– Scontro politico nel governo sull’autonomia regionale
– La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli, guida di Mani pulite
– Si intensifica la crisi Iran-Gran Bretagna
PRIMO PIANO
Politica interna
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Perrone Manuela
Titolo: Lite Conte-governatori del Nord Salvini prende tempo sulla crisi
Tema: Autonomia regionale e governo
«Inqualificabili e del tutto ingiustificati». Il premier Giuseppe Conte definisce così in serata con i suoi collaboratori gli attacchi dei governatori del Nord sulle autonomie. E usa parole durissime. Ricordando come al dossier abbiano lavorato tutti i ministri, «anche quelli leghisti, a partire da Stefani per finire a Bussetti». Conte biasima che il tema dell’autonomia si riduca a polemica sterile. «È una riforma da fare conserietàeresponsabilitàper il bene del Paese», sottolinea. «Chi continua a offendere il Governo e a usare questi toni rischia di assumersi la responsabilità di rallentare e ostacolare questo processo riformatore». Il premier pensainnanzitutto al presidente della Lombardia,Attilio Fontana, che lo ha accusato di prestarsi a «una cialtronata». Ma replica soprattuttoalle bordate di Luca Zaia dal Veneto,che suonano come ultimatum giudicati inopportuni. «È Conte ad avere in mano la partita o la trasforma in una proposta d’intesa alle Regioni o la trasforma in un fallimento totale», ha affondato Zaia «Se non si fa l’autonomia il Governo non ha senso». Da Palazzo Chigi si dif ende il metodo, il necessario «negoziato con lo Stato» già evocato venerdì scorso, e si conferma che martedì ci sarà un nuovo round tecnico su beni culturali e nodi f inanziari. Anche il M5S fa scudo al premier. «Sono attacchi Zaia: «Se la riforma dell’autonomia non si fa, il governo non ha più alcun senso» senza logica i governatori se la prendano con la Lega, visto che il testo porta anche la firma dei loro ministri», affermano fonti governative pentastellate.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Martirano Dino
Titolo: La battaglia dell’autonomia
Tema: Autonomia regionale e governo
Il «metodo Conte» per condurre in porto l’autonomia regionale differenziata — senza danneggiare il Sud, pur premiando il Nord — inizia a produrre i primi effetti. I « frenatori» del processo innescato nel 2017 da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sono meno sospettosi: «Stiamo cercando di costruire questo percorso in modo che possa essere usato anche dalle altre Regioni», dice il ministro M55 Riccardo Fraccaro sulla scia di Luigi Di Maio: «L’autonomia deve unire e non dividere». Mentre gli «acceleratori» del processo forse iniziano a capire che non possono avere tutto: «Non avranno tutto, è una trattativa», manda a dire il premier ai governatori Luca Zaia e Attilio Fontana. E la ministra leghista Erika Stefani (Affari regionali), quando si è trattato di cedere sulla scuola, ha ricordato che «su sanità, ambiente e sviluppo economico sono state accettate le richieste delle Regioni». Ma è il nodo dell’autonomia finanziaria a preoccupare la Lega tanto che Matteo Salvini continua a parlare di «brutto capitolo» perché vede avvicinarsi il nodo più intricato: lo stop scontato alla richiesta delle regioni del Nord di non alimentare più il fondo perequativo, la « cassa centrale», dal quale attingono risorse le Regioni meno ricche. Per questo, Zaia sta dando l’ultimatum: «Conte ha in mano la partita. O la trasforma in una proposta d’intesa o in un fallimento totale». Fontana parla di «cialtronata». Ma, suggeriscono fonti M5S, i governatori lascino stare Conte e se la prendano con i ministri della Lega che quelle intese stanno curando.
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Testata: Repubblica
Autore: De Marchis Goffredo
Titolo: Governatori e Giorgetti a Salvini: apri la crisi – Lega, governatori e Giorgetti a Salvini “Ora apri la crisi”
Tema: Autonomia regionale e governo
Mercoledì scorso Giancarlo Giorgetti aveva meditato il colpo di scena. La lettera di dimissioni già scritta in attesa della sentenza di Milano su Massimo Garavaglia. In caso di condanna «ce ne saremmo andati in due, seduta stante». Per non finire di nuovo sotto la gogna giustizialista del Movimento 5 stelle che avrebbe cominciato il solito can can per chiedere la testa del viceministro dell’Economia come era già successo con Armando Siri e Edoardo Rixi. Poi è arrivata l’assoluzione. Giorgetti ha strappato la lettera platealmente così come platealmente e polemicamente l’aveva scritta. Ma a malincuore. Per ora è costretto a restare ma può sempre riprendere carta e penna. In questo governo non vuole più starci da tempo perché, dice, «il problema non sono solo le autonomie, il no alla Tav, il no alla Gronda di Genova» che pure sembrano macigni. È piuttosto una questione di «metodo e di convivenza con i grillini». A questo punto è anche un contrasto (anche se leale) con Matteo Salvini e la sua indecisione. Il leader del Carroccio, a chi gli chiede di rompere finalmente, risponde in queste ore con una frase sibillina ma possibilista, incerta ma pugnace: «Non si tratta più se aprire la crisi o meno. Si tratta solo di capire il quando». Una formula che non basta a liberarsi dal pressing degli anti-Di Maio.
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Testata: Stampa
Autore: Lessi Davide – Poletti Fabio
Titolo: Lega, dilaga la protesta di veneti e lombardi “Autonomia ora o mollate gli alleati grillini”
Tema: Autonomia regionale e governo
L’altra sera a Barzago, Brianza lecchese, a Matteo Salvini gliel’hanno gridato in faccia: «Mollali…». Una settimana fa stessa scena a Oppeano, vicino a Verona. E bastato che il “Capitano” citasse gli alleati del Movimento 5 Stelle e sono partiti i «vaffa» dei leghisti. Ora che si è pure inabissato il dossier autonomia, le urla si sono fatte coro. Una protesta che dilaga dalla Lombardia al Veneto, le Regioni che votarono i referendum per chiedere più competenze a Roma. Davanti al Centro Polisportivo di Barzago una signora assai abbronzata, declina il nuovo pensiero leghista: «A me i 5 Stelle non sono mai piaciuti. Sono troppo diversi da noi. Qui si lavora e loro pensano al reddito di cittadinanza. In un anno qualcosa abbiamo portato a casa. Ma se non ci danno l’autonomia tanto vale andare a votare». Una volta si chiamava secessione. Adesso si dice autonomia. Quello che c’è dietro cambia poco. Su perle valli bergamasche dove si son trovati gli insegnanti arrivati pure da Palermo, i nervi sono tesi. Luigi Carozzi, ex sindaco in quella Pontida da dove è cominciato tutto, dice che così non si può più andare avanti: «Non possiamo dare e basta senza ricevere nulla in cambio. Se si andasse al voto a quel punto si fa il matrimonio con la Meloni che dura di più». Magari non subito dice lui: «Qualcosa di buono quest’anno siamo riusciti a portarlo a casa, magari c’è il margine per fare ancora qualcosa. L’avversario…volevo dire il nostro alleato di governo, va lavorato ai fianchi».
