di Cristian Fuschetto
C’è una Wunderkammer nel cuore dei Musei Capitolini dove cinque millenni di storia sono sublimati in gemme preziose. È la collezione di glittica della “Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli”, dal 2012 ospitata in comodato gratuito nel più antico museo pubblico del mondo e, anticipa a Civiltà del Lavoro Paola Santarelli, “la mostra continuerà a essere fruibile al pubblico anche nei prossimi anni, dobbiamo valutare la forma migliore per valorizzarla ulteriormente. Approfondire la conoscenza della nostra storia attraverso l’arte è un privilegio e un modo, forse il più efficace, per accrescere l’orgoglio di quello che siamo e la responsabilità di quello che abbiamo da preservare”.
Istituita nel 2004 da Paola Santarelli insieme ai fratelli Santa e Antonio, la Fondazione mira a sostenere e promuovere, nel ricordo dei genitori, la ricerca e la divulgazione della storia di Roma in Italia e all’estero. “Mi lega a questa città un grande sentimento di appartenenza e di amore, ho avuto la fortuna di nascere e crescere in un luogo in cui l’arte la si respira, e a volte, presi e persi nel quotidiano, non ci si rende conto di quanto tutto ciò sia importante. Ricordo ancora che da ragazza mi piaceva dare appuntamento ai miei amici davanti a una chiesa piuttosto che davanti a un cinema perché la sentivo più mia ma, ovviamente, mentre il cinema lo conoscevano tutti, sulla chiesa nascevano sempre problemi. C’era e c’è molto lavoro da fare”.
L’ARTE MINUTA CHE NASCONDE MERAVIGLIE
Dal greco glýpho, incidere, la glittica è l’arte dell’incisione delle pietre dure, incisione che può essere a incavo o a rilievo per ottenere, rispettivamente, l’intaglio o il cammeo. A differenza della scultura, arte maestosa e celebrativa in cui personaggi e conquiste sono esposte sotto forma lapidea al popolo chiamato ad ammirarle, la glittica è arte minuta, in qualche modo libera da un’immediata funzione pubblica e per questo fonte di un corredo iconografico più vasto, strumento adatto a rappresentare anche la quotidianità di persone e non necessariamente di personaggi, idoneo a raccontare spazi privati di vita familiare, a descrivere caratteri attraverso figure animali, a fissare passioni e ambizioni. Dai sigilli mesopotamici alle minuziose riproduzioni dei grandi capolavori della scultura romana, degli affreschi riemersi a Ercolano e a Pompei o di particolari dei dipinti di Raffaello tanto ammirati dai viaggiatori del Grand Tour, la collezione è uno scrigno circolare che invita a percorrere e ripercorrere, insieme alla grande storia, anche tante storie apparentemente periferiche. C’è per esempio la riproduzione del volto di un bambino di epoca romana. “Guardi – esclama Paola Santarelli – chissà quante volte quel ragazzino avrà giocato con quella che per lui era una bulla. Chi ha voluto ritrarlo in questa gemma è come se gli avesse scattato una foto per conservare quello sguardo per l’eternità”. E aggiunge: “Anche nelle opere più piccole c’è tanta magia, così come anche nei frammenti di alcuni manufatti si può cogliere un senso di pienezza”.
TRA SIGILLI MESOPOTAMICI E CAMMEI FEDERICIANI
Entrare nella Wunderkammer, nelle sale che precedono il Medagliere Capitolino, è un po’ come viaggiare nel tempo a bordo di un disco volante, catapultati in un’esperienza immersiva si posa lo sguardo in senso circolare sui sigilli cilindrici della Mesopotamia, sugli scarabei egizi, su gemme egee ed etrusche, sulla glittica romana nelle sue due tradizioni, quella aulica con le opere firmate da celebri artisti come Dioskurìdes, e l’altra popolare dai temi iconografici i più vari: divinità, eroi, animali, giochi circensi, emblemi politici, evocazioni magiche. “In età imperiale – spiega Paola Santarelli – quando la società greco-romana, ormai cosmopolita, accolse con fervore la cultura religiosa dell’Egitto e del Vicino Oriente, alle gemme cominciò a essere riconosciuta anche una funzione magica”. A Roma le gemme, di norma inserite in anelli, furono anche utilizzate per ornare vasellame prezioso, mobilia, e perfino indumenti. Da un’iniziale sobrietà, la passione per gli anelli crebbe fino all’eccesso: le fonti ricordano la moda di indossarne anche quattordici contemporaneamente.
Al Tardoantico segue la glittica normanna e federiciana, quella a cui Paola Santarelli confessa di essere più affezionata. “Questa riproduzione di Costanza d’Altavilla, la madre di Federico II, mi emoziona moltissimo e poi quell’aquila è semplicemente notevole”. Con Federico Ruggero di Hohenstaufen la glittica conosce in effetti una nuova fioritura.
