Articolo pubblicato nella rivista n.2/2024 di Civiltà del Lavoro
L’Europa è il nostro mercato di riferimento e l’Unione europea la dimensione naturale nella quale sviluppare le nostre strategie per la crescita e il benessere di cittadini e imprese. Infatti, oltre il 50% dell’export italiano è rivolto a paesi membri dell’Ue e le normative europee condizionano – direttamente o indirettamente – oltre il 70% della normativa di riferimento per le imprese.
Pertanto, non è solo una questione di essere o non essere europeisti. Volenti o nolenti, la dimensione europea impatta significativamente e quotidianamente la vita di tutti noi in qualità di cittadini, imprenditori o lavoratori. Le sfide degli ultimi anni hanno messo a dura prova le imprese e stanno causando una trasformazione del sistema produttivo europeo: dalle guerre alla crisi energetica, dall’inflazione alla carenza di materie prime, dal calo demografico all’accelerazione dell’intelligenza artificiale. Le sfide sono globali, le risposte devono essere quantomeno europee. È impensabile che ogni Stato membro adotti una propria strategia in maniera autonoma.
Vorrei richiamare l’attenzione in particolare su tre temi che ritengo cruciali per il futuro delle nostre imprese e dello stesso progetto europeo: doppia transizione, energia e formazione.
Rispetto alla doppia transizione (cosiddetta “twin transition”) digitale e sostenibile, auspico innanzitutto un approccio più “business friendly” da parte della prossima Commissione europea. Negli ultimi anni gli interventi normativi, pur orientati a finalità nobili come la riduzione delle emissioni nocive e dei rifiuti, non hanno tenuto conto dei principi di neutralità tecnologica e di gradualità che sono indispensabili per non danneggiare l’industria europea, che è già alle prese con la concorrenza asiatica e con la rivoluzione tecnologica. Proposte normative come quella sui motori termici o sugli imballaggi, se portate avanti con un approccio ideologico, rischiano allo stesso tempo di non raggiungere gli obiettivi e di indebolire l’industria europea a vantaggio della concorrenza oltreoceano.
La “twin transition”, invece, se impostata assecondando le vocazioni e le competenze del manifatturiero Ue, può contribuire a rilanciare l’economia del Vecchio Continente. Molte aziende stanno già affrontando con successo l’introduzione della digitalizzazione, che consente una maggiore efficienza dei processi produttivi, e della sostenibilità, indispensabile per ridurre l’impatto delle produzioni sul pianeta.
L’Europa è il nostro mercato di riferimento e l’Unione europea la dimensione naturale nella quale sviluppare le nostre strategie per la crescita e il benessere di cittadini e imprese. Infatti, oltre il 50% dell’export italiano è rivolto a paesi membri dell’Ue e le normative europee condizionano – direttamente o indirettamente – oltre il 70% della normativa di riferimento per le imprese.
L’Intelligenza artificiale generativa
L’Intelligenza artificiale generativa ha messo a nudo un tema che è rimasto sullo sfondo troppo a lungo. Le nuove tecnologie stanno entrando di prepotenza nel mondo del lavoro bypassando il sistema scolastico, più lento ad adeguarsi ai cambiamenti, che rischia di restare indietro e di non formare in maniera adeguata i lavoratori di domani. Ma desidero ricordare che la sostenibilità ha tre dimensioni: ambientale, sociale ed economica. Non dobbiamo dimenticare le ultime due. Qualsiasi trasformazione deve tenere conto della sostenibilità economica dell’azienda, senza la quale le altre dimensioni non sono possibili. E anche la dimensione sociale va tenuta nella giusta considerazione, soprattutto alla luce delle sfide demografiche e del cambiamento degli stili di vita e di lavoro in atto soprattutto nelle giovani generazioni.
C’è poi la questione energetica, che abbiamo tutti toccato con mano in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. L’Unione europea deve sviluppare una politica energetica comune, per regolarizzare gli scambi di gas tra paesi membri, arrivando alla creazione di un mercato unico del gas naturale e delle rinnovabili. Questo è un tema legato a doppio filo a quello della sostenibilità, dal momento che un minor consumo di energia e un maggior ricorso a fonti rinnovabili ha riflessi sia ambientali che economici. Ma è anche una questione di sicurezza sul piano geopolitico. L’Ue deve garantire la sicurezza degli approvvigionamenti ai propri cittadini e alle proprie imprese, senza dipendere da paesi terzi. Gli sviluppi della tecnologia, poi, resi possibili dai livelli di eccellenza raggiunti dai centri di ricerca e dalle università europee, devono essere utilizzati per sviluppare l’utilizzo dell’idrogeno verde per la produzione industriale nei settori difficili da decarbonizzare.
Infine, c’è il tema cruciale della formazione. L’Intelligenza artificiale generativa ha messo a nudo un tema che è rimasto sullo sfondo troppo a lungo. Le nuove tecnologie stanno entrando di prepotenza nel mondo del lavoro bypassando il sistema scolastico, più lento ad adeguarsi ai cambiamenti, che rischia di restare indietro e di non formare in maniera adeguata i lavoratori di domani. Il sistema scolastico e della formazione deve cercare un collegamento più stretto con il mondo produttivo. Per questo servono politiche, coordinate a livello europeo, per dotare tutta la forza lavoro di competenze e conoscenze professionali richieste dalle aziende, coinvolgendo anche i Neet e i migranti, soprattutto in quei settori in cui è maggiore la carenza di manodopera.
Sono convinto che, se i paesi membri decideranno di affrontare assieme queste sfide, quel progetto europeo che ultimamente ha vacillato potrà essere rilanciato. Auspico pertanto che il dibattito per le prossime elezioni europee si concentri più su questi temi e meno sulle beghe tra i partiti nazionali.
Enrico Zobele
Enrico Zobele è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2000. È presidente onorario dell’omonimo Gruppo, leader mondiale nella produzione di insetticidi, profumatori per la casa e per l’automobile e coadiuvanti del bucato. Sotto la sua guida, l’azienda passa da una dimensione nazionale ad una dimensione mondiale, diventando partner strategico delle principali multinazionali del settore. Nel 2010 acquisisce il controllo di Everel Group, produttore di componenti elettronici ed elettromeccanici per elettrodomestici e per l’automotive, con 600 dipendenti e sede in provincia di Verona e filiali produttive in Germania e Romania.