Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 128

VITA
ASSOCIATIVA
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI • 2014
128
Francesco Pipoli
L’ARCHITETTO È UN INTERPRETE
DELLA REALTÀ
Laurea magistrale in In-
gegneria edile - Archi-
tettura conseguita all’U-
niversità Tor Vergata di
Roma. Quali sono adesso
i suoi progetti?
In previsione di un master
con il quale completare la
mia formazione, adesso mi
piacerebbe fare un’esperienza lavorativa di un paio di anni
presso uno studio di progettazione per capire meglio i miei
interessi e scegliere bene in cosa specializzarmi. Per que-
sto motivo al momento sono concentrato a preparare le
application per alcuni grossi studi sia italiani che stranieri.
Dove si trovano?
A Roma, Bologna e Firenze e, per quanto riguarda l’este-
ro, a Londra e nei centri limitrofi. Soprattutto in Inghilter-
ra, poi, le possibilità sono notevoli in quanto non è richie-
sta esperienza lavorativa pregressa.
Ovviamente il processo di selezione è piuttosto lungo e
articolato. Alla prima fase di analisi del curriculum, nella
quale viene posta molta attenzione all’intera carriera uni-
versitaria e in cui il candidato deve rispondere a domande
specifiche evidenziando il contributo che potrebbe dare
allo studio, segue un colloquio telefonico. Se si supera, è
previsto un incontro in sede con diverse sessioni di eser-
citazioni tecniche. A prescindere dal luogo, comunque, in
questo momento punto a lavorare presso uno studio di
qualità, dove mettermi alla prova.
Come descriverebbe oggi il mestiere dell’architetto?
Un interprete della realtà. L’architetto non crea, ma mo-
difica l’opera commissionata dal cliente rapportandola a
ciò che la circonda e seguendo, naturalmente, anche la
propria sensibilità. In ogni caso, però, la forma non è mai
fine a se stessa, bensì un mezzo attraverso il quale tro-
vare soluzioni ai problemi posti dalla specifica situazione.
Recentemente si è tornati a parlare del “rammendo
delle periferie” di Renzo Piano. Cosa ne pensa?
Le proposte di Piano stanno trovando una realizzazione.
Qui a Roma penso al progetto di riqualificazione del Via-
dotto dei Presidenti, nel quartiere Nuovo Salario. In ge-
nerale, complice la crisi, si sta riscoprendo che l’architet-
tura ha un valore sociale e può essere uno strumento per
sviluppare l’economia.
Rispetto al passato, però, si opera in maniera chirurgica,
piuttosto che con una spettacolarizzazione dell'architet-
tura, come è accaduto nella città di Bilbao.
È stato allievo del Collegio Lamaro Pozzani. Quale con-
tributo ritiene abbia dato alla sua formazione?
Prima di tutto, grazie ai numerosi corsi offerti, il Lamaro
Pozzani consente di sviluppare una maggiore consapevo-
lezza delle dinamiche economiche e di come il sistema
imprenditoriale si rapporta alla società, aspetti che per la
mia professione sono molto importanti.
Inoltre, lo scambio quotidiano con coetanei che studia-
no e hanno interessi diversi dai propri fa sì che ciascuno
prenda il meglio dai propri colleghi, spesso anche ami-
ci, imparando a riconoscere in ognuno di loro qualità che
vanno al di là delle competenze accademiche ma che
rappresentano uno stimolo alla crescita reciproca.
(s.t.)
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