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Testata: Repubblica
Autore: Ciriaco Tommaso
Titolo: L’ira di Conte: “Attacchi inqualificabili, giovedì si decide sul governo”
Tema: Autonomia regionale e governo
Giovedì 25 luglio, ecco quando si decide il futuro della legislatura. Attorno al tavolo rotondo del Consiglio dei ministri approderà il testo sulla riforma delle autonomie. «Quel giorno – confida in privato Giuseppe Conte – capiremo cosa vuole davvero Salvini. Un compromesso si può trovare. Ma se vuole rompere, la scusa sarà proprio questa riforma». Da amante della storia, d’altra parte, il premier sa bene quanto la data evochi defenestrazioni clamorose. Come sulle montagne russe, il penultimo sabato di luglio riporta in alto lo scenario di una crisi. Il problema, al solito, è distinguere le minacce di cartone da quelle reali. Di certo, la manovra a tenaglia leghista contro Conte fa tremare Palazzo Chigi: «Sulle autonomie ce l’ho messa tutta – spiega ai suoi – di più non posso fare». Non bisogna scambiarlo per un approccio remissivo, anzi: il premier è furioso per gli attacchi dei governatori leghisti. «Sarei anche disposto a vederli, ma se continuano a insultare neanche li incontro. Non posso fare una riforma incostituzionale che va bene solo al Veneto e danneggia il resto d’Italia, anche perché poi verrebbe bocciata dalla Consulta. Serve un testo equilibrato, per il bene di tutto il Paese». L’attacco di Zaia e Fontana è coordinato, violento, ripetuto per il se Chi offende il governo e usa toni inaccettabili ostacola la riforma.
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Testata: Messaggero
Autore: Ajello Mario
Titolo: Fontana e Zaia contro palazzo Chigi sull’Autonomia: «Cialtroni, così il governo non ha senso» La replica del premier: «Salvini in difficoltà, cerca il pretesto per rompere». Di Maio lo difende – Autonomia, scontro Lega-palazzo Chigi Torna il rischio cris
Tema: Autonomia regionale e governo
«Fanno melina, fanno i vaghi, credono che può andare avanti tutto così, senza prendere veri impegni e dare una svolta a questo governo. Ma noi non ci facciamo fregare». Matteo Salvini non è affatto pacificato. E crisi congelata non significa che va tutto bene. Tutt’altro. «Io voglio andare avanti, però lo devono volere anche loro. O troviamo una soluzione vera, e stabiliamo che ci sono cose da fare e vanno fatte, a cominciare dall’autonomia, oppure tutti a casa. E smettiamola di prenderci in giro». Il pressing dei suoi e asfissiante su Salvini («Molliamo Di Maio e il resto della baracca»), i governatori del Nord sono infuriati con Conte sull’autonomia («Fa cialtronate», lo stronca Attilio Fontana, e Luca Zaia: «Se non si fa l’autonomia questo governo non ha più senso») e ciò rende ancora più difficile il molo del capo lumbard. «Io sono sempre più stanco del tira e molla di Di Maio, ma fino alla fine cercherò di trovare l’accordo. La condizione è che loro smettano di esagerare…». Ovvero, la finestra elettorale per Salvini è sempre aperta e l’opzione crisi per lui resta assolutamente una possibilità. Questo e altro dirà nel vertice, se ci sarà e nel caso si tratterà di vedere se con tutti e tre (Salvini, Di Maio e Conte) o solo lui con il collega grillino, che potrebbe sancire una tregua, ma anche un ulteriore frattura. Perché Salvini sta soffrendo l’attivismo di Conte, ed è incalzato dai suoi, compresi i governatori, che gli dicono: «Ormai si sente uno statista europeo, e l’Europa punta sui di lui per farci secchi». Salvini cerca di moderare gli animi, ma anche il suo è sempre più agitato.
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Testata: Giornale
Autore: Scafi Massimiliano
Titolo: Ira dei Nord, Zaia e Fontana silurano il premier – Sull’autonomia è rissa Lombardia e Veneto «sfiduciano» il premier
Tema: Autonomia regionale e governo
Telefonate notturne, «chiarimenti personali», decibel che si abbassano. Assolto dopo breve processo Luigi Di Maio, «perché è una persona corretta», adesso Matteo Salvini ha messo il premier nel suo mirino, pronto pare a impallinarlo se non si piegherà sui soldi per l’autonomia regionale. «Ormai è inaffidabile – si è sfogato con i suoi – E andato in Europa con una linea europeista fedele ai vincoli contabili, rinnegando la nostra, e per il commissario Ue ha lavorato per altri, non per Giorgetti». Conclusione: «La crisi non è archiviata. Se nel governo c’è chi non lavora o lavora male, la colpa non è solo dei ministri ma di chi coordina la squadra…». Insomma, nemmeno un rimpasto basterebbe più, il leader leghista per continuare l’alleanza con i Cinque stelle chiede la testa di Giuseppe Conte. Mala otterrà? Difficile.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Conte Giuseppe
Titolo: L’appello di Conte al Nord – «È una riforma per tutta l’Italia Non una bandiera da sventolare»
Tema: Autonomia regionale e governo
Cari cittadini della Lombardia e del Veneto, ritengo doveroso rivolgere, a voi direttamente, un chiarimento. Su molti giornali stanno montando le polemiche sul tema dell’autonomia differenziata, alimentate anche da dichiarazioni di esponenti delle forze di maggioranza, ma in particolare dalle prese di posizione dei governatori delle vostre Regioni. Il progetto riformatore è molto importante sul piano politico e molto complesso sul piano giuridico, ed era prevedibile che — approssimandosi i passaggi decisivi — la tensione politica e mediatica salisse sempre più. Il lavoro istruttorio sin qui svolto è stato molto faticoso. Si tratta di trasferire interi blocchi di competenze, legislative e amministrative, dallo Stato alle Regioni che lo richiedono. Devo ringraziare il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, per il grande impegno con cui ha portato avanti questo lavoro istruttorio. E devo ringraziare anche tutti i singoli ministri e i loro staff per avere lealmente collaborato a questa impegnativa opera di ricognizione delle materie e competenze trasferite, analizzando responsabilmente le varie ricadute (politiche, giuridiche, amministrative, economiche, sociali). Da alcune settimane siamo ai passaggi finali. Vi erano vari snodi politici, che richiedevano una condivisa ponderazione. Per questa ragione mi sono assunto la responsabilità di coordinare personalmente questi incontri. Era necessario farlo per imprimere la spinta finale. Abbiamo avuto riunioni interminabili, abbiamo esaminato il testo articolo per articolo, per superare tutti i dubbi residui. Abbiamo operato in un clima di condivisione, con tutti i ministri coinvolti, senza guardare alla distinzione di colori o appartenenze politiche. Manca ancora poco e poi saremo pronti per portare la bozza finale in Consiglio dei ministri. Avremo un testo serio e credibile, che verrà incontro alle vostre richieste e, nel contempo, sarà compatibile con il disegno costituzionale.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: G. Gua.
