «Continuiamo testardamente da anni a dire le stesse cose. O l’Europa cambia o muore. È quello che dice anche Giorgetti, stiamo lavorando come matti per cambiare alcune regole europee»
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Testata:  Giornale 
Autore:  Sallusti Alessandro 
Titolo: Salvini, l’Europa e il gioco di spararle grosse
Tema:Lega

Matteo Salvini cambia idea un’altra volta. «O cambia tutto oppure dovremmo fare come gli inglesi e uscire dall’Europa», ha detto ieri. Qualche sospetto mi viene riguardo Salvini, che sull’Europa ha cambiato due o tre volte idea in pochi mesi. E diciamo pure che in economia non è stato un fulmine di guerra come in altri ambiti: i tre grandi provvedimenti economici approvati dalla Lega nei mesi in cui ha governato con i Cinque Stelle (reddito di cittadinanza, quota cento e salva imprese) non hanno certo dato i risultati sperati e annunciati, tanto che il Paese è andato indietro invece che avanti. Detto questo, non credo che Salvini sia così sprovveduto da credere davvero che l’Italia possa seguire l’esempio inglese: noi non abbiamo la Sterlina, né la bomba atomica e neppure il petrolio del Regno Unito, ma soprattutto non siamo inglesi ma italiani. Penso piuttosto che il leader della Lega sia preoccupato della continua crescita del partito amico, ma allo stesso tempo rivale, di Giorgia Meloni, e che per questo provi a coprirsi il fianco presso l’elettorato più convintamente sovranista da sempre vicino a Fratelli d’Italia. Vedremo quale sarà la contromossa della Meloni, ma non vorrei che nel centrodestra iniziasse una gara a chi la spara più grossa per vedere l’effetto che fa sui sondaggi. Di chiacchieroni, venditori di fumo e improvvisati economisti nella politica italiana ce ne sono già abbastanza-
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Negri Giovanni 
Titolo: Sulla prescrizione è solo armistizio Riforma Bonafede al test processi
Tema: giustizia
La guerra non è finita. E la prescrizione rischia di agitare ancora per parecchio tempo l’agenda politica e non solo. Perché alla fine la decisione del Governo di innestare il lodo Conte bis nel più ampio disegno di legge di riforma del processo penale ha permesso a 5 Stelle, Pd e Leu, di uscire dall’impasse nella quale da giorni si trovavano impantanati per la guerriglia di Italia Viva, e tuttavia ha come effetto quello di prolungare a oltranza l’operatività della riforma Bonafede, che invece si intende correggere. Le ragioni sono evidenti: dal 1° gennaio è in vigore il blocco dei termini dopo la sentenza di primo grado, indipendentemente dal suo contenuto, di condanna o assoluzione; gli effetti si potranno misurare solo tra qualche tempo, certo, quando andranno in prescrizione i primi reati contravvenzionali. Ma che un impatto ci possa essere da subito, per esempio sui tempi di durata del primo grado, è testimoniato dalla volontà del ministero della Giustizia di varare già la prossima settimana una commissione, nella quale dovrebbero essere presenti sia magistrati sia avvocati, per misurare da subito gli effetti della riforma. Nel frattempo quella soluzione tra il barocco, certo, e l’incostituzionale, per alcuni, sintetizzata nel lodo è e sarà ben lontana dall’entrata in vigore. Difficile infatti pronosticare un cammino parlamentare rapido per un disegno di legge delega, come sempre in realtà assai dettagliato però, che interviene su elementi cruciali del processo penale, dalla durata delle indagini preliminari ai riti alternativi, alle notifiche. E questo anche se al consiglio dei ministri di giovedì notte è arrivato un provvedimento privo di tutta la parte ordinamentale, senza cioè la riforma del sistema elettorale del Csm e la revisione delle regole per l’ingresso (e l’uscita) dei magistrati da cariche politiche. Bene che vada se ne riparlerà tra parecchi mesi e il rischio molto concreto è che la riforma della riforma più che su una corsia preferenziale sia finita su binario morto.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista ad Alfonso Bonafede – «Sfiducia sulla giustizia? Io non accetterò veti» – «Italia viva si è isolata, i veti non passeranno Io ho anche subito offese personali»
Tema: giustizia

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, capo della delegazione M5S nel governo, dice: «Sulla riforma del processo penale non ci possono essere veti. L’isolamento di Italia viva è irragionevole».Alla domanda se iI ritorno In piazza con slogan anticasta non destabilizza Conte Bonafede risponde: «Assolutamente no, non c’entra nulla con il governo. In piazza Santi Apostoli il Movimento ha rivendicato il diritto a difendere le battaglie che porta avanti da sempre, a cominciare dai vitalizi. È stata una occasione di incontro meravigliosa». E sulla riforma delle giustizia: «La mia riforma della prescrizione è già in vigore dal primo gennaio. Ma poiché a me interessa eliminare le impunità e velocizzare i processi ci siamo messi a lavorare. Con il Pd e con Leu, che pure ha un numero inferiore di parlamentari, si è lavorato alla pari. L’isolamento di Italia viva è totalmente irragionevole». Un pretesto per buttare giù Conte? «A un certo punto, quando dici no a qualsiasi cosa e ti metti a votare con l’opposizione, non stai facendo più il gioco di squadra. Che un processo su quattro vada in fumo ogni anno è un problema che andava affrontato, nessuno lo può mettere in dubbio. E noi con il processo penale velocizziamo i processi e ci allineiamo agli altri Paesi Ue, perché solo la Grecia ha un meccanismo simile a quello applicato sin qui in Italia, che ha comportato denegata giustizia».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Milella Liana 
Titolo: Intervista a Marta Cartabia – “Serve una giustizia dal volto umano” – Cartabia “La giustizia deve avere sempre un volto umano e stop ai processi troppo lunghi”
Tema: giustizia

