Civiltà del Lavoro, n. 1/2015 - page 75

INTERVENTO
CIVILTÀ DEL LAVORO
I - 2015
75
cui l’uomo ha una dignità in quanto non può mai essere
usato come mezzo per altri fini, ma è un fine in sé stesso.
Nell’evoluzione storica dell’Europa la dignità è una
costante che accompagna
l’identificazione
dell’uomo e della donna
sia in positivo, come
testimoniano molte Carte
di diritti, sia in negativo, e
mi riferisco all’orrore dei
campi di sterminio, l’acme
del disprezzo della dignità
umana. Non si possono
comprendere queste
riflessioni senza leggere
quello che io considero
uno dei più bei libri di
diritto costituzionale:
“Se questo è un uomo”
di Primo Levi, il quale
racconta la sua esperienza
di uomo che ha conservato
la dignità nel campo di
concentramento. Sono
stato varie volte ad
Auschwitz ed è un viaggio
che prescriverei a tutti
perché è giusto andare
a vedere dove l’Europa
è morta e dove l’Europa
ha ricominciato a vivere
dopo il 27 gennaio 1945,
soprattutto oggi che
tutte le tracce fisiche del
passato e i testimoni che
lo hanno vissuto stanno
scomparendo e si sta
affermando sempre di
più il negazionismo,
momento terminale di
questo processo di distruzione della dignità di un uomo
e di un popolo.
Viviamo un presente – e ci si prospetta un futuro – in cui
la dignità quale riconoscimento dell’essenza umana viene
calpestata e insidiata in modi altrettanto preoccupanti, a
cominciare da certe evoluzioni delle biotecnologie, della
clonazione, per arrivare alle problematiche connesse al fine
vita, alla fecondazione assistita o alla sperimentazione, che
aprono la strada a forme di distruzione e di aggressione
alla dignità diverse, ma altrettanto pericolose di quelle
che abbiamo vissuto nel passato. Pensate, ancora,
al tema della aggressione all’identità e alla privacy di
ciascuno di noi, a tutto
quello che rappresenta
oggi la tecnologia della
comunicazione, che ci
sommerge in un flusso
di informazioni di cui
rischiamo di divenire
schiavi.
La dignità è un ponte tra
il passato, il presente e
il futuro anche perché
segna l’identità dell’uomo,
il suo modo di essere sia
in generale – ovvero
la dignità è di tutti in
quanto essere umani
– s i a i n pa r t i co l a re,
quindi la dignità della
donna, del bambino,
del malato, dell’anziano,
de l l ’ immi g r a t o, de l
clandestino. È un concetto
polivalente, che considera
sia l’uomo come tale che
il singolo nel concreto del
suo rapporto con gli altri.
Pensate al detenuto: la
Corte Costituzionale ha
detto e ripetuto più volte
– e la Corte di Strasburgo
ha confermato questo
o r i en t amen to – che
anche chi è detenuto ed
è privato delle libertà
ha uno spazio di dignità
che deve essere difeso
ad ogni costo. La nostra
Costituzione sancisce, infatti, all’art. 13 che è vietata ogni
violenza fisica o morale sulle persone che siano private della
libertà personale. Vi cito quest’esempio per sottolineare
che quando trattiamo di dignità dobbiamo aver sempre
presente che essa è una “targa” che segna innanzitutto
tutti gli uomini allo stesso modo. Ma questo argomento va
poi confrontato con la concretezza del singolo uomo, della
singola donna, aprendo la strada al rapporto dialettico tra
la dignità e la diversità di ciascuno di noi.
»
LA DIGNITÀ È UN PONTE TRA
IL PASSATO, IL PRESENTE E
IL FUTURO PERCHÉ SEGNA
L’IDENTITÀ DELL’UOMO, IL
SUO MODO DI ESSERE SIA IN
GENERALE, IN QUANTO ESSERE
UMANO, SIA IN PARTICOLARE,
COME DONNA, ANZIANO
O IMMIGRATO
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