Titolo: Addio a Borrelli, cambiò l’Italia con l’inchiesta su Tangentopoli – Da Mani Pulite alla linea del Piave Borrelli, l’uomo che indagò i politici
Tema: La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli
Francesco Saverio Borrelli, il procuratore di Milano che guidò Mani Pulite, è morto ieri a 89 anni nell’hospice dell’Istituto dei Tumori di Milano circondato dall’affetto della moglie, Maria Laura, dei figli Andrea e Federica e dei quattro nipoti. Protagonista assoluto della stagione giudiziaria che spinse il passaggio alla Seconda Repubblica, guidò la Procura fino al ’99, poi diventò procuratore generale. Nel 2002, prima della pensione, lasciò il suo testamento culturale e civile nel famoso «resistere, resistere, resistere», diventato il motto di chi, investito di funzioni pubbliche, si oppone a minacce o lusinghe del potere. «Magistrato di altissimo valore, impegnato per l’affermazione della supremazia e del rispetto della legge, che ha servito con fedeltà la Repubblica», lo ha definito il presidente Sergio Mattarella, mentre Bobo Craxi («Guidò un colpo di Stato») e la sorella Stefania lo hanno attaccato. «Non hai mai smesso di trasmettere tutto ciò che per te valeva la pena trasmettere. Nel mio momento più buio ci sei stato», aveva scritto la figlia nelle scorse settimane.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Mincuzzi Angelo
Titolo: Il pool Mani pulite perde la guida – Addio a Borrelli, padre e guida del pool Mani pulite
Tema: La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli
Addio a Borrelli, padre e guida del pool Mani pulite Simbolo. Al vertice della Procura di Milano negli anni delle inchieste che hanno cambiato la storia del Paese Mattarella: «Ha servito con fedeltà la Repubblica» Angelo Mincuzzi Francesco Saverio Borrelli, procuratore della Repubblica di Milano all’epoca di Mani pulite, si è spento ieri all’età di 89 anni. Esattamente 25 anni dopo quel 14 luglio del 1994 quando nel Palazzo di giustizia il clima si era fatto improvvisamente torrido. L’inchiesta Mani pulite dilagava da due anni, la Prima Repubblica era morta con i suoi vecchi partiti e il 28 marzo le elezioni politiche avevano portato Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piencamillo Davigo e Francesco Greco entrarono concitati nell’ufficio di Borrelli per comunicargli una decisione drammatica Toccò a Di Pietro annunciarla agli italiani davanti alle telecamere poche ore dopo: «Quando la legge, perle evidentidisparità di trattamento, contrasta con i sentimenti di giustizia e di equità, diviene molto difficile compiere il proprio dovere senza sentirsi strumento di ingiustizia. Abbiamo pertanto informato il Procuratore della Repubblica della nostra determinazione a chiedere al più presto l’assegnazione ad altro e diverso incarico nel cui espletamento non sia stridente il contrasto tra ciò che la coscienza avverte e ciò che la legge impone».
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Testata: Stampa
Autore: Feltri Mattia
Titolo: Il direttore del processo di piazza – Così il direttore d’orchestra trasformò Mani pulite in un processo di piazza
Tema: La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli
Magistrato fu il nonno, e Francesco Saverio era cresciuto in una raffinata famiglia napoletana in cui i genitori si intrattenevano in francese, soprattutto se non volevano farsi intendere dalla servitù e dai figli. Era diplomato al conservatorio. Amava sommamente Richard Wagner e Modest Musorgskij, di cui la sua interpretazione al pianoforte di Una notte sul Monte Calvo garantiscono fosse ottima. Ogni Sant’Ambrogio, elegantissimo, si presentava alla prima della Scala e ancora più elegante montava la cavalla Rosemary, monta inglese, naturalmente, guanti, stivali con lo sperone, basco spigato. Si può immaginare quale attrattiva esercitasse in lui quel simpatico villereccio di Antonio Di Pietro, quando il 17 febbraio 1992 arrestò Mario Chiesa, presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio, avviando la demolizione della Prima repubblica. Borrelli se ne restò nella sua nobile borbonica distanza. Tre mesi più tardi ne uscì e si gettò nel tumulto in sella a Di Pietro. «L’inchiesta è cresciuta grazie a un clima nuovo e particolarmente favorevole dovuto soprattutto alla sensazione di stanchezza se non addirittura di nausea diffusa nella collettività di fronte all’occupazione sistematica e predatoria di alcuni settori pubblici da parte di ambienti politici», disse nel maggio 1992 in un’intervista a Chiara Beria di Argentine per l’Espresso.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Negri Giovanni
Titolo: L’analisi – Protagonista di una svolta nei rapporti politica-giudici
Tema: La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli
Un grande magistrato che ha fatto la storia del Paese». L’«autore di un sovvertimento istituzionale che i giuristi chiamano colpo di Stato». Nelle dichiarazioni di Francesco Greco e Bobo Craxi, quando la cronaca si mischia già con un po’ di storia, la parabola di una figura a suo modo esemplare come quella di Francesco Saverio Borrelli. Che ha incarnato più di altri giudici e pubblici ministeri quel conflitto tra politica e magistratura che ha conosciuto più stagioni e tensioni e di cui Tangentopoli costituisce esempio più evidente ma certo non unico. Dove un ruolo determinante sul piano politico sono le stesse istituzioni a riconoscerlo oggi al procuratore Borrelli. Per l’attuale ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, infatti, la fine della Prima repubblica fu «la naturale e giusta conseguenza» del lavoro di Borrelli e del pool di magistrati. Protagonista di una svolta nei rapporti politica-giudici lui guidato «nello svelare un sistema marcio che ha indebolito le fondamenta del nostro Paese». E il riavvolgersi del film delle memoria riporta in primo piano i fotogrammi di un periodo forse irripetibile quanto a consenso nel Paese per l’operato della magistratura, dove le indagini avevano conseguenze immediate e destabilizzanti su un assetto di poteri ormai sclerotizzato, dove i pm di Milano potevano andare in televisione a bloccare provvedimenti del Governo, dove la corruzione emergeva in tutta evidenza come sistema e male nazionale. Di quest’epoca Borrelli è stato protagonista innegabile, più felpato di un irruento Antonio Di Pietro, non meno preparato del “dottor sottile” Pier Camillo Davigo, a volte in dissenso con il suo vice Gerardo D’Ambrosio, senza mai perdere di vista una sintonia di fondo però.