«La giustizia deve sempre esprimere un volto umano». E «deve bilanciare le esigenze di tutti». «È evidente che i processi troppo lunghi si tramutano in un anticipo di pena anche se l’imputato non è in carcere». «Il carcere rispecchi il volto costituzionale della pena e dia al detenuto una seconda chance». «Partendo dal luogo più remoto della società, qual è appunto il carcere, la Corte sta portando la Costituzione ovunque. Perché laCostituzione e i suoi valori vivono e muoiono nella società». Tutto questo dice la presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia Presi secondo la quale «la giustizia deve sempre esprimere un volto umano: ciò significa anzitutto – come dice l’articolo 27 della Costituzione – che la pena non deve mai essere contraria al senso di umanità; ma anche che la giustizia deve essere capace di tenere conto e bilanciare le esigenze di tutti: la sicurezza sociale, il bisogno di giustizia delle vittime e lo scopo ultimo della pena che è quello di recuperare, riappacificare, permettere di ricominciare anche a chi ha sbagliato».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Scalfari Eugenio 
Titolo: L’editoriale – Il Papa rivoluzionario e il giovane che voleva farsi re – Il Papa rivoluzionario e il giovane re
Tema: Vaticano

Quando fu eletto nessuno pensava che Bergoglio sarebbe stato un Pontefice a suo modo rivoluzionario. Forse non lo pensava neppure lui sebbene la scelta del nome fosse ben consapevole del suo significato che poi il Papa stesso ha indicato: Francesco d’Assisi era mistico all’estremo, Bergoglio non lo era affatto ed è proprio per questa ragione, apparentemente contraddittoria, che quel nome fu scelto. Non era affatto mistico Bergoglio, a suo modo era rivoluzionario e la scelta di quel nome fu appunto la prima delle sue rivoluzioni. L’altra fu lo studio della modernità sociale nell’ambito della quale la chiesa cattolica era chiamata a operare. Bergoglio è stato ed è rivoluzionario. Mi è capitato talvolta di chiamarlo tale (eravamo diventati amici e credo di poter dire che lo siamo sempre di più). Io m’ero permesso di dirgli che la sua rivoluzione stava trasformando profondamente la Chiesa e lui talvolta, quando mi chiamava al telefono per fissare un appuntamento, si presentava dicendo «sono un rivoluzionario» e ci ridevamo insieme. Certamente lo è. Papa Francesco ha fatto del Dio Unico la divinità che domina il mondo. Mettere in luce questa “fratellanza” è stato ed è il compito che papa Francesco ha scelto e che sta in ogni modo perseguendo, ma anche lui con il tempo che passa ha alquanto modificato il suo modo d’essere. Alla fine del novembre scorso il Papa, tornando dal suo viaggio in Asia, alla domanda su che cosa può insegnare l’Oriente all’Occidente, ha risposto prontamente: «La poesia, è questo ciò che manca all’Occidente».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Santilli Giorgio 
Titolo: Porti e ponti: reti al collasso In 10 città la sfida Tav – La sfida Alta velocità: collegare altre 10 città e 10 milioni di utenti
Tema: infrastrutture

Da trenta anni sulla necessità degli investimenti ferroviari il dibattito è furioso. Ancora prima che arrivassero Danilo Toninelli e Marco Ponti al Ministero delle Infrastrutture con le analisi costi-benefici (e un approccio molto severo verso le ferrovie) il tema è se valga la pena sostenere o meno gli alti costi degli investimenti ferroviari per trasportare passeggeri e merci o, se si preferisce, quale sia la quantità di passeggeri e merci che giustifichi la spesa pubblica. I politici e i territori reclamano binari e collegamenti nella convinzione gli uni che gli appalti portino consenso, gli altri che le infrastrutture generino sviluppo. E non hanno torto: le autostrade degli anni 50 e la prima stagione della Cassa per il Mezzogiorno sono lì a dimostrarlo. Così come l’Alta velocità oggi. Oggi il tema centrale è estendere l’Alta velocità a quella parte d’Italia che ne è esclusa. Come confermano gli studi dell’Università Federico II di Napoli e di Ennio Cascetta le città «no Tav», che cioè sono fuori del circuito Tav, crescono meno dei quelle che stanno dentro. Naturale quindi che amministratori locali e imprese chiedano a gran voce – oggi più di ieri – di rientrarvi quanto prima o almeno di essere agganciate a quel circuito virtuoso. Non basta, in molti casi, qualche Pendolino vestito da Frecciargento o qualche autobus di collegamento con le stazioni Av. Oggi l’Alta velocità fa 40 milioni di passeggeri l’anno, più di sei volte dei 6,5 milioni con cui era partita nel 2009.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Caprino Maurizio – Morino Marco 
Titolo: Porti e viadotti, reti al collasso dal Brennero a Palermo
Tema: infrastrutture

