Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 121

ARCHIVIO
STORICO
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2014
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norificenza di cui sono insigniti”. L’Archivio avrebbe do-
vuto raccogliere e conservare notizie anche biografiche in
un casellario su ciascun Cavaliere. A questo proposito per
una migliore conservazione futura dell’Archivio sarebbe
stato opportuno – secondo il Presidente – trovare una se-
de definitiva da acquistare dove sistemare la Federazio-
ne e l’Archivio Storico.
Annesso allo Statuto della nascita, c’era anche quello del-
la Fondazione “per l’assegnazione di borse di studio a fi-
gli di operai e contadini morti sul lavoro, con preferenza
agli orfani dei decorati della ‘Stella’”. E qui si scorgevano,
senza dubbio, l’anima e il cuore dello stesso Raineri che,
avendo vissuto sulla sua pelle la condizione di orfano,
aveva potuto studiare solo grazie a una borsa di studio.
La Fondazione, intestata a Sua Maestà Vittorio Emanue-
le III, si occupava di raccogliere le donazioni per le borse,
di amministrare il patrimonio e di assegnarle. Ogni elar-
gizione di 50.000 lire si intendeva sufficiente a costituire
il capitale, il cui reddito sarebbe servito alla istituzione di
una borsa, intitolata per sempre al nome del donatore.
Al termine dei sei anni di studio, la stessa borsa passava
a un altro ragazzo. Un apposito Consiglio di amministra-
zione, costituito dalla Giunta esecutiva della Federazione
e da una Delegazione di donatori, si occupava della ge-
stione dei fondi e delle borse.
Certamente, occuparsi degli orfani non era una novità e
neanche devolvere dei soldi alla loro formazione, ma era
del tutto nuova la cornice ideale in cui veniva fatto. Per
la prima volta di ispirazione laica e orientata agli studi
tecnici. Raineri era un liberale, con un forte impianto so-
ciale, che intendeva offrire ai più meritevoli la possibili-
tà di emergere.
In una delle prime riunioni del Consiglio di amministra-
zione della Fondazione, lo stesso presidente Raineri ne
illustrava chiaramente lo scopo: “L’idea della fondazione
di un’opera di assistenza sociale essenzialmente intesa a
sollievo di quella che è tra le più pietose condizioni in cui
possono essere ridotte le famiglie dei lavoratori, quando
cioè il loro capo sia rimasto vittima dell’opera stessa don-
de traeva i mezzi di sostentamento per sé e per i suoi ca-
ri, sorse in seno al Consiglio direttivo della Federazione
Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, nel 1923 ed io ne as-
sunsi la presidenza”.
Come già la stessa esperienza di vita di tanti imprendito-
ri italiani dimostrava – e contro tutte le regole del deter-
minismo sociale – la maggior parte degli orfani, educata
e formata in un ambiente diverso da quello di origine, li
portava a elevarsi al disopra della media. Le virtù di ri-
ferimento, come per la maggior parte degli imprenditori
dovevano ancora essere la “rettitudine adamantina” e la
“volontà indomita” perché come aveva scritto, in un libro
di grandissimo successo, ancora nell’Ottocento Michele
Lessona, “la volontà è potere”.
Raineri morì il 29 novembre 1944 a Roma nella città da
poco liberata, avendo visto la fine – come ricorda nelle sue
ultime volontà – del Regime fascista. Dopo 86 anni di vita
aveva attraversato tutta la storia italiana, dalla formazio-
ne del Regno d’Italia, al fascismo e alla liberazione, nato
suddito del Ducato di Parma era morto cittadino dell’Ita-
lia liberata. Avendo sempre cercato di onorare il lavoro e
la Patria. “Se il lavoro era la mia passione e mi dava con-
forto, uno intenso amore per la Patria ha sempre anima-
to i miei atti.” E, aggiungerei, essendosi intensamente
dedicato all’organizzazione degli imprenditori e alla for-
mazione delle nuove generazioni.
FORTE FU IL SUO IMPEGNO
PER FAVORIRE I GIOVANI
MERITEVOLI MA NON
DOTATI DEI MEZZI
ECONOMICI PER STUDIARE
L'archivio storico della Federazione con al centro il busto di Raineri
copertina 1...,111,112,113,114,115,116,117,118,119,120 122,123,124,125,126,127,128,copertina 3,copertina 4
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