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Testata: Repubblica
Autore: Serra Michele
Titolo: L’analisi – La stagione che cancellò i partiti – Dove ci ha portato il ’92
Tema: La scomparsa di Francesco Saverio Borrelli
Con il senno di poi, possiamo dire che Francesco Saverio Borrelli è stato uno dei pochissimi borghesi democratici che ha potuto giocare un ruolo determinante nella storia repubblicana del nostro Paese. Prima dominata dal paternalismo (a volte illuminato, a volte no) dei grandi partiti popolari, il periodo della Prima Repubblica; poi dal populismo post-partitico, e ultimamente quasi post-parlamentare, che ebbe in Silvio Berlusconi il suo fondatore indiscusso e che chiamiamo, per convenzione, Seconda Repubblica. Da parecchi anni Borrelli, che del vero civil servant aveva anche l’aplomb poco mediatico, si era ritirato dalla scena pubblica. Ci è difficile sapere, dunque, se avesse opinioni, e quali, sugli esiti storici dell’inchiesta condotta dal pool Mani Pulite, innesco involontario di una vera e propria rivoluzione politica, e sui singoli e molto diversi destini dei magistrati, suoi sottoposti, che ne facevano parte (Di Pietro, Colombo, Davigo, D’Ambrosio).
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Testata: Messaggero
Autore: Lo Dico Francesco
Titolo: Il tentativo di Di Maio per uscire dall’angolo ma dentro M5S cresce il peso del premier
Tema: M5s
Triste, solitario y final. Assediato dalle correnti interne, abbandonato da Grillo, sopravanzato dall’ombra del premier Conte, Luigi Di Maio trascina i piedi nel tentativo di fare resistenza all’inerzia delle cose che lo sospinge verso il patibolo del secondo mandato. «Nessuno spettro di crisi, il governo va avanti», continua a ripetere come un mantra il leader dei 5 Stelle. Ma nella ridotta del capo politico, sono sempre meno i fedelissimi disposti a restare in trincea con il leader pro-tempore nell’attesa dello showdown. Che si rompa con la Lega – come vogliono gli ortodossi di Fico e i movimentisti dell’ala Dibba — o si vada avanti finché si può, come impone pragmatica la piccola oligarchia che fa capo a Davide Casaleggio, ormai nel Movimento è maturata una certezza. Quando si tornerà alle urne, non sarà Luigi Di Maio il candidato premier dei pentastellati. Indice di apprezzamento di Conte, 54,9 per cento tra gli italiani (in salita rispetto al mese scorso) che arriva al 94 tra gli elettori grillini. Indice di apprezzamento di Di Maio: 34 tra gli italiani, 87 tra gli elettori.
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Economia e finanza
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Rogari Marco
Titolo: Il Governo è bloccato e servono 35 miliardi – Si parte da 8-10 miliardi per la manovra da 35
Tema: Manovra finanziaria
Il Governo (e il Paese) sono sospesi fra crisi e manovra. Mentre sull’autonomia è lite tra Conte e i governatori del Nord. Fontana (Lombardia) e Zaia (Veneto) sono molto critici ma per il premier gli attacchi sono «inqualificabili e del tutto ingiustificati». Salvini si prende una pausa di riflessione (ieri nessun comizio) mentre Di Maio rinnova gli inviti alla distensione. Sullo sfondo i conti della manovra prossima ventura. L’entità complessiva della legge di bilancio dovrebbe essere di almeno 35 miliardi. Si parte da una prima dote di 8-10 miliardi garantita dalle minori spese per quota loo e reddito di cittadinanza (4-5 miliardi) e dalla nuova fase di spending review in cantiere, che dovrebbe condurre a risparmi per ulteriori 4-5 miliardi. Altre risorse potrebbero arrivare dai tagli agli sconti fiscali. II governo dovrà poi trovare 23,1 miliardi per sterilizzare gli aumenti 2020 di Iva e accise, previsti dalle clausole di salvaguardia. La partita entrerà nel vivo a settembre. Ma soffre già ora dei conflitti che lacerano la maggioranza su più di un punto qualificante della futura manovra.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Pesole Dino
Titolo: L’analisi – L’ipotesi di più flessibilità dalla Ue può aprire uno spazio da 5-6 miliardi
Tema: Manovra finanziaria
E’ una manovra “in cerca d’autore” quella che prenderà corpo nelle prossime settimane con esiti al momento imprevedibili alla luce del progressivo logoramento dell’attuale maggioranza di governo. Complicato intestarsi la paternità di una legge di Bilancio che nella migliore delle ipotesi si aggirerà attorno ai 35 miliardi. Ecco perché, alla luce del quadro aggiornato delle possibili coperture disponibili, va emergendo l’intenzione di provare ad assicurarsi un margine aggiuntivo di deficit nel 2020 nella trattativa con la nuova Commissione europea che si insedierà a novembre. È il frutto del combinarsi di vari fattori: accanto al minor peso per circa 4 miliardi della correzione strutturale che va profilandosi per il 2020, grazie all’effetto dell’intervento sui saldi disposto per l’anno in corso (8,2 miliardi), si comincia a ragionare sui margini resi possibili dal miglior andamento del deficit (meno spesa corrente per reddito di cittadinanza e quota 100 e meno spesa per interessi qualora il calo dello spread si consolidasse). I conti aggiornati saranno disponibili a fine settembre, ma fin d’ora a livello tecnico va delineandosi uno scenario che vede il deficit tendenziale del 2020 attestarsi nei dintorni dell’1,7/1,8% del Pil, due o tre decimali in meno rispetto al 2% atteso per l’anno in corso. Risultato che proietterebbe il deficit 2020 al di sotto del 2,1% previsto dal Documento di economia e finanza dello scorso aprile. In sostanza, si aprirebbe uno spazio di 5/6 miliardi da utilizzare nella manovra in via di definizione, che potrebbe aggiungersi alla richiesta di fruire di un ulteriore “sconto” per effetto del rallentamento del ciclo economico di circa 3,6 miliardi.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Sensini Mario
Titolo: Irpef e consumi, il sommerso vale 119 miliardi (dieci volte la flat tax)
Tema: Consumi e redditi dichiarati