Un Paese da codice rosso. Da Nord a Sud, dalle Alpi alla Sicilia, per il trasporto merci e per gli operatori della logistica gli ultimi mesi sono stati un calvario. La carenza di nuove infrastrutture si è avvertita ancora di più a causa della fragilità e vetustà di quelle esistenti: l’ultimo scorcio del 2019 è stato caratterizzato, sulle strade, dal crollo di un altro viadotto sulla A6 Torino-Savona (riaprirà al traffico il prossimo 21 febbraio) e da pesanti limitazioni alla circolazione sulla rete autostradale ligure e sulla dorsale adriatica, anche per accertati problemi di staticità. A queste si debbono aggiungere i forti rallentamenti sulla A7 Genova-Serravalle, interessata in più tratti da lavori che ne consentono il transito in una sola corsia per senso di marcia. Le limitazioni di sagoma e massa che interessano le autostrade liguri in diversi tratti hanno di fatto precluso la possibilità di effettuare trasporti eccezionali sulla rete autostradale ligure con pesanti ripercussioni sui traffici diretti ai porti della regione: Genova, Savona-Vado e La Spezia.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Pelosi Gerardo 
Titolo: Trump salva l’export di vino, olio e pasta Di Maio: grande riconoscimento – Di Maio: ora avanti tutta per il food italiano
Tema: dazi

C’è un senso di grande sollievo nel Governo e nelle organizzazioni delle aziende agroindustriali italiane per avere evitato nuovi aumenti tariffari Usa sui marchi alimentari del Made in Italy. Il nostro Paese esce indenne dalla revisione della lista dei prodotti soggetti a dazi che gli Stati Uniti avevano emanato lo scorso ottobre a seguito della sentenza del Wto sul caso Airbus (del quale l’Italia però non fa parte). Dal confronto tra i codici doganali riportati dall’ufficio del rappresentante Usa per il commercio (Ustr) nelle due liste, quella di ottobre e l’ultima, non risultano colpiti prodotti italiani. Negli ambienti di Palazzo Chigi si ricorda come il premier Giuseppe Conte sia consapevole che se l’Italia è salva altri Paesi europei sono stati colpiti duramente dalla misura americana. Conte si rallegra del fatto che il risultato raggiunto dal nostro Paese sia il frutto di «un grande e coordinato lavoro durato mesi a livello politico e diplomatico», ma esprime l’auspicio che sul complesso dei rapporti commerciali «Usa e Ue possano scrivere insieme un’agenda positiva e costruttiva che rispetti le notevoli capacità di export delle due sponde dell’Atlantico». Più dettagliata la reazione del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio che ricorda come «la decisione dell’Amministrazione americana di non colpire i prodotti dell’export agroalimentare italiano rappresenta un risultato di fondamentale importanza». Questo risultato, secondo il responsabile della Farnesina, «premia un’azione coerente del Governo e della rete diplomatica di puntare sulla qualità dei nostri prodotti. Per il settore agroalimentare il mercato americano già oggi conta per 5,4 miliardi di dollari. Vogliamo crescere ancora – aggiunge Di Maio – intercettando la domanda di Italia che risponde a precise scelte di consumatori consapevoli che sono alla ricerca di eccellenza».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Vino e cibi: tregua di 6 mesi sui dazi Usa
Tema: dazi

Alla fine il consigliere di Donald Trump, fautore di una linea intransigente nel commercio internazionale, ha deciso solo di ritoccare il dazio dal 10 al 15% sui velivoli dell’Airbus acquistati dalle compagnie aeree Usa. Per il resto «modifiche minori», si legge nel comunicato ufficiale, che non riguardano l’Italia. La Casa Bianca continuerà a «monitorare» i rapporti commerciali tra Usa e Ue. In ogni caso procederà a «nuova revisione dell’elenco» tra 180 giorni, circa sei mesi. Nel frattempo il governo italiano rivendica «il successo» dell’altro ieri, visto che il pericolo di un’escalation era reale. L’ultimo ministro in missione a Washington, Enzo Amendola, Affari europei, ha riconosciuto il lavoro «di tutto l’esecutivo, compatto e unito». In particolare ha «ringraziato il sottosegretario agli Esteri, Ivan Scalfarotto e il grande lavoro dell’Ambasciata italiana a Washington». C’è soddisfazione anche tra le categorie produttive più minacciate. Ecco Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano: «Accogliamo con entusiasmo questa notizia. Abbiamo lavorato nella direzione giusta, facendo squadra con le altre Indicazioni geografiche, credendo fermamente che la Commissione europea fosse l’unico tavolo sul quale portare avanti le trattative». Pietro Mastroberardino, presidente del gruppo vini di Federvini: «II mercato Usa rappresenta il primo sbocco per il nostro vino. Un trend che rischia di rallentare, perché rimane la spada di Damocle dei dazi. Le nostre aziende saranno di nuovo in ansia e non avranno modo di programmare investimenti e pianificare l’attività». Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, chiede «di riprendere la via del dialogo con gli Usa, ma anche di attivare al più presto aiuti compensativi ai settori colpiti che rappresentano più del 10% totale delle esportazioni Usa».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco 
Titolo: Pensioni, fisco, salari: le sfide nella maggioranza
Tema: in vista del Def

