Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 79

CIVILTÀ DEL LAVORO
I - 2015
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L’11 E IL 12 FEBBRAIO
scorso si sono riuniti alcuni
capi di stato col fine di delineare un accordo per l’ulteriore
sviluppo della situazione in Ucraina. I negoziati durati 16 ore
tra il presidente francese François Hollande, il cancelliere
tedesco Angela Merkel, il presidente russo Vladimir Putin
e il presidente ucraino Petro Poroshenko, ha prodotto
un accordo che insieme al cessate il fuoco iniziato alla
mezzanotte del 15 febbraio contiene una serie di accordi
i cui termini scadono entro la fine del 2015.
Una cosa è chiara: il presidente francese e il cancelliere
tedesco hanno visto negli accordi di Minsk l’ultima possibilità
per impedire una guerra nel centro Europa nel caso in
cui l’amministrazione di Obama iniziasse ad armare
direttamente le forze armate ucraine. Per questo Il governo
russo e quello americano dovranno mostrarsi determinati
nell’imporre il rispetto delle clausole contenute nell’accordo,
senza lasciarsi condizionare da preoccupazioni di politica
interna; spetterà invece all’Osce il gravoso, ma essenziale
compito di osservare il rispetto di suddette clausole.
La Germania ha con la Russia un tipo di fruttuosi rapporti
economici e problematica dipendenza energetica; ma in
più appare indecisa ad assumere quel ruolo di leadership
europea al quale molti fattori sembrano inesorabilmente
destinarla. Un ruolo che comporta privilegi e vantaggi,
ma che è nel contempo ricolmo di oneri e di rischi. Prima
fra tutti una oculata prudenza dovrebbe essere d’obbligo
ogni volta che l’Ue tratta con la Russia su temi che almeno
una delle parti, se non tutte e due, considerano come
particolarmente delicati. Nel caso dell’Ucraina è invece
avvenuto tutto il contrario, nonostante quanto fosse
successo in Georgia dovesse far comprendere come la
Russia non tollerasse intromissioni che considera pericolose
per la propria sicurezza nell’area che valuta come il proprio
“confine vicino”. Perché, dunque, avere agito tra l’assurdo
e il suicida? Perché gli Usa tendono a considerarsi un Paese
europeo, o meglio, tendono a considerare l’Europa come
una loro esclusiva “riserva di caccia” e quindi il loro “confine
vicino”? Probabilmente non hanno torto, visto che l’unica
»
LE
CAUSE
DEL
CONFLITTO
IN
UCRAINA
di Rosario Alessandrello, Presidente della Camera di Commercio Italo-Russa
OPINIONE
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