Il problema è antico, ma la forbice continua ad allargarsi e diventa sempre più preoccupante. Anche nel 2017, secondo l’Università della Tuscia, i consumi delle famiglie sono stati superiori ai redditi dichiarati. E la differenza tra quello che gli italiani svelano al fisco e quello che spendono è sempre più alta: nel 2016 era di quasi 100 miliardi e nel 2017 siamo arrivati a 118,8. Ipotizzando che nessuno abbia risparmiato un euro nel corso del 2017, il valore dei consumi oltrepassa quello dei redditi denunciati del 17,5%. Un «buco» grande come dieci flat tax, che se non equivale automaticamente a un’evasione fiscale, è segnale di qualcosa che non funziona nel sistema. Per dare un’idea, se fossero tassate come redditi al 20% (tanto per restare sulla flat tax), quelle spese che non trovano giustificazione nelle dichiarazioni Irpef porterebbero 24 miliardi di euro nelle casse dello Stato. Esattamente quello che servirebbe per scongiurare gli aumenti dell’Iva del 2020, e per sempre. Il divario maggiore tra consumi e redditi si registra in Lombardia e Lazio, ma lo scarto maggiore è in Campania, dove per ogni 100 euro dichiarati se ne spendono 129, seguita dalla Calabria (con una differenza del 26,7%) e dalla Sicilia (26,5%). Dal 2017 anche le Marche, l’unica regione dove i redditi dichiarati sono stati finora superiori ai consumi, anche se di poco, presentano una differenza negativa.
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Testata: Repubblica
Autore: v.co.
Titolo: Pochi contributi e regole più severe la generazione della pensione perduta
Tema: Pensioni
Vincoli posti dalla riforma Fornero. Carriera discontinua e basso reddito. Inesistenza di un’integrazione al minimo. La speranza di vita che si allunga. Ecco perché i giovani o giovani-adulti di oggi, quarantenni e forse qualche cinquantenne inclusi, devono preoccuparsi. La loro pensione sarà piccola e la prenderanno da ultra settantenni. Ormai non si parla più di una “pensione di garanzia” per queste generazioni. Forse perché l’emergenza tocca epoche future, fuori da perimetri elettorali della classe politica attuale concentrata sulla flessibilità da garantire ai sessantenni di oggi (che votano più dei giovani) con quota 100 e chissà forse anche tramite quota 41. Ma una buona parte della generazione X degli anni ’70, i Millennials – nati negli anni `80 e’90 – e certo anche la generazione Z degli anni Duemila, ovvero tutti coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1996 e ricadono in pieno nel sistema contributivo (prendi in base ai contributi versati e non in percentuale dell’ultimo stipendio, come col metodo retributivo) rischiano di incassare la pensione da over 70: a seconda delle simulazioni a 73 anni o anche dopo i 75. E soprattutto con assegni da fame, fino al 25% in meno in media. Altro che 62 anni e 38 di contributi, come garantisce oggi quota 100.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Querzè Rita
Titolo: La Lente – L’allarme di Confindustria sulla manifattura anello debole
Tema: Settore manifatturiero
L’allarme va preso sul serio. A i lanciarlo il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: «Siamo la seconda manifattura d’Europa ma occorre stare attenti a non diventare la terza», ha avvertito ieri pomeriggio da Matera. In Italia la perdita di capacità produttiva dovuta alla Crisi ha lasciato il segno. Tanto che dallo scorso aprile si è cominciato a mettere in discussione il posto dell’Italia come seconda manifattura europea dopo la Germania: se si guarda il valore aggiunto del manifatturiero continuiamo a essere secondi, ma se invece si considera il valore della produzione manifatturiera il sorpasso c’è stato. Tra una decina di giorni, il prossimo 31 luglio, l’Istat diffonderà i dati sull’ andamento del Pil nel secondo trimestre. Si parla di una variazione nulla o negativa: -0,1%. A pesare potrebbe essere proprio l’andamento del manifatturiero. Nessuna sorpresa quindi se fin d’ora Confindustria rinnova l’allerta. Per cercare di ottenere l’attenzione di un governo sempre più distratto.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Pitruzzella Giovanni
Titolo: Internet, arriva il tempo della responsabilità
Tema: Nuove regole per le piattaforme
La responsabilità delle piattaforme è la grande questione che, nei giorni scor- si, è rimbalzata tra le due sponde dell’Atlantico e tra le capitali europee. Tre fatti meritano una riflessione: la decisione della Federal Trade Commission di multare Facebook per la violazione della privacy nel caso Cambridge Analytica (12 luglio), la legge approvata dall’Assemblea nazionale francese in prima lettura contro la diffusione dei discorsi d’odio su Internet (9 luglio) e le conclusioni dell’Avvocato generale Szpunar nella causa davanti la Corte di giustizia dell’Unione europea sulla responsabilità di Facebook per la diffusione di contenuti diffamatori (4 giugno). L’ideologia della Silicon Valley ha sempre rivendicato che le piattaforme sono uno spazio di libertà in cui può esprimersi la ricchezza informativa delle nostre società senza che i gestori delle piattaforme fossero responsabili per i contenuti ospitati e l’uso dei dati degli utenti. In nome di un’ideologia libertaria si è costruito uno spazio economico, sociale e politico senza regole e senza responsabilità. Oggi, però, il lato oscuro di un Internet senza regole comincia a essere ben visibile a tutti e i tre fatti richiamati all’inizio, pur nella loro diversità, paiono riconducibili a una tendenza comune: l’espansione della rule of law su Internet e il consequenziale riconoscimento della responsabilità delle piattaforme, che costituisce il risvolto del potere che esse hanno accumulato. La profilazione ogni giorno più accurata di ciascuno di noi non ha solo un grande valore economico ma può essere impiegata per condizionare i comportamenti elettorali sfruttando i gusti e i pregiudizi di ciascun cittadino. Ora, la decisione della Federal Trade Commission pone un limite allo sfruttamento dei dati.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Minenna Marcello
Titolo: Egemonia petrolifera e Stati Uniti – L’egemonia del petrolio Usa è ai massimi: durerà?
