CIVILTÀ DEL LAVORO
I • 2014
Luigi Roth
RIPENSARE
L’IDENTITÀ
COME SIAMO OGGI
, come eravamo, e come
saremo in futuro: sono domande molto semplici, ma an-
che molto significative per una realtà importante come la
nostra, istituzionale, che vive della propria identità e dei
valori che esprime. Ce le siamo poste, queste domande,
per cercare di capire se qualcosa tra noi fosse cambiato o
se stesse cambiando: questo, per non cadere nell’abitu-
dine o nella pigrizia, per non restare ancorati a modalità
del passato senza riuscire a cambiare.
Abbiamo iniziato a confrontarci su questo tema con il
Gruppo Lombardo, ma vorremmo indagarlo meglio, per-
ché è un tema importante: i tempi cambiano, e cambia-
no anche le esigenze espresse dalla società, di cui siamo
parte importante, e su cui abbiamo un peso direttamen-
te, con le nostre aziende, e indirettamente, in quanto re-
te di reti. Abbiamo membri sempre più giovani, persone
che ricoprono a lungo ruoli rilevanti nell’economia e nel-
la società, con orizzonti molto ampi e diversificati. Per-
sone che, oltre a guidare le proprie aziende e fare parte
delle rispettive rappresentanze di interessi, si occupano
di cultura o del sociale sempre con logiche imprenditoria-
li, e sono il punto di collegamento tra reti potenzialmen-
te molto interessanti.
Hanno quindi molte opportunità di comunicazione e di vi-
sibilità individualmente, ma - forse - non abbastanza co-
me Cavalieri del Lavoro, come gruppo. Parlo in particolare
della Lombardia, dove il sentimento è quello di voler es-
sere più utili, presenti, nella vita di un Paese che risente
di numerose emergenze, che ha bisogno di esperienza e
di “reti di supporto” per rimettere in moto lo sviluppo, o
almeno per non perdere ulteriori posizioni nei ranking in-
ternazionali e ulteriore tempo prezioso.
E poi: per comunicare, bisogna fare. Fare cose che siano
coerenti con un’identità consapevole e riconosciuta, per-
ché diventi anche riconoscibile all’esterno. Il processo di
raccordo tra identità esterna e identità interna passa attra-
verso una fase di disconoscimento, di analisi, e di nuovo
riconoscimento. Solo nelle fasi successive a questo, si può
pensare di comunicare, e di suggerire al mondo esterno
una nuova immagine.
Non è detto, però, che il cambiamento sia in sé un valore,
come di questi tempi si sente spesso dire. E di sicuro non
è la soluzione a tutti i mali. Ma è certamente un proble-
ma, il non capire quando arriva il momento di cambiare,
e opporre resistenza per paura più che per un rischio ef-
fettivo. Ecco perché ci stiamo facendo da un po’ di tem-
po queste domande, e perché vorremmo proporvi delle
risposte possibili, da condividere e su cui discutere. Per-
ché forse un po’ di confronto reale, e non astratto, fareb-
be bene a noi e alla nostra Federazione.
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