Noi ci consideriamo ancora una start-up» dice Mario Rizzante, l’uomo che nel 1996 ha fondato Reply e l’ha trasformata in una multinazionale che spazia dai big data al cloud computing passando per intelligenza artificiale, digital media e internet delle cose. Questione di atteggiamento più che di numeri: il fatturato del gruppo, quotato in Piazza Affari, viaggia oltre il miliardo e mezzo.I12021, racconta il presidente, è «stato un ottimo anno, forse uno dei migliori. Venticinque anni fa eravamo in 40 e crescevamo del 70%. Oggi siamo oltre 10 mila e i nostri ricavi continuano a salire in doppia cifra».
Come se lo spiega?
«Noi facciamo consulenza, lavoriamo sulla vendita della conoscenza che è legata alle persone. La Reply in questo momento funziona».
Come avete attraversato la pandemia?
«All’inizio eravamo molto preoccupati e il fatto di avere persone che non lavorassero nei nostri uffici e in quelli dei clienti non era scontato. In poco tempo abbiamo spostato il nostro business: si faceva negli uffici, durante il Covid a casa. L’attività però ha continuato a funzionare».
Per i clienti è stato difficile?
«Si sono abituati velocemente. Questo però ci ha portato a ripensare totalmente gli spazi di lavoro. Non si tornerà più a una situazione come quella di prima, ma ci sarà un modo di lavorare più sofisticato ed evoluto».
Quindi i luoghi fisici non servono più?
«No, servono perché aggregano di più e noi stiamo rifacendo tutti gli uffici per renderli più accattivanti, dalla palazzina del Lingotto alla ex-caserma De Sonnaz fino alla nostra sede a Londra. Stiamo mettendo a punto un format e abbiamo imparato che le persone vogliono lavorare in ambienti gradevoli e molto flessibili: la vita aziendale migliora».
Il 2022 però si è aperto con uno choc.
«Già, è iniziato con una guerra. Noi in qualche modo siamo stati fortunati, abbiamo pochissime attività legate all’Est Europa e non c’è stato un impatto particolare. I nostri clienti al momento continuano a fare progetti-. Ci saranno dei mercati che subiranno l’impatto e altri, come la difesa e la pubblica amministrazione, che affronteranno una grande trasformazione. Ma non è l’elemento principale».
Che cosa intende?
«Una globalizzazione spinta come quella che abbiamo vissuto negli ultimi dieci anni verrà aggiustata: nasceranno attività più locali».
Nel 2021 avete fatto shopping negli Usa rilevando Enowa Llc, società specializzata nella consulenza e nello sviluppo di soluzioni su tecnologia Sap, The Spur Group, considerata un punto di riferimento nella consulenza in ambito sales e marketing. Come sta andando l’integrazione?
«La nostra non è un’azienda ma una rete, di cui fanno parte decine di società e questo fa sì che le singole unità possano trovare un contesto in cui inserirsi. Noi cresciamo a livello organico, assumendo centinaia di persone l’anno, tutte laureate. Il secondo motore di crescita sono le nostre start-up. Per certi versi siamo quasi un incubatone, creiamo qualche decina di aziende l’anno. Infine, ci sono le linee esterne».
Su cosa puntate?
«Noi non compriamo grandi aziende, ma piccole realtà sotto i 100 milioni di dollari, gruppi facilmente integrabili e li cerchiamo in alcuni mercati di riferimento: la Germania, la Gran Bretagna, la Francia e gli Usa. Stiamo scoprendo gli Stati Uniti: un mercato con grandi potenzialità, dove bisogna offrire competenza e qualità».
La campagna di acquisizioni proseguirà?
«Sì, il nostro modello nei prossimi anni rimarrà questo».
Quando si guarda attorno che città vede?
«Noi siamo gente del fare, spingiamo sulla competenza vera, non parole ma progetti che funzionano. Una caratteristica non così banale. I piemontesi hanno queste caratteristiche: parlano poco, fanno, sono abbastanza disponibili a muoversi e sono ben preparati. A Torino il sistema universitario fornisce una preparazione importante. Finché questo resterà, per noi Torino sarà chiave. Purtroppo le grandi aziende che una volta erano torinesi non solo nelle ragioni sociali si stanno spostando, noi giocoforza le seguiamo ma i progetti continuiamo svilupparli qui».
Crede che quì ci sia un ambiente particolare per sviluppare l’innovazione?
«Quello che posso dire è che la Reply l’innovazione ce l’ha nel Dna».
Quali sono le prossime frontiere?
«Siamo partiti da internet, ora parliamo di intelligenza artificiale e robotica, il mondo in 20 anni è totalmente cambiato e lo farà ancora più velocemente. L’interazione tra cose e persone non andrà a velocità lineare ma esponenziale e questo genererà un cambiamento enorme, che significa un sacco di opportunità».
Articolo pubblicato il 12 Aprile da Stampa Speciale Top 500