Grazie al collezionismo dell’imperatore gli artigiani della corte siciliana ebbero l’opportunità di ispirarsi ai cammei, agli intagli e agli oggetti in materiale prezioso realizzati nell’antichità classica e senz’altro i sovrani siciliani si servirono di cammei e intagli in ambito pubblico e privato per affermare il loro potere. In questo solco furono create copie dall’antico, rielaborazioni di spunti classici, nuovi soggetti e complesse allegorie bibliche. Nella teca successiva ai preziosi di era federiciana c’è un magnifico Ercole. “Questo – racconta Santarelli – era della collezione di Yves Saint Lauren. Alla sua morte il compagno Pierre Bergé, che aveva una casa d’aste, decise di metterlo in vendita insieme a tutta la sua collezione di glittica. Una cosa che ancora non riesco a spiegarmi”.
VIA PRIVILEGIATA PER RISCOPRIRE L’ANTICO
Nel corso del Quattrocento la lavorazione di cammei e intagli crebbe anche perché cominciarono a moltiplicarsi le richieste di famiglie facoltose desiderose di poter vantare, accanto a collezioni di numismatica anche collezioni di glittica: raccolte come quelle dei Medici, degli Orsini o dei Farnese sono il documento più importante di quella fase storica. Il fiorire dell’arte incisoria in questo periodo deve molto anche alla sua potenzialità di far riscoprire l’antico: l’arte classica, quando non era ancora nell’epoca della sua piena riproducibilità tecnica, poteva infatti essere apprezzata soprattutto attraverso le riproduzioni in miniatura della glittica, acquisibili e utilizzabili come modelli ben prima e più facilmente di quanto non avvenisse per la scultura.
La glittica divenne pratica e arte particolarmente apprezzata nel Settecento, quando l’interesse per gli studi di antichistica e la ripresa degli scavi archeologici favorirono la diffusione delle incisioni in pietra dura, e poi ancora nell’Ottocento con incisori celebri come Giovanni Pichler e Giovanni Antonio Santarelli. “Santarelli era molto amato da Napoleone per i suoi speciali cammei”.
VILLA LONTANA E IL DIALOGO CON IL CONTEMPORANEO
A partire dall’Ottocento, sottolinea il Cavaliere del Lavoro “l’arte diventa tante cose, le scuole si avvicendano con grande velocità” e anche per questo il periodo di studio e ricerca della Fondazione, che oltre alla glittica abbraccia la statuaria romana, i marmi colorati della Roma imperiale e la pittura su pietra, arriva fino ai primi del XIX secolo. E non mancano le contaminazioni con il contemporaneo: nata dalla nonna Santa d’Orazio, coltivata dalla mamma Ernesta, la passione per l’arte ha catturato ora anche la figlia Vittoria Santarelli, storica e curatrice d’arte e da poco segretario generale della Fondazione, che dal 2008 cura insieme a Jo Melvin il progetto Villa Lontana, luogo di conversazione tra la collezione Santarelli e pratiche artistiche contemporanee. Il programma curatoriale di Villa Lontana presenta mostre con dialoghi focalizzati tra la collezione d’arte, che viene vista come fosse un archivio, e pratiche d’arte contemporanea. Il programma include pubblicazioni, edizioni di artisti e progetti sonori. Nel dialogo della vasta raccolta con il contemporaneo sono stati pubblicati i cataloghi delle mostre curate da Jo Melvin e Vittoria Santarelli: Sculpture-Sculptureless e Archaeology (2018) e Machismo (2019).
MOSTRE INTERNAZIONALI E IMPEGNO SOCIALE
Le opere delle collezioni Santarelli hanno fatto il giro del mondo. “Roma Aeterna”, per esempio, raccoglie opere scultoree dal 1° secolo a.C. al 18° d.C., rappresentative delle evoluzioni artistiche e stilistiche a Roma dall’antichità al Barocco, ha avuto inizio a Roma da Palazzo Sciarra in collaborazione con la Fondazione Roma nel 2012 “Sculture della Fondazione Santarelli e Federico Zeri” per continuare il suo tour a Basilea nel 2014 nell’Antikenmuseum, a Mendrisio nel 2015 con gli allestimenti a cura di Mario Botta, poi nel Museo Nazionale Sloveno a Lubiana, a Tblisi, nel National Museum di Londra, a Novi Sad in Serbia e, emergenze pandemiche permettendo, dovrebbe fare tappa nel 2021 in Sud America.
Nello spirito dei genitori, appassionati collezionisti quanto attenti al sociale, la Fondazione promuove borse di studio per studenti meritevoli e dedica una speciale attenzione alle opere umanitarie e al sostegno all’infanzia. Significativo anche l’impegno per Amatrice, con la realizzazione di studi, volumi (il ricavato di “Amatrice, Storia Arte e Cultura” sono stati devoluti alla popolazione locale) e, da ultimo, di un plastico che riproduce fedelmente il Borgo di Amatrice ai primi decenni del secolo scorso: si tratta del primo quadro conoscitivo per l’avviamento della fase di progettazione urbanistica della città colpita dal terremoto nel 2016.