Quaranta milioni di tonnellate di merci all’anno. Si può discutere di tutto, discettare su scenari di crescita o di decrescita, essere entusiasti o meno delle nuove reti ferroviarie e logistiche destinate a rendere l’Europa un’unica macro-regione, quello che non si può mettere in discussione è che dal 2016 attraverso l’arco alpino che unisce Italia e Francia transitano annualmente più di quaranta milioni di tonnellate di merci. Un dato che da solo basta a giustificare lo sforzo di una delle più dibattute e significative sfide economiche, sociali e per molti versi culturali ingaggiate dall’Italia negli ultimi anni. Basta partire da quei quaranta milioni perché, ecco il punto, già riuscire a trasferirne su ferrovia la metà entro il 2038 servirebbe a ripagare l’intera opera – a cominciare dal tunnel di base del Moncenisio – e tutti gli investimenti in atto.
Oltre alla sostenibilità economica bisogna tuttavia fare i conti anche con quella ambientale, e se è così le ragioni per vedere realizzato l’asse ferroviario diventano ancora più stringenti. Parlano i numeri: lungo i tre attraversamenti autostradali (Il tunnel del Fréjus, il tunnel del Monte Bianco e il valico litoraneo di Ventimiglia) sono transitati nel 2016 due milioni e 780mila tir per un carico complessivo di 39 milioni di tonnellate di merci (il 92,4 per cento del totale). Togliere dalla strada almeno la metà di questi giganti comporterebbe una drastica diminuzione di emissioni di anidride carbonica e permetterebbe, oltretutto, di onorare gli impegni presi dall’Italia in sede europea: trasferire entro il 2030 quota 30% delle merci che viaggiano su rotaia, per poi salire al 50% entro il 2050.
Sviluppo, sensibilità ambientale e coerenza rispetto a politiche strategiche condivise sul piano europeo fanno della nuova direttrice transalpina una priorità per il sistema Italia. È quanto emerge dal rapporto redatto dall’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione dal titolo “Verifica del modello di Esercizio per la tratta nazionale lato Italia della Fase 1 – 2030” pubblicato nel novembre del 2017 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e discusso il 28 febbraio a Torino nel corso di un workshop alla presenza di tutti i principali responsabili e stakeholder del nuovo asse ferroviario, il Commissario di Governo e presidente dell’Osservatorio Paolo Foietta, Paolo Grassi (Rfi – Direttore Compartimento di Torino), Roberto Zucchetti (professore Università Bocconi di Milano e consulente struttura Commissario di Governo, Cesare Paonessa (direttore Agenzia Mobilità Piemontese), Emmanuele Vaghi (direzione Commerciale ed Esercizio Rete, responsabile Struttura Pianificazione funzionale e sviluppo di direttrice – Rfi), Mario Grimaldi (direzione investimenti – Responsabile della Struttura Progetti di Torino – Rfi), Roberto Delponte (settore pianificazione e programmazione trasporti e infrastrutture della Regione Piemonte), Bruno Dalla Chiara (Dipartimento Diati – Trasporti del Politecnico di Torino), Mario Virano (direttore Generale Telt-sas), François Lépine (vice presidente delegato del Comité pour la Transalpine). Il rapporto di fatto aggiorna e approfondisce gli scenari di traffico e i dati alla base della realizzazione dell’opera mettendo in evidenza come al 2030, con l’entrata in funzione del tunnel di base del Moncenisio, l’intera rete ferroviaria coinvolta lungo le tratte nazionali di Bassa Valle e di adduzione metropolitana e nel Nodo di Torino dovrà essere conforme agli standard della nuova galleria. Il che vuol dire che si prospetta una significativa “cura ricostituente” per i trasporti su rotaia del Nord Ovest (e non solo) chiamati a rispondere a una sfida che li vedrà protagonisti solo a condizione di potersi agganciare ai criteri di intermodalità, capacità e sostenibilità dei corridoi europei e intercontinentali.