Mancano meno di due mesi a quello che, visto il clima di tensione, si annuncia come un crocevia decisivo per l’attuale maggioranza. Come tutti gli anni, entro ili 10 aprile dovrà essere presentato il Documento di economia e finanza con cui dovrà essere aggiornato il quadro macroeconomico tenendo conto anche del rallentamento dell’economia italiana ed europea e delle possibili ricadute negative dell’epidemia di Coronavirus, che potrebbero costringere il Governo a trovare altri 2-3 miliardi per puntellare i saldi. E questa scadenza è anche una tappa cruciale su cui misurare le reali strategie della forze politiche che sostengono l’esecutivo su cui spirano venti di crisi alimentati dal divampare della polemica tra Italia Viva, M5S e lo stesso premier Giuseppe Conte sulla prescrizione. Con il Def dovranno infatti essere delineate le linee guida di alcuni interventi chiave nell’agenda di Governo, sui quali però la maggioranza continua ad avere posizioni diverse e, a volte, molto distanti. A cominciare dal destino dei nuovi interventi pensionistici. Con la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, che continua a blindare la dote già stanziata per la conclusione della sperimentazione triennale di Quota 100. Non a caso giovedì alla Camera il sottosegretario al Lavoro,Stanislao Di Piazza (M5S come la Catalfo), rispondendo alla Camera a un’interrogazione della Lega, ha affermato che Quota 100 «non sarà rivisitata fino al termine della sperimentazione». Ma nonostante il muro dei Cinque stelle e le rassicurazioni del ministro Gualtieri non si ferma la caccia, da parte di IV ma non solo, agli 8,3 miliardi stanziati a suo tempo per il 2021 in favore dei nuovi pensionamenti anticipati, da recuperare con uno loro stop anticipato. Con oltre 20 miliardi di aumenti di Iva e accise da sterilizzare il prossimo anno, del resto, la coperta resta molto corta.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  M.Rog. 
Titolo: Semplificazioni: una task force anti burocrazia – Piano anti burocrazia con task force e corsia preferenziale per l’energia
Tema: semplificazioni

Accelerazione «a breve termine» di un numero mirato di procedure burocratiche di maggior impatto per la vita di imprese e cittadini. Velocizzazione e verifica del funzionamento dello strumento della Conferenza dei servizi e di quello del “silenzio-assenso”. Rapida introduzione di una Commissione Via speciale (Valutazione impatto ambientale) per le energie rinnovabili. Incentivi reputazionali ai dirigenti pubblici per “valorizzare” il lavoro finalizzato alla riduzione dei tempi della macchina burocratica. E lotta al “burocratese” anche sulla base delle esperienze del passato. Non poggia solo sui testi unici non compilativi per materia (“Codici”) il pacchetto di proposte messo a punto dalla ministra della Pa, Fabiana Dadone, anche su input del premier Giuseppe Conte. Che dovrebbe essere condensato in un’Agenda per la semplificazione del Governo, da condividere con tutti i ministeri, Regioni ed enti locali, e da adottare in Consiglio dei ministri già in aprile. In realtà si era già parlato di un decreto semplificazioni da varare entro febbraio, che ora con la nuova tabella di marcia potrebbe essere posticipato di qualche settimana. Il pacchetto-Dadone è stato presentato venerdì sera alla maggioranza nel corso del tavolo a Palazzo Chigi su semplificazioni e fisco. L’obiettivo non troppo nascosto è di dare un contributo decisivo per sbloccare gli investimenti, liberare risorse per la crescita e dare certezza ai diritti delle persone. Anche se i precedenti non sono molto incoraggianti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Vico Dario 
Titolo: Il Mise lancia il «reshoring», ma bastano gli incentivi?
Tema: produzione

Di fronte alle difficoltà dell’industria manifatturiera nel 2020 in ambito governativo si è ricominciato a parlare di un nuovo «pacchetto crescita» da varare in Parlamento in tempi stretti. La novità più intrigante delle misure che, secondo le anticipazioni, dovrebbero comporlo riguarda il cosiddetto back reshoring ovvero il rientro in Italia delle produzioni che sono state delocalizzate in un passato più o meno recente. Il caso che fa scuola è quello della Candy — oggi a proprietà cinese — che ha annunciato lo scorso dicembre di voler riportare la lavorazione delle lavatrici dalla Cina a Brugherio. E se volgiamo l’idea sulla quale sta lavorando al Mise il ministro Stefano Patuanelli riprende un input lanciato da Romano Prodi qualche mese fa, in occasione di un dibattito pubblico presso Prometeia a Bologna. Secondo l’ex premier a rendere possibile un’operazione così ambiziosa c’è in primo luogo l’andamento del costo del lavoro in Cina e nei Paesi dell’Est europeo, che a prescindere dal coronavirus è salito notevolmente fino a ridurre il vecchio differenziale con i salari italiani. Per concretizzare il reshoring, in base a quanto riportato dal «Sole 24 Ore», Patuanelli avrebbe intenzione di ridurre drasticamente l’Ires (dall’attuale 24%), di utilizzare per i lavoratori rientranti i benefici previsti per il rientro dei cervelli e di creare uno sportello ministeriale ad hoc al fine di sveltire l’iter burocratico.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fotina Carmine 
Titolo: Intervista a Giuseppe Provenzano – «Ecco come spenderò 21 miliardi in tre anni per rilanciare il Sud» – «Così toglieremo il freno alla spesa per rilanciare il Sud»
Tema: Sud

