Non è stato un semplice incontro quello dei Cavalieri del Lavoro ospitati da Brunello Cucinelli, piuttosto, si è trattato di un ritorno all’essenziale: un’occasione per riscoprire le radici del fare impresa con dignità e umanità. Abbandonando i consueti pranzi istituzionali nella capitale, il Gruppo Centrale ha inaugurato una nuova formula di incontri, scegliendo di partire proprio dal cuore dell’Umbria, nel borgo simbolo dell’impresa umanistica.
La giornata si è aperta con una visita al borgo di Solomeo, interamente restaurato da Cucinelli come progetto di rinascita culturale e civile. A seguire, i Cavalieri del Lavoro hanno visitato l’azienda, accompagnati dall’imprenditore in un percorso attraverso i diversi reparti. Con passione e precisione, Cucinelli ha illustrato il lavoro svolto da ogni settore, restituendo un’immagine di impresa fondata sul rispetto, sulla bellezza e sulla centralità dell’essere umano.
“Il primo che ho chiamato è stato Brunello”, ha raccontato il presidente del Gruppo, Franco Bernabè “e con grande entusiasmo ci ha aperto le porte”. A quel punto, l’intervento di Cucinelli ha preso la forma di un racconto personale, intrecciando memorie e riflessioni.
Ha ricordato la sua infanzia a Castel Rigone, in una casa senza acqua né luce. Anni difficili, ma vissuti con serenità. “Ci dicevano che eravamo poveri”, ha detto, “ma io non me ne rendevo conto. Vivevamo con gli animali, raccoglievamo l’acqua piovana, eravamo in contatto con la natura”. Con affetto e ironia ha ricordato il padre, figura severa ma formativa, che lo invitava a tracciare solchi dritti nei campi, metafora concreta di rettitudine e bellezza.
Il racconto si è poi spostato sugli anni della giovinezza, trascorsi in città, dove il bar divenne un punto di riferimento. Con tono critico ma affettuoso, ha osservato come i giovani di oggi siano spesso privati del tempo per sognare, oppressi da ritmi scolastici troppo serrati. E ha sottolineato l’importanza dell’ozio creativo come spazio di crescita.
La nascita dell’impresa è avvenuta quasi per caso, racconta. Da una fidanzata con un negozio di abbigliamento e un’esperienza da indossatore, è nata l’idea di creare pullover in cashmere colorato, un’innovazione all’epoca inesistente. “Non conoscevo nulla del settore, ma avevo gusto e una visione”, ha ammesso. Il primo grande successo arriva in Germania, dove, con uno stratagemma creativo durante una fiera, riesce a vendere oltre undicimila maglie in un solo giorno e mezzo. Da lì, l’ascesa verso i mercati internazionali è stata rapida.
Nel suo intervento, Cucinelli ha anche riflettuto sul ruolo dei giovani nella società. Ha mostrato i risultati di una ricerca condotta su testi antichi, dimostrando come da cinquemila anni a questa parte ogni generazione abbia espresso giudizi negativi sulla gioventù. “Da Babilonia a Socrate, da Sant’Agostino a Boccaccio, tutti hanno detto che i giovani erano perduti”, ha spiegato. “Eppure i giovani hanno sempre fatto rinascere il mondo”. Un invito a liberare le nuove generazioni da schemi rigidi e pregiudizi secolari.
Lo sguardo si è poi proiettato verso il futuro, con un’ampia riflessione sull’intelligenza artificiale. Cucinelli ha raccontato i progetti sviluppati con filosofi, architetti e matematici, sottolineando come l’IA debba essere vissuta come “una città da abitare”, non da subire. “La tecnologia deve servire l’uomo, non sostituirlo”, ha affermato, auspicando una nuova rivoluzione umanistica, capace di restituire centralità al pensiero, alla bellezza e al rispetto.
Ha concluso il suo intervento con una potente metafora ispirata all’antica Atene: Solone, che rifiutò di diventare tiranno, affermava che “dal trono del tiranno nessuno scende mai vivo”. Un monito attuale per chi guida imprese, famiglie o istituzioni: il potere senza equilibrio conduce all’isolamento. Quella di Brunello Cucinelli non è soltanto la storia di un imprenditore di successo, ma il racconto di un modo diverso di guardare al mondo. Un modo fatto di radici, sogni e rispetto. Un approccio profondamente italiano, capace di parlare a tutti.