Superata una fase di stanca, per dir così, il percorso sembra finalmente procedere spedito. Con la ratifica ed esecuzione dell’Accordo Italia Francia per l’avvio dei lavori definitivi del Tunnel di Base del Moncenisio e la successiva delibera del Cipe del 7 agosto 2017, che prevede il finanziamento dell’opera per “lotti costruttivi”, la fase decisionale è alle spalle. Dopo la Francia, ora anche l’Italia passa al piano operativo. Entro il 2019, stima Telt – Tunnel Euralpin Lyon Turin, il Promotore Pubblico responsabile della realizzazione e della gestione della sezione transfrontaliera della futura linea ferroviaria merci e passeggeri Torino-Lione, saranno lanciati appalti per un valore complessivo di 5,5 miliardi di euro.
Struttura Tecnica di Missione e Project Review:
un nuovo approccio alle grandi opere
Per fare passi in avanti bisogna saper riconoscere gli errori commessi. La “Nuova Struttura Tecnica di Missione” creata dal ministro Graziano Delrio è stata una risposta a problemi cronici del sistema infrastrutturale italiano: discussioni e polemiche su quasi tutti i progetti, lunghissimi tempi di completamento, costi fuori controllo, manufatti non completati. Alla logica della vecchia “Legge Obiettivo”, basata unicamente su grandi opere e processi decisionali poco condivisi (“Decidi, Annuncia, Difendi”), si è passati con il nuovo Codice degli appalti (D.Lgs.50/2016 e correttivo 2017) e con “Connettere l’Italia” a una nuova politica infrastrutturale plasmata su pianificazione strategica e valutazione ex ante dei costi e dei benefici dei singoli interventi. Così nel 2016 (“Allegato infrastrutture al Def”), il quadro programmatico relativo alle infrastrutture di interesse nazionale viene suddiviso in tre categorie: progetti invarianti, costituiti da opere in corso di realizzazione o comunque soggette ad obblighi giuridicamente vincolanti, tali da farle ritenere ormai irreversibili; progetti in corso da sottoporre a revisione (project review); progetti che, come prevede il Codice degli appalti, sono stati giudicati utili, ma le cui scelte progettuali non risultano convincenti perché molto costose, impattanti sul territorio e quindi non pienamente giustificate. Come è noto, i risultati delle project review sono stati importanti in termini di impatto sulla spesa pubblica. Solo per strade e autostrade le project review completate hanno consentito di ottenere una riduzione di costo degli interventi e delle opere per oltre 25 miliardi su un costo iniziale previsto per le opere sottoposte di poco più di 36,6 miliardi: un risparmio del 68 per cento. Tra i “Progetti rivisti” c’è anche la tratta italiana della Torino-Lione. Il risultato è una riduzione del costo da 4,393 miliardi di euro a 1,910 miliardi per una complessa serie di interventi previsti in risposta ai mutati scenari dei traffici.
Evoluzione degli scenari di trasporto
“Si deve rilevare che le previsioni della Commissione Europea hanno ampiamente sovrastimato il traffico merci, perché non hanno saputo, come nella quasi generalità dei casi, prevedere l’intensità e la durata della crisi: è questo il principale motivo della sovrastima del traffico, molte volte, e giustamente, messa in evidenza in questi anni”. Su questo passaggio presente alla pagina 26 del rapporto redatto dall’Osservatorio sono state sollevate aspre polemiche. Le voci storicamente contrarie al progetto hanno visto confermati i propri sospetti sull’inutilità dell’infrastruttura e su artefatte previsioni di traffici al solo scopo di giustificare lavori senza una reale corrispondenza a un’effettiva domanda presente sul territorio. Se poche righe estrapolate in una pagina rischiano di lasciare il tempo che trovano, isolate in un documento di sessantuno ne lasciano ancora meno. E infatti se da un lato i tecnici mettono in evidenza come, al finire degli anni ’90 e prima della grande crisi, le previsioni di crescita della Linea Storica del Tunnel del Frejus si siano poi rilevate sbagliate visto e considerato il ridotto traffico su rotaia canalizzato su questa direttrice, dall’altro immediatamente segnalano che a non esser previsti (perché di fatto non prevedibili) sono stati i cambiamenti di modello di funzionamento del servizio ferroviario.
