Non si tratta di far crescere di un punto percentuale l’occupazione. Ma di 15. È questa la misura dello sviluppo e del cambiamento (grazie alle risorse del Pnrr) per Antonio D’Amato. All’Unione Industriali di Napoli si presenta quella che è a tutti gli effetti un’alleanza per Napoli e per il Mezzogiorno: un accorda quadro tra l’associazione di Palazzo Partanna, la Fondazione Mezzogiorno e il Digital innovation hub per «favorire la progettazione di interventi in ambito tecnologico», «realizzare ecosistemi dell’innovazione», «realizzare azioni per trasferimento tecnologico e per la costruzione di progetti di industria 4.0 a favore delle imprese e della pubblica amministrazione», «definire programmi di formazione finalizzati ad adeguare le competenze».
«Un accordo cruciale per il futuro della nostra città. Mettiamo a fattor comune le migliori competenze per i progetti del Pnrr. Vogliamo mettere a sistema tutti i contributori. Pubblico e privato insieme. Sono certo che sarà un’opportunità che verrà colta altrimenti sarebbe un male per la città», dice il leader degli industriali Maurizio Manfellotto. «Questo è un territorio devastato dai conflitti istituzionali — prosegue D’Amato che presiede la Fondazione Mezzogiorno togliendosi qualche sassolino dalla scarpa -. Le divisioni diventano una scusa per celare la propria inerzia. Chi si nasconde dietro le divisioni lasci il campo a chi vuole unire».
E ogni riferimento evidentemente a qualche nuova associazione d’imprese non è casuale. Sullo sfondo due protagonisti importanti nella partita istituzionale: Regione e Comune. La prima, per bocca del presidente Vincenzo De Luca, continua a lamentare la scarsità di risorse destinate al Sud, il 40 per cento, «ne servirebbe almeno il 60 per cento». Dall’altro lato Palazzo San Giacomo, che annega nei debiti e non ha le competenze per programmare e progettare, come più volte ha rimarcato il sindaco Gaetano Manfredi.
«Il problema non è quante risorse sono in campo — dice Luigi Nicolais alla guida del Digital Innovation hub diventato un consorzio — perché sono tante. II problema serio è spendere nei tempi. Il nostro impegno deve essere prima che esca il bando, non dopo». D’Amato incalza: «Solo una cosa è peggio del non spendere è spendere male, perché sono risorse a debito. Non si può continuare a rilanciare su progetti sponda per microinterventi che non servono al sistema. Non bisogna rifare i giardinetti, ma riqualificare l’intero sistema». E ancora più direttamente sulla governance del Piano nazionale: «Il Pnrr richiede una cabina di regia centralizzata, le Regioni hanno dimostrato tutte, e in particolare quelle del Sud, di non sapere investire le risorse europee. Non è il compito, dunque, delle regioni che devono spendere già le risorse della vecchia e della nuova agenda e sono in ritardo. Tutti siamo chiamati a fare un salto di qualità, anche sui fondi strutturali bisogna cambiare marcia. Cambiare registro»