«C’è è già un tavolo al ministero dell’Economia per decidere come assegnare le risorse». Giuseppe Provenzano, ministro del Sud, previene subito la possibile obiezione sul piano presentato venerdì a Gioia Tauro: attesa dal 2017, la quota del 34% di investimenti pubblici al Sud non ha ancora prodotto risultati. Come si procede dopo l’annuncio del piano? «Con la norma che abbiamo inserito nella legge di bilancio il 34% è diventato un vero vincolo normativo. Già dal 2 gennaio alla cabina di regia Strategia Italia possiamo far valere il principio che si applica alla spesa ordinaria in conto capitale della pubblica amministrazione centrale e abbiamo un tavolo aperto con il Mef per l’assegnazione delle risorse. Il 34% si potrà applicare alle nuove misure della legge di bilancio per un totale di 2 miliardi. Di questi, 1,4 miliardi andranno al Sud nell’ambito dei 4,2 miliardi del fondo nazionale per il Green new deal. E la quota si applicherà anche alle infrastrutture, ad esempio ai 3 miliardi programmati per l’alta capacità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cinelli Carlo 
Titolo: Bankitalia allarga la platea dei soci Meno banche, più investitori e casse
Tema: Bankitalia

Fondi pensione, casse previdenziali e altri investitori istituzionali. Cinque anni dopo la riforma, la Banca d’Italia avvia un nuovo giro di consultazioni, con primi positivi riscontri, per allargare la base societaria radicandosi ancora di più nel mercato e nella società civile. Sotto la regia di Daniele Franco, economista e grand commis di Stato, direttore generale dall’inizio dell’anno, dopo sei alla guida della Ragioneria generale dello Stato, gli incontri per raccogliere nuove adesioni sono in corso da qualche settimana e porteranno a un’ulteriore rimescolamento di carte. Con la riforma, il «ricambio di sangue» nell’azionariato della banca è stato assai consistente, si è mosso poco più del 33% del capitale e i primi tre soci ne hanno ceduto quasi il 30 per cento. Come ha sottolineato il governatore Ignazio Visco, su 124 soci, 92 sono entrati dopo la riforma. Resta ancora una fetta pari complessivamente a 2,5 miliardi di valore nominale eccedente rispetto al limite del 3% di capitale valido per ciascun singolo investitore. Oltre la soglia del 3% — pure entrata nelle discussioni di queste settimane sull’allargamento, ma fissata dalla legge di riforma  — sono sterilizzati diritti di voto e dividendi. Questi ultimi sono fissati al 4,5% del capitale investito e trovarne di simili, nel contesto attuale, non è semplice nemmeno per grandi investitori, basti pensare che il Btp a 50 anni ha un rendimento effettivo lordo a scadenza del 2,1% e con il trentennale si va sotto il 2%. Nel 2019 l’intera platea dei soci ha ricevuto una cedola di 227 milioni a fronte di un utile netto al nuovo record storico, da 3,9 a 6,24 miliardi, che ha comportato la distribuzione al Tesoro di un dividendo per 5,71 miliardi, 2,3 più del precedente. Ma se via XX Settembre incassa sempre, lo stesso non accade ai primi quattro soci, abbondantemente sopra il 3%: Intesa Sanpaolo (al 23%) Unicredit (al 12%), Generali (4%) e Carige (3,5% dopo l’ultima cessione avvenuta alla fine di gennaio). Sono loro la «coda» della riforma da sistemare.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Reichlin Lucrezia 
Titolo: Retorica perdente sul clima – Clima, retorica perdente e cambiamenti reali
Tema: clima

Oggi, nel mondo, e in particolare in Europa, sta crescendo la consapevolezza che, in assenza di azioni drastiche per la difesa dell’ambiente, si andrà verso una catastrofe climatica. Questo sta producendo nuove politiche e nuove regole oltre ad influenzare l’orientamento di chi investe. L’idea che ci avrebbe pensato il mercato a risolvere la situazione non convince più nessuno. Siamo di fronte a quello che gli economisti chiamano un esternalità, cioè il fatto che le attività produttive di singole imprese hanno un costo per l’ambiente che non è riflesso nel prezzo. In questo caso l’esternalità tocca quasi tutti gli aspetti dell’attività economica e rende impraticabile il modello di consumo che fin qui ha caratterizzato le nostre società. Il consenso tra gli scienziati è chiaro: il cambiamento climatico è associato a disastri naturali sempre più frequenti i cui costi sono molto ingenti. Siamo di fronte a un rischio molto più grande di quello di una crisi finanziaria. Il cambiamento climatico può portare a eventi irreversibili per difendersi dai quali non ci si può assicurare. È urgente quindi mettere in campo politiche adeguate, che arrestino la tendenza al riscaldamento della Terra e che permettano di raggiungere a livello globale l’obbiettivo di emissione zero per il 2050. Questo richiederà decisioni radicali per la politica economica, poiché significa limitare e/ o tassare le attività nocive, mettere in campo risorse per favorire le transizioni ad altre forme di produzione e compensare chi ne sarà penalizzato.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ricci Sargentini Monica 
Titolo: Virus, primo morto in Francia Niccolò negativo al test – A Parigi la prima vittima fuori dall’Asia Paura pandemia, ma il contagio frena
Tema: coronavirus

