“Dalle Quote rosa alle Aliquote rosa”. La provocazione di Stefania Brancaccio, imprenditrice napoletana, Cavaliere del Lavoro, presidente del Coordinamento donne dell’Ucid, a commento degli Stati Generali del Sud.
Lancia un’idea alla ministra Carfagna dopo la due giorni di proposte sul Sud?
«Le politiche per la conciliazione tra lavoro e famiglia, quali asili, smart-working, part-time, se declinate solo al femminile, curano i sintomi ma non la causa del problema. È come se affrontassimo una malattia grave tamponandola soltanto con un’aspirina. Noi pensiamo a una misura che tuteli e sostenga la donna nel mondo del lavoro. Non basta aggredire i problemi con dichiarazioni di principio se non si individuano strumenti di traduzione pratica. In questo senso va la nostra proposta che vuole indicare un cammino condiviso verso la creazione di condizioni sociali favorevoli al sostegno della donna, della famiglia e del suo lavoro. In attesa di provvedimenti promessi ormai da decenni, noi proponiamo una rivoluzione culturale, la gender tax, sostenuta dai professori Andrea Ichino e Alberto Alesina».
Draghi ha posto le donne come uno dei tre obiettivi primari del Recovery Plan.
«Oggi è la donna che rinuncia in tutto o in parte al lavoro. Noi pensiamo che, grazie alla tassazione differenziata, l’assunzione di donne costerebbe meno al datori di lavoro e sarebbe meno umiliante per noi donne che oggi vediamo offrire alle aziende bonus risarcitori per chi ci assume. L’aumento del reddito ottenuto grazie a minori aliquote fiscali renderebbe possibile pagare gli asili nido, o le babysitter, da parte di madri attualmente costrette a restare a casa perché altrimenti guadagnerebbero troppo poco per finanziare la cura dei figli e assistere genitori anziani. Il Recovery Fund sia uno sprone per cambiare visione».
Ma tale misura non inciderebbe sulle entrate fiscali, per cui il bilancio pubblico ne risentirebbe.
«Una riduzione dell’aliquota fiscale alle lavoratrici non diminuirebbe molto il gettito fiscale prodotto dalle loro retribuzioni perché al contempo crescerebbe altrettanta occupazione femminile e quindi la base imponibile. Trovo singolare che in Italia l’attenzione sia sempre sulla detassazione fiscale delle aziende e mai su quella delle persone». Detto da un’imprenditrice è davvero un segnale di svolta.
Ma una disparità di trattamento fiscale tra uomini e donne non è in contrasto con la Costituzione?
«Se si possono prevedere interventi che abbiano lo scopo di aumentare l’occupazione femminile per un periodo limitato, perché, proprio in virtù della parità fra uomo e donna, non si può prevedere una diversa articolazione non a tempo indeterminato del regime fiscale? Non si può imporre uguaglianza di trattamento tra diseguali. La proposta aumenta l’equità del sistema perché contribuisce a compensare le donne per i costi biologici e sociali che gravano su di loro. Altro che discriminazione, è un modo concreto per restringere il divario tra sessi».
L’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti in quali sedi pensa di presentare questa proposta?
«Siamo state consultate come Coordinamento Nazionale Donne Ucid in vista del Geo di quest’anno presieduto dall’Italia. Dobbiamo avere il coraggio di avviare percorsi possibili per una trasformazione dell’economia, affinché divenga più giusta ed equa, seguendo l’esortazione del Papa a partire da Economy of Francesco. Non basta proclamare il valore della famiglia ed esigere una legislazione che la promuova se non ci si fa carico della ricerca di soluzioni pratiche che diano la scossa necessaria a un sistema culturale che differenzia in base al genere e lo fa in maniera penalizzante per le donne. Le scelte economiche devono essere al servizio della persona umana, non viceversa».