Tema: Scenari energetici
Solo pochi anni fa la crescente dipendenza energetica degli Usa dal resto del mondo, in special modo dai Paesi del Medio Oriente era un fatto. Nell’ultimo decennio però si è verificato un imprevedibile ribaltamento delle prospettive. La produzione di petrolio Usa, in declino costante dall’inizio degli anni 8o, è più che raddoppiata fino a 12 milioni di barili al giorno (b/g). Il “miracolo” è avvenuto per lo sfruttamento di enormi giacimenti già conosciuti (i c.d. shale fields) ma considerati marginali per via dell’impossibilità tecnica di accedere alle risorse a costi accettabili. Pochi credevano che lo shale oil potesse cambiare il mercato. Le tecniche – già conosciute – della frantumazione della roccia tramite iniezioni idrauliche ad alta pressione (il fracking”) e di perforazione orizzontale dei pozzi incontravano lo scetticismo degli esperti. Infatti i giacimenti shales tendevano a esaurirsi nell’arco di 12 mesi, rendendo necessaria una frenetica attività di esplorazione per mantenere inalterata la produzione. Contro ogni aspettativa, dal 2010 l’applicazione su larga scala di queste tecnologie invasive ha consentito di sbloccare l’enorme quantitativo di idrocarburi dei vecchi giacimenti. Nel 2014 l’impatto dell’offerta di shale oil è stato talmente forte da contribuire al crollo del prezzo del petrolio a livelli (40 dollari) considerati impossibili dall’industria. Grazie agli enormi quantitativi di liquidità presenti sui mercati finanziari per via delle espansioni monetarie delle banche centrali, il settore è riuscito a superare indenne il periodo di prezzi molto bassi del 2014-2015 ottenendo credito a costi nulli e sostenendo la crescita produttiva.
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Societa’, istituzioni, esteri
Testata: Repubblica
Autore: Guerrera Antonello
Titolo: La guerra delle petroliere Londra minaccia Teheran
Tema: Crisi Iran-Gran Bretagna
La vendetta di Teheran si è consumata venerdì con la stessa tattica, come dimostra un video delle “Guardie della Rivoluzione” iraniane: pasdaran mascherati che da un elicottero atterrano sulla petroliera britannica “Stena Impero”, armi automatiche e sequestro immediato della nave che aveva appena varcato lo stretto di Hormuz. Una scena pressoché identica a quello dello scorso 4 luglio quando i marine britannici al largo di Gibilterra si impossessarono della “Grace 1”, una petroliera battente bandiera panamense ma sotto l’orbita di Teheran. Secondo Londra, stava trasportando greggio al dittatore siriano Assad, infrangendo dunque le sanzioni europee contro di lui del 2014. Uno a uno. E ora? Come nelle ultime settimane, il Regno Unito sta cercando di raffreddare la tensione oramai alle stelle nel Golfo Persico. Ma dopo venerdì sono cambiate molte cose. II ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, ha parlato con il suo omologo iraniano, Javad Zarif. Ma non c’è stata alcuna svolta. II capo del Foreign Office ha espresso «estremo disappunto per il sentiero pericoloso di Teheran» dopo il sequestro della Stena Impero, minacciando «risposte ponderate e robuste». Zarif gli ha freddamente risposto che ci sarà una «procedura giudiziaria» per la nave.
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Testata: Stampa
Autore: Mastrolilli Paolo
Titolo: Londra avverte l’Iran “Liberate la petroliera oci saranno reazioni”
Tema: Crisi Iran-Gran Bretagna
Il sequestro della petroliera Stena Impero potrebbe avere «serie conseguenze», e se non verrà rilasciata in fretta la reazione di Londra sarà «ponderata ma dura». Il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt ha lanciato questo avvertimento all’Iran, ribadendo che l’obiettivo è trovare una soluzione diplomatica e non militare. Le tre incognite che pesano sulla vicenda però sono quanto Teheran vorrà spingersi sulla linea della provocazione; come reagirà Trump, fomentato dal consigliere per la sicurezza nazionale Bolton che avrebbe orchestrato l’incidente; e come potrebbe cambiare la linea del Regno Unito, quando la settimana prossima Boris Johnson probabilmente diventerà premier. Hunt ha ribadito che la Stena Impero si trovava nelle acque dell’Oman, e il suo sequestro era non solo ingiustificato, ma come ha detto la responsabile della Difesa Mordaunt «un atto ostile». Ieri il comitato Cobra di Londra è tomato a riunirsi per la risposta, anche se finora ha prevalso la linea diplomatica. Dall’Iran sono arrivate indicazioni contraddittorie. Il portavoce del Consiglio dei Guardiani, Abbas Ali Kadkhodaei, ha detto che «la regola dell’azione reciproca è riconosciuta dalla legge internazionale», confermando così che la cattura della Stena Impero è una rappresaglia per quella della Grace 1, la petroliera iraniana sequestrata dai Royal Marines al largo di Gibilterra. Altre fonti governative però hanno insistito sulla versione secondo cui la nave aveva violato le norme della navigazione e aveva provocato un incidente con un peschereccio.