Nell’ultimo decennio il trasporto merci ha conosciuto una trasformazione copernicana. Da supplementare rispetto al trasporto su gomma, la rotaia è diventata sempre più competitiva. Su distanze elevate, a treni corti e leggeri si stanno affermando in tutto il mondo treni lunghi diverse centinaia di metri (più di 750 m), pesanti (più di 2000 tonnellate lorde), a grande sagoma e per lunghi itinerari (oltre 800 km), caratteristiche assolutamente incompatibili con la vecchia infrastruttura. “Questo nuovo modello – si legge nel documento – risultato vincente sulle tratte di attraversamento della Svizzera, è del tutto incompatibile con le caratteristiche della Linea Storica del Fréjus, che ha pendenze molto elevate, […] e raggi di curvatura molto stretti, due aspetti che aumentano quella resistenza al moto del treno dovuta all’infrastruttura e quindi limitano la capacità di traino delle locomotive”. E poi il passaggio decisivo: “La vera ragione della costante diminuzione del traffico sulla Linea Storica è quindi la sua obsolescenza e non la riduzione dei traffici attraverso l’arco alpino occidentale: infatti, tutte le statistiche (Eurostat e Nazioni Unite) indicano il permanere dei flussi e il loro aumento con l’attuale ripresa dell’attività economica”.
Negli atti del workshop che verranno pubblicati nel prossimo “Quaderno” dell’Osservatorio (i Quaderni, liberamente scaricabili dal sito della Presidenza del Consiglio, raccolgono periodicamente i risultati dei lavoro dell’Osservatorio da 2006 a oggi), Foietta mette inoltre in evidenza come gli “oppositori” omettano di richiamare quanto scritto nel documento da loro stessi citato a proposito del crescente flusso di interscambio economico. “La mancata crescita degli ultimi anni è stata recuperata tornando al periodo pre-crisi (2007) mentre il transito delle merci (in tonnellate) sta crescendo solo su autostrada proprio per la mancanza di una infrastruttura ferroviaria adeguata. Infatti gli approfondimenti tecnici ed economici dello studio dell’osservatorio hanno dimostrato che la tratta di valico della linea storica, valutata nel 2006, non è più rispondente agli attuali standard funzionali per il trasporto delle merci e risulta economicamente insostenibile, a causa delle limitazioni di esercizio necessarie per garantire adeguati standard di sicurezza: ciò a causa delle caratteristiche fisico-morfologiche del tracciato e delle caratteristiche costruttive (di fine dell’800) che ne rendono impossibile l’adeguamento”. Per concludere con nettezza: “Questo è davvero un fatto incontrovertibile: senza il nuovo Tunnel del Moncenisio l’Arco Alpino Occidentale rimarrebbe privo di un asse ferroviario utilizzabile”. Una situazione impensabile, oggi più di ieri, alla luce dei progressi fatti sul fronte delle reti europee.
Verso lo spazio ferroviario unico europeo
All’esigenza di mercato si affianca quella di strategia politica. Nel “Libro Bianco” sui trasporti redatto dalla Commissione Europea del 2011 (“White Paper – Roadmap to a Single European Transport Area – Towards a competitive and resource efficient transport system”) si denuncia la dipendenza dell’Unione dal petrolio e dai suoi derivati per coprire il 96% del fabbisogno energetico del settore dei trasporti e, come abbiano visto, sulle percorrenze superiori a 300 km si auspica l’obiettivo di trasferire su ferrovia (o altri modi) il 30% del trasporto di merci su strada entro il 2030, il 50% entro il 2050. A sancire con tutti i crismi questa strategia è il Parlamento Europeo con risoluzione del 9 giugno 2016 sulla competitività dell’industria ferroviaria europea, in cui si afferma: “L’industria ferroviaria europea rappresenta il 46% del mercato mondiale del settore […]. Per mantenere il predominio mondiale dell’industria ferroviaria europea, sarà fondamentale realizzare l’obiettivo della creazione di uno spazio ferroviario europeo unico”.
