L’impressione che ha avuto della Cop27, dove ha parlato di sostenibilità nell’architettura e nella moda, non è buona. L’imprenditore Federico Marchetti, fondatore di Yoox Net, azienda che ha lasciato nel 2021 per dedicarsi a progetti di sostenibilità, per l’ambiente vorrebbe vedere più fatti e meno parole. Ma mentre attende di scoprire se i grandi leader del mondo troveranno un accordo sul clima al summit in Egitto, nel frattempo insieme al botanico e scienziato Stefano Mancuso sta tentando di promuovere qualcosa di diverso, una “rivoluzione dal basso” che parte dalle piante nelle scuole. Cosa potrebbe comportare, per esempio per il futuro di sua figlia a cui deve lo spunto, lo racconta lui stesso.
Con che sensazioni torna dalla Cop27 di Sharm El-Sheikh?
«Non ho avuto una buona impressione. Mi sembra che ci siano tante parole, bei propositi e discorsi, ma poca azione: non si intravedono soluzioni e risultati. Da imprenditore tutte le volte che faccio qualcosa metto i risultati al primo posto, come nel progetto recente chiamato Himalayan regenerative Fashion livingLab dove, fra le varie iniziative, abbiamo piantato un milione di alberi in meno di un anno. Per mentalità, dato che si parla del trovare soluzioni per salvare il Pianeta dalla crisi climatica, dalla Cop mi aspetterei meno “bla bla bla” e più azioni concrete. Se fossi l’organizzatore della Cop28 direi che alla prossima conferenza dovrebbe poter partecipare solo chi porta soluzioni reali e risultati misurabili».
Nel suo piccolo una soluzione è quella che vorrebbe proporre insieme al botanico Stefano Mancuso: le piante nelle classi. Come nasce l’idea?
«Mia figlia Margherita, che va alle elementari, doveva svolgere un tema su come dovrebbe essere per lei la sua classe ideale. L’ho letto e l’aula che sogna è piena di piante, che scendono dal soffitto, che si possono accarezzare. Ho raccontato del tema a Stefano Mancuso e lui mi ha detto che mia figlia aveva assolutamente ragione e le sue ricerche da scienziato indicano che basterebbe mettere più piante nelle scuole per aumentare per esempio attenzione, produttività, diminuire il bullismo e migliorare il rapporto fra esseri umani e natura. Un’idea estremamente semplice e anche a basso costo, al massimo qualche decina di migliaia di euro. Perché no dunque?»
Per ora è in fase embrionale. Cosa serve per svilupparla davvero?
«Scuole che abbraccino questo progetto, magari anche con l’aiuto scientifico delle ricerche che Mancuso ha condotto nel Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale all’Università di Firenze, sono le benvenute. L’idea pub valere per istituti pubblici e privati, oppure uffici o luoghi chiusi. Le piante non sono solo ornamenti. Anche nell’architettura sostenibile, che è uno dei temi che ho seguito alla Cop, gli esperti più illuminati oggi partono dai valori: non bisognerebbe domandarsi `come faccio a fare una città o un luogo sostenibile?’ ma chiedersi invece `come faccio a far star bene i bambini?’. A Milano fuori c’è un’aria terribile e anche dentro non si scherza: con tutto il tempo che passiamo chiusi — soprattutto i più piccoli — perché allora non facciamo un investimento con le piante per farli star meglio?. L’idea mia e di Mancuso è quindi quella di aprire una progettualità su tutto questo, che pub passare dalla volontà delle singole scuole sino al sostegno dei Comuni o dei privati. Siamo aperti a tutti».
Una piccola rivoluzione dal basso?
«A casa mia ho un sacco di piante, non ci parlo come invece fa Re Carlo (Marchetti è il presidente della H.M. KingCharles’s Sustainable Markets Initiative Fashion Task Force, ndr), ma mi appassionano. Penso che per i bambini creare educazione con le piante sia davvero una rivoluzione dal basso, oltretutto basata sulla scienza».
E il settore della moda, die è tra i più responsabili per le emissioni dimalteranti, come dovrebbe cambiare?
«Nella moda abbiamo promosso l’impegno di tutti i membri di dotarsi un passaporto digitale per fare in modo che il cliente possa decidere cosa comprare e sapere se si pone davvero dalla parte green o meno. Così puoi conoscere dove, da chi e come è stato prodotto un capo, nella speranza anche di allungare la vita dei prodotti, dato che un grande problema della moda è il fast fashion, l’usa e getta. L’altro aspetto chiave è invece spingere sulla moda rigenerativa e sostenere e impegnarsi con progetti nei paesi dove si produce, fornendo lavoro e migliorando le condizioni di vita».
Infine, se dovesse lei scrivere un tema dedicato a sua figlia, che messaggio vorrebbe inviarle?
«Cara Margherita, l’ottimismo è necessario, ma più di tutto serve circondarsi di persone capaci di fare e, insieme, più che parlare bisogna agire: voi giovani potete davvero riuscirci, per il bene di questo Pianeta».
Articolo pubblicato l’11 novembre da Repubblica