Mentre il conteggio dei morti per l’epidemia di Covid-19 nel mondo sale a più di 1.500, l’Europa registra il primo decesso all’interno dei suoi confini: un turista cinese di 80 anni, arrivato in Francia il 16 gennaio e ricoverato dal 25 gennaio all’ospedale parigino di Bichat. L’uomo proveniva dall’Hubei, la provincia più colpita dal nuovo coronavirus. Nello stesso ospedale è stata ricoverata anche la figlia, che però, secondo i medici, sarebbe fuori pericolo. La ministra della Salute, Agnès Buzyn, non ha nascosto i suoi timori ai cittadini: «Si dovrà stabilire come far fronte a un’eventuale diffusione pandemica del virus sul territorio nazionale». Finora nel Paese sono stati undici i casi di contagio confermati. Ieri la Cina ha registrato quasi 3mila nuovi malati nelle ultime 24 ore portando così il numero totale a 67.097 e rendendo più concreta la speranza che il Covid-19 stia rallentando la sua corsa visto che nelle precedenti 24 ore c’erano stati ben 5.090 nuovi casi. Ma, per dirla con le parole del capo dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, «è impossibile prevedere quale direzione prenderà quest’epidemia. I passi che la Cina ha fatto per contenere ll contagio hanno permesso al mondo di avere più tempo ma ora dobbiamo usare quest’opportunità per agire». Per far fronte alle esigenze sanitarie provocate dall’epidemia l’Italia ha organizzato un volo umanitario con 16 tonnellate di materiale medicosanitario da distribuire nelle zone della Cina più colpite. Intanto a Pechino il Gruppo guida municipale ha ordinato a chi rientra in città di sottoporsi autonomamente a una quarantena di 14 giorni.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Frignani Rinaldo 
Titolo: Niccolò è negativo al virus «Sono felice, ora ho fame» E sui social ha già le fan
Tema: coronavirus
La prima cosa che ha violato l’isolamento è stata un piatto di prosciutto crudo. «Oltre a tornare subito a casa, volevo tanto mangiarlo di nuovo», confessa Niccolò dopo essere arrivato allo Spallanzani. Ad attenderlo non ci sono parenti – che però dovrebbero giungere oggi a Roma – ma solo medici e infermieri in tuta protettiva. La voce del 17enne di Grado, rimpatriato ieri da Wuhan con un volo dell’Aeronautica militare, è attutita dalla mascherina che è costretto a tenere premuta sul volto, ma sempre meno di quella di chi è autorizzato ad aprire la porta della sua stanza nella IV Divisione dell’istituto per la cura delle malattie infettive fra visite mediche da sostenere a orari prestabiliti, misurazioni di febbre, prelievi. E poi i pasti. Con i visitatori invece – fra i quali ieri l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato – si parla con l’interfono dall’altra parte della vetrata. «Sono felice di essere tornato in Italia», dice ancora Niccolò, che qualche ora più tardi riceve un’altra buona notizia: i due tamponi faringei, ai quali è stato sottoposto alla partenza da Wuhan e all’arrivo a Pratica di Mare, hanno dato esito negativo: per gli specialisti dell’ospedale militare del Cello il ragazzo non ha il coronavirus.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bazzi Adriana 
Titolo: Intervista a Ilaria Capua – Ilaria Capua: «Africa a rischio Questo morbo girerà il mondo»
Tema: coronavirus

Ilaria Capua, famosa per avere deciso, nel 2006, quando lavorava all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, di rendere pubblica la sequenza del virus dell’influenza aviaria e emigrata negli Stati Uniti dove oggi dirige, all’Università della Florida, l’One Health Center of Excellence intervine sul primo caso di coronavirus in Egitto, che ha quindi messo piede nel continente africano e sul primo morto in Francia, un paziente cinese dl ottant’anni. «Queste notizie non stupiscono: il virus si diffonde. Il caso francese è comprensibile perché si tratta di una persona anziana, più fragile nei confronti del virus. Quello che più preoccupa è l’Africa, a partire dal Cairo che è una megalopoli con milioni di persone, a volte nemmeno censite. E poi tutto il continente dove buona parte della popolazione è povera, malnutrita, già soffre di altre malattie infettive come la malaria, «si può parlare di pandemia perché la popolazione del pianeta non ha anticorpi di difesa contro questo virus nuovo. E probabilmente le eccezionali misure di contenimento dell’infezione in Cina non impediranno al virus di uscire, volta per volta, e di fare il giro del mondo». Ma la Cina si è comportata correttamente? «Sì, ha fatto uno sforzo “erculeo”, tenendo conto del contesto dove si è sviluppata questa epidemia. II contenimento è stato efficacissimo: nessun Paese avrebbe potuto fare tanto». Ma perché c’è sempre la Cina di mezzo quando capitano queste epidemie? «No, non è sempre così. Il problema sono gli squilibri che si creano fra uomo e ambiente. Ovunque. In Cina, ma anche in Africa per dire. Pensiamo all’Aids: il virus arrivava dalle scimmie e ha contagiato l’uomo. E il virus Ebola (che attualmente sta facendo una strage nella Repubblica Democratica del Congo, ndr) è emerso dagli animali per via delle deforestazioni e ha raggiunto l’uomo». «La salute è circolare», conclude Ilaria Capua. Uomini e animali sono uniti. E si scambiano i virus.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Caferri Francesca 
Titolo: In aula con Zaky l’incubo continua “Resta in cella” – “Voglio studiare e tornare a Bologna” Ma il giudice nega la libertà a Patrick
Tema: Egitto