Lontano dall’essere un’utopia, tale spazio è già realtà sul fronte svizzero e austriaco, almeno stando agli obiettivi indicati dalla Commissione per il 2030. Alla frontiera con la Svizzera si è già superata quota 30%, mentre su quella austriaca la quota modale del ferro è 29,5% (2016) del totale. Questi risultati rispecchiano un’evoluzione del sistema di trasporto orientato alla circolazione di treni più lunghi e pesanti. Sul fronte francese accade l’opposto con una quota modale al di sotto del 10%. Il perché è molto semplice: siamo di fronte a una rete logistica basata quasi esclusivamente sul trasporto stradale, dove alla ferrovia viene chiesto un ruolo di “supplenza” per la percorrenza della sola tratta di attraversamento delle Alpi. “Su distanze di circa 1.000 chilometri – evidenziano i tecnici nel rapporto – 700 sono percorsi su strada e solo 300 su ferrovia”. Dati i cambiamenti di scenario nei modelli stessi di trasporto ferroviario, l’obiettivo è rovesciare questo rapporto. A treni corti e leggeri da utilizzare su distanze brevi, si sono avvicendati treni lunghi almeno 700 o 800 metri in grado di percorrere lunghe distanze con continuità, senza la necessità di cambiare mezzi di trazione e personale a ogni frontiera. Serve cioè sviluppare un sistema di trasporto ferroviario interoperabile e omogeneo, che nel concreto vuol dire poter disporre di infrastrutture con impianti di elettrificazione in grado di consentire il transito di treni poli-corrente e poli-tensione, equipaggiati per viaggiare a costi competitivi al km e senza compromettere la sicurezza dei treni passeggeri sia sulle linee tradizionali che quelle per l’Alta Velocità.
Se prima si poteva pensare di caricare i camion sui treni, oggi questo non è più possibile perché nel nuovo contesto per essere competitivi bisogna stoccare molta merce. Dieci anni fa i treni non potevano avere sagoma container, non potevano essere lunghi e pesanti per attraversare dei viadotti. Oggi è invece fondamentale inserirsi nei grandi corridoi modali europei e l’Asse Ferroviario Torino Lione è parte fondamentale del Corridoio Europeo Mediterraneo, uno dei nove corridoi prioritari della rete Ten-T (Trans-European Networks) nonché asse prioritario di connessione alla nuova Via della Seta (Silk Road), il più grande programma al mondo in termini di infrastrutture lanciato nell’autunno del 2013 da Xi Jinping con l’obiettivo di connettere in una rete transcontinentale Europa, Asia e Africa. In questo scenario il ruolo del Corridoio Mediterraneo, e quindi della Torino-Lione, diventa centrale come asse principale di distribuzione in relazione con il Nord Africa, da un lato, e dall’altro con l’Ucraina e la Federazione Russa.
“In Italia – segnalano i tecnici – il Corridoio, attraversa l’intera Pianura Padana connettendo il sistema della portualità ligure (Savona, Genova) e della portualità adriatica (in particolare Trieste). Si tratta di un sistema al servizio del 18 per cento della popolazione europea e di regioni che rappresentano circa il 17 per cento del Pil europeo. Risulta pertanto evidente la priorità strategica europea di eliminare il collo di bottiglia (bottleneck) costituito dalla tratta Torino-Lione”. Per render ancor meglio l’idea, nel workshop Foietta supera il concetto di “collo di bottiglia” e parla “anello mancante” delle reti europee. Questo è l’asse Torino-Lione nello scenario del Corridoio Mediterraneo, il “missing link” di un’infrastruttura che va al di là della sola dimensione binazionale di Italia e Francia.