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Testata: Messaggero
Autore: Franco Pierluigi
Titolo: Guerra delle petroliere Londra avverte l’Iran: «Pronti a rispondere»
Tema: Crisi Iran-Gran Bretagna
Una telefonata per tentare la soluzione diplomatica. Così tra Gran Bretagna e Iran si prova a contenere gli effetti della nuova “guerra delle petroliere”, culminata venerdì sera con il sequestro della nave britannica Stena Impero da parte dei Pasdaran nello Stretto di Hormuz. La telefonata, in realtà poco chiarificatrice, c è stata ieri tra il ministro degli Esteri del Regno Unito, Jeremy Hunt, e il suo omologo iraniano, MohammadJavad Zarif. All’«estremo disappunto» espresso da Hunt, Zarif ha risposto semplicemente che la nave, sequestrata per violazione delle regole marittime internazionali, dovrà ora sottostare a un procedimento legale. Quali siano i passaggi di questo procedimento è difficile dirlo, ma è facile immaginare che la sua durata sarà legata al rilascio della petroliera iraniana Grace 1, sequestrata quindici giorni fa dai britannici nello Stretto di Gibilterra per presunta violazione delle sanzioni alla Siria (è stata accusata di portare petrolio in territorio siriano).
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Pignatelli Michele
Titolo: Petroliera sequestrata, Londra avverte l’Iran – Petroliera sequestrata, Londra avverte l’Iran: conseguenze serie
Tema: Crisi Iran-Gran Bretagna
Resta alta la tensione nello Stretto di Hormuz all’indomani del sequestro della petroliera battente bandiera britannica Stena Impero da parte delle Guardie della rivoluzione iramane. Anche se dietro toni duri e minacce si intravvede ancora il tentativo di risolvere la crisi per vie diplomatiche. L’episodio però – ultimo di una serie di incidenti o attacchi deliberati contro navi o droni nel Golfo Persico negli ultimi due mesi – rischia di far salire ulteriormente i costi assicurativi per le compagnie di navigazione, se non di ridurre drasticamente il traffico di petroliere in una delle vie d’acqua più strategiche a livello globale: dallo Stretto di Hormuz, tra Golfo Persico e Golfo di Oman, sono transitati in media nel 2018 21 milioni di barili di greggio al giorno secondo il Dipartimento dell’energia americano, il 21% del consumo globale di petrolio e un terzo di quello commerciato via mare. La pressione di Londra Il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt, in una telefonata con l’omologo iraniano Javad Zarif, ha espresso «estremo disappunto» per quello che il governo di Londra ha definito un «atto ostile», minacciando Teheran di «serie conseguenze».
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Scott Antonella
Titolo: Ucraina al voto per il Parlamento – Putin: «Russi e ucraini, popolo unico»
Tema: Ucraina
Per Vladimir Putin, è tutto molto semplice: «Se in Ucraina danno i passaporti ai russi – osservava il presidente in aprile durante un’intervista tv -, e se qui in Russia diamo passaporti e cittadinanza agli ucraini, presto o tardi otterremo il risultato previsto. Ognuno avrà doppia cittadinanza. Questo ci piace». Un mese fa, Putin ha rincarato la dose parlando al regista americano Oliver Stone, dichiarazioni diffuse proprio ieri dal Cremlino: «Io credo che russi e ucraini siano un unico popolo…una nazione, di fatto. Abbiamo molte cose in comune, vantaggio competitivo in una qualche forma di integrazione. Il riavvicinamento è inevitabile». Alla vigilia delle elezioni parlamentari di quest’oggi, anticipate di tre mesi dal nuovo presidente Zelenskiy, il legame con Mosca e la ricerca di una soluzione nel Donbass tornano al centro del dibattito e delle scelte degli elettori ucraini. Orientati, stando ai sondaggi, a confermare il consenso attribuito al giovane Zelenskiy in aprile, quando l’attore comico quasi sconosciuto fino a pochi mesi prima ha conquistato la presidenza con più del 70% dei voti. Un successo che Zelenskiy ha voluto cavalcare prima che l’entusiasmo venisse messo alla prova dei fatti: la sua prima decisione da presidente è stata sciogliere la Verkhovna Rada, il Parlamento fedele al predecessore Petro Poroshenko. In modo da poter contare su una maggioranza e su un governo in sintonia con i propri programmi. E ai primi posti in agenda ci sono lotta alla corruzione, rilancio dell’economia e del livello di vita, il nodo delle regioni dell’Est Ucraina in mano ai separatisti Tutte questioni difficilissime da risolvere, soprattutto per un presidente populista che deve tenersi in equilibrio tra le promesse fatte in campagna elettorale e la realtà.
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Testata: Stampa
Autore: Agliastro Giuseppe
Titolo: Il leader di Kiev porta in Parlamento sportivi e soubrette – Zelensky guida cantanti, attori e sportivi alla conquista del Parlamento di Kiev
Tema: Ucraina
Presentatori, calciatori, cantanti, attori. Con le elezioni parlamentari di oggi, la politica ucraina si prepara ad accogliere una nuova infornata di divi dello sport e dello spettacolo. È l’effetto Zelensky. Tre mesi fa, il presidente ucraino si è lasciato alle spalle (almeno per il momento) una splendida carriera da attore comico per stringere in pugno la bulavà: la mazza dorata simbolo del potere del capo dello Stato. E adesso sta pescando tra i suoi amici più fidati del mondo del cabaret e della tv i potenziali futuri deputati del suo partito «Servo delpopolo». È il caso di Yuri Koriavchenkov, 44 anni, di cui più di 20 trascorsi affiancando Volodymyr Zelensky sul palco e sul piccolo schermo. Ingegnere di formazione, cabarettista di professione, collezionista di boccali di birra per vocazione, Yuri «Yuzik» Koriavchenkov è una spalla, una delle migliori in circolazione. Ma oggi cercherà di conquistare uno scranno alla Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino. È infatti candidato in un collegio uninominale a Kryvyi Rih, la città dell’Ucraina meridionale dove è nato. La stessa città industriale che ha dato i natali anche a Zelensky.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Fabbrini Sergio
Titolo: Von der Leyen schiacciata tra Consiglio e Parlamento – Von der Layen schiacciata tra Parlamento e Consiglio
Tema: Ue
Invece di stabilire chi abbia vinto o perso nell’elezione di Ursula von der Leyen, è più importante comprendere la natura dei processi politici e istituzionali portati in superficie da quella elezione. I fatti sono noti. Ursula von der Leyen è stata eletta presidente della Commissione europea da una risicatissima maggioranza del Parlamento europeo (appena 9 voti in più di quelli necessari). Pur avendo presentato un programma europeista, la sua elezione è stata resa possibile dal sostegno ottenuto da parlamentari sovranisti o euroscettici (come i polacchi di Diritto e giustizia, gli ungheresi del Fidesz, gli italiani del Movimento 5 Stelle), dato che un centinaio di parlamentari europeisti si sono opposti alla sua candidatura. Come mai un candidato-presidente europeista non ha ricevuto i voti di molti parlamentari europeisti? E cosa ci dice, l’elezione di Ursula von der Leyen, relativamente al funzionamento del sistema istituzionale dell’Unione europea (Ue)? Cominciamo dai processi politici. Mai come ora, la politica nel Parlamento europeo appare frammentata e confusa. Le elezioni del 26 maggio scorso hanno consegnato una maggioranza europeista che non ha ancora trovato una sua espressione politica coerente. La ragione è dovuta al doppio asse di divisione che contrappone i partiti nel Parlamento europeo.