«Non capisco. Perché hanno accettato di discutere il ricorso se poi lo hanno rigettato? Così è durissima. Patrick ha paura di perdere il supporto esterno. E noi non so come faremo ad andare avanti». Nelle parole di Marize, 23 anni, sorella minore di Patrick George Zaky, c’è tutta la disperazione di una giornata lunghissima: quella che ieri avrebbe dovuto, nelle speranze di familiari e amici, riconsegnare il ragazzo al suo mondo. E che invece rischia di segnare l’inizio di un lungo calvario: Patrick resterà in cella per almeno un’altra settimana. Se non peggio. Eppure a Mansura ieri la giornata era iniziata all’insegna dell’ottimismo: con il giudice che aveva decretato la procedura prioritaria per il ricorso presentato dall’Egyptian iniative for personal rights (ong con cui collabora) contro l’arresto dello studente fermato otto giorni fa con l’accusa di diffusione di materiale vietato e incitazione alla violenza contro lo Stato. Scelta dettata probabilmente dalla presenza nell’aula di tribunale di questa città,120 chilometri a Nord del Cairo, dei rappresentanti di quattro ambasciate: quelle italiana, svedese, canadese e americana. Alle 10.30, quando appare in aula, Patrick ha lo sguardo smarrito: si rilassa un po’ solo quando vede i diplomatici e giornalisti. «Come stai?» gli chiediamo mentre le guardie lo spingono nella stanzetta del giudice. «Bene, tutto bene», sussurra in italiano. Poi un sorriso: «Grazie». Nel locale sovraffollato il ragazzo sembra molto più giovane dei suoi 28 anni: capelli e barba corta, camicia verde chiaro, jeans e sneaker grigie senza lacci, è pallido e tirato. «È stato fermato sulla base di prove false: di post pubblicati su un account Facebook che non appartiene a lui. È stato picchiato, bendato, interrogato per ore senza un legale: dovete rilasciarlo», si inalbera Huda Nasrallah, l’avvocatessa che guida il team dei quattro legali che seguono il caso.
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Testata:  Avvenire 
Autore:  Redaelli Riccardo 
Titolo: Salviamo lo studente Zaki col passo della diplomazia
Tema: Egitto

Questa incarcerazione illumina la sinistra verità di un presidente, al-Sisi, che si fa paladino del popolo contro “i terroristi”, contro il fanatismo islamista, che dichiara di voler proteggere la minoranza cristiana copta, ma che ha riempito le prigioni di oppositori, attivisti, presunti jihadisti. Sessantamila persone arrestate, più di 2.500 condannate a morte dall’inizio della sua presidenza dopo il colpo di mano per destituire il presidente islamista Mohamed Morsi, lasciato morire di diabete in un carcere lo scorso anno. Un uso sistematico della tortura e della carcerazione preventiva; minacce e chiusure forzate delle poche voci di opposizione… nemmeno negli anni più cupi del regime di Hosni Mubarak vi era nel Paese un clima di tale repressione e di paura. Forze militari e polizia godono di una totale impunità per i loro abusi e le recenti modifiche costituzionali ne hanno rafforzato ulteriormente il potere, mentre il presidente si arrocca sempre più nei gangli vitali del sistema, attorniato da familiari e fedelissimi. Una posizione di forza che cela forse una debolezza politica nel mediolungo termine, in un Paese dagli equilibri complessi come l’Egitto. La scommessa di al-Sisi è che la crescita economica (superiore al 5%) – grazie anche allo sfruttamento dei nuovi giganteschi giacimenti di gas naturale off-shore e agli aiuti esteri – e la centralità geopolitica gli permettano di irridere le contestazioni internazionali sul mancato rispetto dei diritti umani. Da questo punto di vista, niente di nuovo in Medio Oriente: la storia contemporanea della regione è piena di dittatori che si credevano insostituibili. Eppure, molti di essi sono finiti deposti, o peggio.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Valentino Paolo 
Titolo: Macron vuole «coinvolgere» Mosca «L’Europa si liberi dalla tutela Usa»
Tema: Conferenza di Monaco