L’impatto “interno” della Torino-Lione. il ruolo di Orbassano
Anello essenziale del Corridoio Europeo Mediterraneo, l’Asse Ferroviario Torino-Lione dovrà svolgere un ruolo importante anche nella rete ferroviaria nazionale. Il gruppo di lavoro dell’Osservatorio mette in evidenza tre punti circa l’impatto “interno” dell’opera. Ora, al di là delle indicazioni di dettaglio, quel che occorre mettere in evidenza è l’opportunità di sfruttare l’Asse Ferroviario Torino Lione come una sorta di catalizzatore di ammodernamenti, primo tra tutti l’integrazione modale di tutte le infrastrutture e i sistemi di trasporto (nave, ferro, strada, aereo) in modo da favorire il libero mercato e la libera concorrenza. “Occorre – scrivono gli esperti – sviluppare una policy sul traffico merci ferroviario adatta a gestire al meglio tutte le diverse opzioni e tipologie di traffico ferroviario (convenzionale, intermodale) adattandosi alle possibili evoluzioni della domanda e del mercato e verificando l’attrattività dei nuovi sistemi e servizi nelle scelte modali, per realizzare gli obiettivi europei di trasferimento modale previsti nel Libro Bianco del 2011 e fatti propri dalla programmazione nazionale”.
I più recenti sviluppi progettuali dell’Asse Ferroviario si collocano per forza di cose all’interno di un contesto programmatico nazionale in evoluzione. Nello specifico, il nodo di Torino si connette alla rete in direzione di Modane, Novara-Milano, Alessandria-Bologna/Genova, e Savona. Su tutte queste tratte il trasporto ferroviario merci e passeggeri dovrà avere requisiti prestazionali specifici. Così come dovranno essere pronti a rispondere ai nuovi scenari di traffico i centri logistici. È il caso, per esempio, di Orbassano che, come sottolinea nel Workshop Mario Grimaldi, responsabile della Struttura Progetti di Torino di Rfi, “potrà così configurarsi la porta del sistema logistico del Nord Ovest, nonché il crocevia dei collegamenti Est-Ovest e Nord-Sud, sfruttando così appieno la potenzialità dell’Italia nell’avere, dal punto di vista del traffico merci, una posizione strategica al centro del bacino europeo e mediterraneo”.
Sottoutilizzato rispetto alle sue reali potenzialità, lo scalo merci di Orbassano avrà un ruolo centrale nell’ottica di incremento del trasporto merci internazionale dettata dalla Torino-Lione. È in questa prospettiva che si inseriscono gli interventi in progetto per la sua rifunzionalizzazione che, dice Grimaldi, “risultando strategico nei collegamenti verso Francia, Spagna, Portogallo, U.K. e lungo tutto il Corridoio Mediterraneo, contribuirà, con l’incremento delle sue potenzialità infrastrutturali, a un miglioramento dell’efficacia nel saper intercettare e gestire le diverse tipologie di traffico che andranno a interessare tutto il bacino del Nord Ovest Italia (Lombardia, Piemonte e Liguria) nei suoi collegamenti verso il sistema portuale ligure e l’Est Europa”. Più nel dettaglio, la rifunzionalizzazione di Orbassano seguirà due differenti orizzonti temporali, uno di medio periodo e uno di lungo periodo.
Nel medio periodo (2022) verranno anticipati alcuni interventi, tra cui: l’adeguamento a modulo 750 m dei binari del Terminale Intermodale e dei fasci Arrivi/Partenze e Dogana; la realizzazione di un nuovo Apparato Centrale Computerizzato per la gestione della circolazione treni; e la piena compatibilizzazione dello scalo con l’ingresso ed attraversamento della linea SFM5 verso la nuova fermata S.Luigi di Orbassano.
