Dal primo Dynamo camp sono passati 15 anni. L’obiettivo, ieri come oggi, è restituire ai bambini malati la fiducia in se stessi e nella capacità di migliorare la qualità della loro vita e quella della loro famiglia. Il credo messo in pratica è la terapia riabilitativa. L’intuizione era stata di Paul Newman, il poliedrico attore americano che, nella parte filantropica della sua straordinaria vita, l’aveva sperimentata nello stato del Connecticut alla fine degli Anni Ottanta. Il fondatore dei Dynamo camp, l’imprenditore Vincenzo Manes, era rimasto affascinato da questa realtà riabilitativa, tanto da volerla riproporre anche in Italia. Sembra che lo stesso Paul Newman avesse visitato l’area di Limestre, sulle colline pistoiesi, prima dell’inizio dei lavori. La partenza, nel 2007, era stata quella di un semplice camp estivo che ospitava bambini gravemente malati assieme alle loro famiglie. Erano seguiti da un primo staff di esperti e dai primi volontari. Sin dalla partenza, il Dynamo camp ha aderito all’associazione americana SeriousFun Childrens network
che fa riferimento all’impostazione originale dell’attore e del suo gruppo di collaboratori.
Il primo slogan non è mai cambiato: il diritto alla felicità è anche per i bambini affetti da gravi malattie o da malattie croniche. Oggi lo staff della Fondazione Dynamo, medico e organizzativo, è formato da una cinquantina di dipendenti fissi, alla quale vanno aggiunti una novantina di collaboratori, assunti per il periodo estivo. L’attività si è completata lungo tutto l’anno e la media è di circa 2 mila ospiti, tra bambini malati e familiari, sempre in un ambiente accessibile ed inclusivo. Un esempio dell’accessibilità è la palestra di arrampicata, alla quale si possono cimentare anche bambini che sono ogni giorno in carrozzina. Un ruolo importante l’hanno i volontari che aiutano durante i pasti, nelle pause dell’attività e negli spostamenti. La Fondazione ha calcolato che, nel corso dei 15 anni, ne ha formato più di 9 mila. Un lavoro tutt’altro che semplice, visto la gravità di alcune patologie. Ma certo, è stato messo in piedi un grande movimento. L’area, che comprende strutture riabilitative, abitazioni, percorsi escursionistici, si espande per 900 ettari ed è affiliata al Wwf. Come si sostiene l’attività della Fondazione? L’intervento pubblico è minimo, al di sotto del 3%.
Le cure sono sempre state gratuite, i finanziamenti vengono dal 5 per mille e da rapporti consolidati con privati, aziende e fondazioni. Anche qui si è costruito, con pazienza e competenza, un mondo di rapporti. Alcune aziende sostengono progetti pluriennali, non si fermano dunque ad una semplice beneficienza. Lo sviluppo che la Fondazione sta portando avanti, mira alle città. Un passaggio che segue la richiesta delle famiglie. A Milano è attivo da 2 anni un Dynamo city center e per l’anno prossimo è prevista l’inaugurazione della sede. I camp restano il fulcro dell’attività della Fondazione, ma nel tempo sono nate altre iniziative. C’è una radio che consente ai bambini rientrati a casa di restare in contatto. Trasmette da Limestre e propone brevi programmi realizzati in proprio. C’è poi tutta l’attività dell’Oasi, particolarmente vivace nel periodo estivo, ma creativa anche in altri momenti.
Ad esempio, il 31 ottobre, al Dynamo camp è stata proposto Halloween con il lupo, ovvero uno studio approfondito sulle caratteristiche e sulle abitudini di questo animale. Suggestiva è stata anche l’escursione alla ricerca del cervo. C’è poi un settore della Fondazione che si dedica alla formazione e alla consulenza, un magazine quadrimestrale che riporta foto e descrizioni delle attività e infine un attività di vendita online con evidente scopo di finanziamento. Il Dynamo shop propone tutto l’anno una linea di abbigliamento, ma è già stato allestito il negozio virtuale natalizio. Grazie alla collaborazione con aziende partner, sono offerti pandoro e panettoni solidali e una serie articolata di gadget che vanno dalle candele agli addobbi, dalle tazze per la colazione a prodotti per l’igiene personale come shampoo e spray.
Articolo pubblicato il 18 novembre da Mondo Padano