Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 80

CIVILTÀ DEL LAVORO
I - 2015
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OPINIONE
cosa che potrebbe mettere in forse a breve scadenza il
loro primato nel mondo sarebbe proprio la separazione
degli Stati Uniti dalla Unione europea, l’unico alleato con
il quale essi condividono, oltre a momentanei interessi,
anche valori permanenti.La guerra civile in Ucraina ha
infatti ridato una nuova identità alla Nato, ha ricompattato
i vecchi legami fra gli Stati Uniti e l’Europa, ha affondato
definitivamente il progetto del gasdotto South Stream, che
avrebbe consentito al gas russo di aggirare il ricatto ucraino.
Ha inoltre evidenziato a tutti gli stati europei come la
Germania non sia ancora né pronta né disposta a sostituirsi
agli Stati Uniti quale leader di riferimento e sta rilanciando
quel progetto della cintura di missili antimissile schierati
in Europa al quale gli americani, pur accantonandolo, non
avevano mai completamente rinunciato. Gli Usa hanno
l’interesse a rendere permanente il contenzioso in Ucraina
perché questo rende utopica l'ipotesi dell’accordo fra la Ue
e la Russia di uno spazio economico comune, che avrebbe
permesso la nascita di una entità capace di insidiare nel
tempo il primato americano nel mondo, un ruolo che per
ora rimane riservato unicamente alla Cina, che ci arriverà
solo fra molti anni. Forse vale la pena di ricordare ciò che
ha scritto Jack Maltock, ambasciatore degli Stati Uniti a
Mosca durante le trattative tra George H.W. Bush senior
e Gorbacëv, riguardo la riunificazione della Germania e gli
impegni che sono stati presi da entrambi: “In primo luogo,
dichiararono di non essere più nemici; in secondo luogo,
che l’Urss non sarebbe intervenuta in Europa orientale per
sostenere i regimi comunisti; in terzo luogo, che gli Usa non
avrebbero tratto da questi sviluppi nessun vantaggio. Era
un accordo fra gentiluomini, ma confermato da analoghe
dichiarazioni del primo ministro britannico, del cancelliere
tedesco e del presidente francese. È stato deciso che,
dopo la riunificazione, la Germania avrebbe continuato
a far parte della Nato, ma nel territorio della ex-Ddr non
avrebbero stazionato truppe straniere (non tedesche) e
armi nucleari. Infine il segretario Baker, all’epoca Segretario
di Stato americano, disse a Gorbacëv che la giurisdizione
della Nato non si sarebbe mossa di un pollice verso est”.
L’accordo non si tradusse in un formale trattato; ma lo
spirito dell’accordo si riassume nelle parole pronunciate
dall’allora segretario di Stato americano James Baker: “La
Russia rinuncerà alla sua egemonia sull’Europa dell’est, gli
Usa non ne approfitteranno per estendere la loro influenza
politica sulla regione”. Questo spirito è stato certamente
tradito. Quando nel maggio del 2004 cominciarono i primi
“mal di pancia” in Ucraina, l’Ue festosamente celebrava
il proprio allargamento a est con l’annessione di Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria (ex Patto di Varsavia),
Estonia Lettonia, Lituania (ex repubbliche sovietiche),
nonché Bulgaria e Romania, ovvero tutti quei paesi che,
tra il 1999 e il 2004, sono diventati anche membri della
Nato. Allora, chi ha tradito gli accordi iniziali? Sicuramente
i presidenti Usa succeduti a George H.W. Bush senior, i
cancellieri della Germania succeduti a Helmut Kohl e i
presidenti francesi successivi. Non Vladimir Putin, che
ha solo fatto qualche errore nel trattare una “materia”
fallimentare ereditata dai suoi predecessori, Gorbacëv
ed Eltsin. Da quanto detto sopra è facile capire perché il
popolo russo si sia compattato dietro Putin. Chi frequenta
la Russia sa che da ogni conversazione, sia l’interlocutore
allineato o critico verso il Cremlino, un fatto emerge
costante: non sarà l’embargo a far cambiare politica a
Putin in Ucraina, né a far rivoltare il suo popolo esasperato
contro di lui. “Putin dice che questa è una battaglia per
la nostra identità culturale e la nostra indipendenza, per
questo i russi lo appoggeranno anche nelle difficoltà –
spiega Michalkov, famoso regista dissidente sovietico – ed
aggiunge “L’Occidente può provare a umiliare la Russia,
ma non ci metteremo mai in ginocchio. Possiamo parlare
da pari a pari, ma non saremo mai i vostri fratelli minori”.
Rosario Alessandrello
Rosario Alessandrello è stato nominato Cavaliere
del Lavoro nel 1997 per aver sviluppato il settore
dell’impiantistica. Ha guidato la Tecnimont che
ha realizzato in tutto il mondo oltre 300 impianti
industriali, utilizzando le tecnologie più avanzate.
È presidente della Camera di Commercio Italo-Russa
e della Camera di Commercio Italo-Iraniana.
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