Nel lungo periodo (2030) verranno completati gli interventi previsti per giungere alla piena funzionalità dello scalo, con assetto finale d’impianto caratterizzato dall’ingresso e dall’attraversamento della nuova linea Torino-Lione, e la creazione di nuovi spazi terminalistici attrezzati, con connessa viabilità interna ed esterna, per la movimentazione delle merci nello scalo.
Gli interventi per il polo logistico trovano copertura finanziaria nella programmazione 2014-2020 del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione per un importo complessivo, già deliberato, pari a 13 milioni di euro.
81 bandi in arrivo per 5,5 miliardi di investimenti
La revisione del progetto preliminare del 2010, che trova compiuta attuazione con il documento dell’Osservatorio di “verifica del modello di esercizio”, ha consentito di ridurre del 50% il costo per l’Italia delle tratte nazionali di accesso alla Sezione Transfrontaliera. Con la revisione verrà garantita, sul lato italiano, una funzionalità di 24 treni al giorno veloci a lunga percorrenza e di 162 treni merci al giorno a standard europeo, (oggi i treni merci sono 29 corti e leggeri), con una capacità potenziale di trasporto di 30 milioni di tonnellate all’anno.
A tradurre la progettazione in cantieri ha cominciato la Francia, dove sono state già assegnate le direzioni dei lavori del tunnel di base (lungo 57,5 km) per un importo totale è pari a 90,6 milioni di euro. Sono coinvolte 13 società ingegneristiche europee. Il primo lotto riguarda un tratto di 24 km, valore 40 milioni, dall’ingresso della discenderia di Villerodin-Bourget/Modane, è il tratto più lungo e con le coperture più alte (intorno ai 2.000 metri); sarà scavato con due frese. Il contratto ha una durata di 10 anni. L’appalto è stato assegnato al raggruppamento Allti (Alliance Lyon Turin Ingénierie) costituito dalle società Arcadis e BG Ingénieurs Conseils, Neosia (ex Tecnimont Civil Construction), Lombardi Ingénierie e Amberg.
Il lotto 2 interessa 21 km, valore 37 milioni, da realizzare in 10 anni con l’impiego di tre frese. La direzione dei lavori è stata assegnata a un raggruppamento di cui è capofila la società Setec TPI, che si è presentata per la gara con Systra, Italferr e Pini Swiss Engineers. Il terzo lotto, 5 km, da scavare con tecnica tradizionale, vale 13,7 milioni, contratto di 4 anni e mezzo, i lavori sono stati affidati al raggruppamento Inalpage, il cui capofila è Egis, in partnership con Ingerop, Alpina e Geodata.
Sul fronte italiano, come già accennato, il Cipe ha dato il suo via libera alla cosiddetta variante di Chiomonte per la realizzazione della nuova linea. Si tratta di una variazione del progetto iniziale che prevede l’allestimento dell’area principale dei lavori per la costruzione del tunnel di base (lungo 57,5 km) del Moncenisio non nella piana di Susa, come previsto in un primo tempo, ma appunto a Chiomonte, dove è stata ultimata la discenderia lunga 7 km. In sostanza, non verrà fatto un nuovo cantiere ma si userà quello che già esiste. Quanto agli appalti, entro il “2019 saranno lanciati appalti per un valore di 5,5 miliardi”, è stato sottolineato da parte di Telt.
Sui 12 cantieri operativi saranno lanciati 81 bandi di gara, nove per i lavori suddivisi per area geografica (tra le interconnessioni alla linea storica in Italia e in Francia) e 3 per le attività connesse (valorizzazione dei materiali di scavo, sicurezza, impianti e tecnologie). Le gare per le lavorazioni civili saranno 45 e di queste 19 sotto i 5,2 milioni. Altre 36 gare riguardano servizi di ingegneria: 8 sotto la soglia dei 418 mila euro e 18 fino a 5 milioni. Tutte le gare saranno condotte seguendo il diritto francese ma dovranno rispettare anche le norme antimafia che saranno applicate non solo per le gare lato Francia ma anche per quelle lato Italia.
articolo pubblicato su Civiltà del Lavoro, n. 2/2018