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Testata: Stampa
Autore: Zatterin Marco
Titolo: Intervista a David Sassoli – Sassoli: “L’Europa riparte Apriremo un’inchiesta sulle interferenze russe” – “Riparte cantiere Ue Subito un’inchiesta sulle ingerenze russe”
Tema: Ue
L’Europarlamento avvierà la riforma della governance Ue per chiedere più poteri democratici. Pronta anche un’inchiesta sulle ingerenze esterne, Russia in testa. Il neopresidente David Sassoli non ha dubbi: «Ci siamo ripresi il cantiere europeo». Archiviata la complessa disfida che ha condotto Ursula von der Leyen al vertice della Commissione Ue, il secondo “numero uno” italiano dell’assemblea comunitaria prevede una «legislatura politica e pragmatica», obbligata a dare «risposte concrete ai problemi della solidarietà, all’immigrazione, alla coesione sociale, allo stato di diritto». Esulta per la vittoria europeista e ammette col sorriso di essere «finito nel frullatore», però concede di prenderla «come un privilegio e non certo come un peso». Programma il futuro, coltiva l’idea di qualche giorno di vacanza, sebbene «prima ci sono ancora parecchie cose da fare», del resto settembre è quasi domani. Al momento buono, Sassoli confessa che porterà con sé almeno due libri, “Il Mediterraneo in barca” di Simenon e “1919/ La grande illusione” di Eckart Conze. Due punti di vista sull’Europa, angolature diverse da cui trarre ispirazione. Anche per ragionare su come si è spaccato il fronte europeista al momento di decidere i nuovi vertici Ue. E poi? «A Ursula von der Leyen – risponde l’esponente del Pd – è stato attribuito il mandato ad avviare il percorso per formare la nuova Commissione, un cammino fatto di contenuti e persone che devono coincidere.
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Testata: Messaggero
Autore: Prodi Romano
Titolo: L’analisi – Quel pasticcio gialloverde nell’Europa da governare
Tema: Ue
La fiducia del Parlamento Europeo alla Signora von der Leyen è arrivata, anche se con margini ristretti e con i tanti “se e ma” che si prevedevano alla vigilia. E forse qualcuno in più. L’esito positivo, non affatto scontato, si è infatti concretizzato solo dopo che la candidata, nel suo discorso di fronte al Parlamento, ha alleggerito le asprezze e le incomprensioni che si erano rese evidenti negli incontri con i capi dei gruppi parlamentari prima del voto in aula. Alla fine si è giunti al voto positivo che, proprio perché non scontato, ha portato un indubbio sollievo all’Unione Europea. In caso contrario essa avrebbe infatti subito una ferita difficilmente sanabile, pur essendo pienamente giustificato il risentimento del Parlamento per il modo con cui la candidatura era stata proposta. Il Parlamento, anche in conseguenza delle sue divisioni, era stato infatti esautorato dall’intesa fra la Cancelliera Merkel e il Presidente Macron.
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Testata: Stampa
Autore: Mastrolilli Paolo
Titolo: Haftar: è scattata l’ora zero per attaccare la capitale
Tema: Libia
Il generale Haftar annuncia l’offensiva finale per conquistare Tripoli e il Governo di accordo nazionale libico accusa Francia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti di aiutarlo. Questo proprio mentre in apparenza la comunità internazionale torna ad appoggiare il processo politico gestito dall’Onu, anche se quasi tutti chiedono la sostituzione del rappresentante speciale del segretario generale, Ghassan Salamé, perché poco efficace. L’esercito nazionale libico (Lna) ha dichiarato che è arrivata «l’ora zero» dell’offensiva per catturare Tripoli, e con un post sulla sua pagina Facebook ha sollecitato i giovani della capitale a schierarsi con le proprie forze. Nelle stesse ore il Governo di accordo nazionale libico, guidato da Fayez Al-Sarraj e sostenuto dall’Onu, ha accusato Francia, Egitto ed Emirati di aiutare Haftar con l’intelligence e l’aviazione. «Avvertiamo l’Egitto, la Francia e gli Emirati delle conseguenze di un attacco contro Tripoli», ha dichiarato il Supremo Consiglio di Stato libico. Se la nuova offensiva di Haftar avrà più successo di quelle precedenti, chiudendo in maniera definitiva la questione a favore del generale e dei suoi alleati, lo vedremo nelle prossime ore. Nel frattempo però questi sviluppi dimostrano l’ipocrisia che regna nella comunità internazionale, e forse è stata finora la ragione principale che ha impedito di trovare una soluzione politica.
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Testata: Repubblica
Autore: Lerner Davide
Titolo: Tredici anni al potere Netanyahu è il leader più longevo di Israele
Tema: Israele
Benjamin Netanyahu è diventato il leader politico più longevo della storia di Israele superando David Ben Gurion, il fondatore dello Stato. Netanyahu detto Bibi ha raggiunto 13 anni e 128 giorni al potere come primo ministro, uno in più rispetto al primo capo di governo il cui record era rimasto imbattuto per 56 anni. Al timone da 10 anni, Netanyahu era già primo nel conteggio degli anni consecutivi. Shlomo Ben-Ami, ex ministro degli esteri e diplomatico, ha però scritto che Ben Gurion fu «a tutti gli effetti primo ministro israeliano in absentia, in grado di governare per procura» durante un temporaneo ritiro dalla politica negli anni 50. Lo scorso anno era stato il presidente turco RecepTayyip Erdogan a superare i 5491 giorni al potere del fondatore della Repubblica Mustafa Kemal Ataturk.
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