L’Europa deve impegnarsi nuovamente in un «dialogo strategico» con la Russia, senza per questo cedere sul rispetto dei principi né allentare la morsa su Mosca nei casi dei conflitti congelati come l’Ucraina. Lo ha detto Emmanuel Macron, nel suo intervento alla Conferenza sulla Sicurezza che si chiude oggi a Monaco. Dedicato al crescente indebolimento dell’Occidente sulla scena internazionale, l’annuale appuntamento bavarese ha confermato divergenze profonde sui temi della difesa e della sicurezza tra l’America di Trump e gli alleati europei. Il presidente francese ha subito messo in chiaro di non voler proporre la fine delle sanzioni, anche se ha notato come l’embargo «non abbia cambiato assolutamente nulla nel comportamento della Russia». «Ciò di cui abbiamo bisogno — secondo Macron — è di coinvolgere di nuovo Mosca nel lungo periodo», perché è un «grave errore distanziarci da una parte dell’Europa di cui non ci piacciono le azioni sulla scena internazionale». La Russia va presa in parola, quando dice che vuole assumere responsabilità comuni, in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza: «Ma non può costantemente essere il Paese che blocca ogni progresso all’Onu». Macron non si fa illusioni sul fatto che la Russia continuerà a svolgere un ruolo destabilizzante, interferendo nelle campagne elettorali di altri Paesi. Ma ha ricordato che anche gruppi dell’estrema destra americana hanno interferito e condotto azioni illegali di quel tipo. Per il capo dell’Eliseo questo pone una sfida all’Unione Europea, che non riesce ancora a darsi gli strumenti per difendersi da fake news, manipolazioni e intimidazioni
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Franco Massimo 
Titolo: Papa, la lettera del disgelo- Francesco scrive al cardinale Müller e tende la mano ai tradizionalisti
Tema: Vaticano

«Querido hermano», caro fratello, «molte grazie per il libro “Il Papa, missione e dovere” e per il documento sull’esortazione Post-sinodale “Querida Amazonia”, che mi è piaciuto…». La lettera, sette righe in spagnolo vergate con la calligrafia microscopica e inconfondibile di Francesco, è arrivata al cardinale Gerhard Müller con la data del 12 febbraio, lo stemma pontificio e l’intestazione a penna «Santa Marta», l’albergo dentro il Vaticano dove il Papa vive da sempre. E fin da queste prime righe l’ex prefetto tedesco per la Dottrina della fede, sostituito bruscamente da Jorge Mario Bergoglio nel luglio del 2017, ha avuto un moto di felice sorpresa. Quel «mi è piaciuto» riferito al suo scritto ha fatto passare in secondo piano le amarezze e l’isolamento degli ultimi anni. Gli è sembrato una mano tesa che forse non si aspettava. Eppure, doveva in qualche modo immaginarlo. Il suo commento al Sinodo sull’Amazzonia, inviato a Francesco nei giorni precedenti e pubblicato anche sul National Catholic Register, giornale conservatore statunitense, dà atto al Papa di avere compiuto «un atto di riconciliazione». Non avere avallato la fine del celibato dei sacerdoti, come chiedevano insieme vescovi brasiliani e tedeschi progressisti, ha evitato una spaccatura della quale erano state un’avvisaglia le polemiche sul libro del cardinale Robert Sarah con un contributo di Benedetto XVI. Ma ha anche ottenuto il risultato imprevedibile e quasi paradossale di ricompattare intorno a Francesco almeno alcuni tra quelli che negli ultimi anni sono stati i suoi critici più feroci sul fronte tradizionalista. E a ufficializzare la novità è stato proprio Müller, bersaglio degli strali del «cerchio magico» bergogliano, in Argentina e tra i gesuiti italiani.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Magnani Alberto 
Titolo: Consumi e Pil, così riparte l’altra Africa – Consumi e Pil, così l’altra Africa tenta la strada della ripartenza
Tema: Africa

Dares Salaam, l’ex capitale dellaTanzania, svetta tra le «città più in crescita» dell’Africa per popolazione e Pil. Gli entusiasmi si annacquano un po’ dando un occhio alle dimensioni del suo output: 16 miliardi di dollari, poco più di un terzo rispetto a quello della nigeriana Lagos. Eppure la sua corsa resta nel radar degli investitori internazionali, per un motivo abbastanza semplice: l’incremento di popolazione e prodotto intemo lordo dovrebbe tradursi in un’espansione dei consumi senza precedenti, con occasioni appetibili per aziende ed export. Il caso di Dares Salaam riproduce un trend in atto, con numeri e prospettive diverse, in varie aree del continente. Un report di Nkc African Economics, una società di consulenza affiliata al think tankOxford Economics, ha registrato i tassi-record di espansione dei consumi in 10 Paesi, spinti dallo stesso binomio tra la crescita del Pil (l’Onu prevede un balzo continentale del 3,7% nel 2020) e un boom di nascite che farà lievitare la popolazione a 2,5 miliardi entro il 2050. Se si guarda al solo quadriennio 2020-2014 la spesa al consumo arriverà a rialzi di oltre l’8% in Senegal e Costa d’Avorio (rispettivamente +8,8% e +8,3%), seguito dal 7,9% del Camerun, il 7,3% del Ghana, il 6,1% del Rwanda, il 5,9% della Tanzania, il 5,5% dell’Egitto, il 5,4% di Kenya e Uganda e il 3,7% dell’Etiopia. Medie che scalzano quelle di pesi massimi continentali come Sudafrica (“solo”4,4%) e Nigeria (4,2%), grazie a sistemi economici più diversificati e meno dipendenti dal vincolo delle risorse naturali
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IL SOLE 24 ORE
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CORRIERE DELLA SERA
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LA REPUBBLICA
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IL MESSAGGERO
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IL GIORNALE
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IL FATTO QUOTIDIANO
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