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Seragnoli Isabella – Gli scatti di Gursky artista da record per la Romagna

25.05.2023

Dieci anni come una cometa nel cielo di Bologna. Mentre Andreas Gursky, forse l’artista-fotografo vivente più conosciuto sulla scena internazionale dell’arte, conduce i visitatori nelle sale del Mast tra le enormi opere della sua mostra, la signora Isabella Seràgnoli si concede una metafora di soddisfazione per il doppio compleanno: i cent’anni della GD e i dieci della sua proiezione pubblica, il Mast. «Non è mia, è di un amico – si schermisce – ma mi è piaciuta molto. Le aziende sono la stella, il Mast è la coda: la cometa è una cometa solo se brillano entrambe». Dieci anni di vita per questo Beaubourg bolognese, unico nel suo genere, ibrido felice di intervento sociale e di promozione culturale. La festa si celebra al più alto livello.

Non si fa mistero, qui, che non è stato facile convincere Gursky, ma alla fine eccola, col titolo Visual Spaces of Today, la prima grande personale in Italia (fino al 7 gennaio 2024) dell’artista tedesco, allievo dei coniugi Becher e capofila della “Scuola di Düsseldorf, la cui opera più celebre, una veduta pressoché astratta del fiume Reno (quello tedesco…) fu battuta all’asta per 4,3 milioni di dollari, e solo dopo 11 anni quel record è stato recentemente infranto (per la cronaca, da un Man Ray). “Un fotografo, ovviamente”, lo presenta Urs Stahel, cuore e mente del Mast fotografia. Ma come spiega subito dopo è un ovviamente assai poco ovvio, per chi si inoltra fra le quaranta immagini (Stahel ne avrebbe volute di più, ma Gursky è stato inflessibile sullo spazio vitale in cui ogni opera doveva respirare) di questa retrospettiva che pesca, ed è un elemento importante, anche fra le prime fotografie degli anni Novanta, già nel suo stile, ma sorprendentemente “piccole”, ancora nella misura della mostra classica, cornice e passepartout, dove si cammina paralleli alle pareti, mentre qui le grandissime opere ti spingono ad arretrare in mezzo alla sala, a compiere percorsi diagonali e curvi, per capire.

Capire cosa? Pub sembrare nascosto, il senso. Gursky fotografa il paesaggio contemporaneo: niente visioni distopiche, niente futurismi, il presente è già abbastanza impressionante, nelle sue inquadrature. Sono paesaggi antropizzati, quasi sempre privi di presenza umana, come l’autodromo del Bahrain, uno psicotico segno grafico nel deserto; ma spesso affollati di oggetti e di merci, un hard discount tutto-a-99 centesimi, un allucinante capannone di Amazon dove le merci a disposizione dei picker sugli scaffali sembrano un oceano multicolore. Quasi una ossessione, la sua, per la ripetizione, per i pattern, dietro a cui si legge un giudizio sulla globalizzazione, sull’omologazione, sull’appiattimento delle differenze. Ma quel giudizio, Gursky non lo fornisce in allegato (le sue didascalie sono asciuttissime: luogo, data); vuole e lascia che sia lo spettatore a calare le sue interpretazioni, quasi costretto a farlo, quasi messo alle strette dall’aggressività di quelle immagini che l’occhio non riesce a circoscrivere in un solo sguardo, che bisogna esplorare girando la testa, muovendo il corpo.

«Non c’è dichiarazione politica, non c’è introspezione psicologica – dice lui Tutto quello che faccio è oggettivare la realtà». Dove per oggettivare, però, si intende trasformare lo sguardo fotografico primario in oggetto visuale, anche lavorandolo molto dopo lo scatto: Gursky non nasconde, anzi rivendica, il diritto di riplasmare le fotografie, che possono anche essere il frutto di collage digitali di decine di scatti diversi. documento, astrazione e costruzione, solitamente non vanno d’accordo nell’arte visiva: nel realismo iper-nitido di Gursky sì, e diventano interrogativi su quel che riusciamo a vedere davvero del mondo che ci circonda. Nota doverosa: in accordo con l’artista, il Mast ha prodotto e metterà in vendita un’edizione limitata di 75 poster firmati di Bahrain I: il ricavato andrà alle popolazioni romagnole colpite dall’alluvione.

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Articolo pubblicato il 25 maggio 2023 da “La Repubblica Bologna”

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