I protagonisti? Sempre le persone. Prima di tutto, l’idea del fondatore di industrializzare il processo artigianale e poi il compromesso ad altissimo rendimento raggiunto dalle due parti coinvolte, artigiani e ingegneri. «Il rischio di avere uno stabilimento con circa 500 artigiani-artisti è che ognuno lavori in modo indipendente. Era necessario, invece, creare processi e procedure, e questo grazie al contributo degli ingegneri. In sostanza, abbiamo ingegnerizzato gli artigiani, ma poi abbiamo anche reso i nostri ingegneri umanisti — perché chi si propone di ingegnerizzare un’azienda come la Santoni deve scendere a compromessi con le variabili che sono legate all’uomo e alla manifattura.