Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2014 - page 15

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2014
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gente realizzare quelle riforme strutturali sul piano eco-
nomico, sociale e istituzionale di cui parliamo invano da
trent’anni. Non voglio qui fare l’elenco dettagliato delle ri-
forme che bisognerebbe realizzare per rendere l’Italia più
moderna, elenco che conosciamo fin troppo bene. Voglio
limitarmi a ricordare ciò che è necessario per rimettere
in moto gli investimenti e l’occupazione, per invertire la
rotta in un Paese che, nonostante le sue grandi potenzia-
lità, sembra essere condannato a un ineluttabile declino.
Cinque sono le riforme indifferibili per recuperare compe-
titività e fiducia: la riforma del mercato del lavoro; un fi-
sco favorevole alla crescita, non nemico dell’impresa ma
allineato ai migliori standard europei; certezza del diritto
e celerità della giustizia civile e tributaria; drastica sem-
plificazione amministrativa e istituzionale; potenziamen-
to della cultura e dell’education.
Queste riforme non ba-
stono certo per fare il
Paese che vogliamo,
ma senza di esse non
avremo neanche le ri-
sorse per affrontare le
emergenze del presen-
te e costruire il futuro.
Le riforme del merca-
to del lavoro e del fi-
sco sono indispensabili
per attrarre investimen-
ti e ridare competitività,
mobilità ed equità so-
ciale al Paese.
La riforma della giustizia è indispensabile per restituire
diritto di cittadinanza a chiunque voglia vivere ed opera-
re in Italia. La semplificazione è indispensabile non solo
per assicurare funzionalità ed efficacia, ma anche garan-
tire trasparenza e ripristinare il rapporto di fiducia tra cit-
tadini, imprese e pubblica amministrazione. La cultura e
l’education sono il patrimonio della nostra storia ma an-
che la garanzia del nostro futuro.
Queste riforme, per noi imprenditori, vanno fatte subi-
to e fino in fondo perché il Paese non può più aspettare,
non possono aspettare le aziende, i giovani disoccupati,
gli emarginati, i nostri partner europei.
Non abbiamo bisogno di riforme avviate e non completa-
te, di riforme fatte a metà perché magari sacrificate sull’al-
tare del compromesso o vittime della consunta pratica di
veti politici o sociali. Esse sarebbero come un ponte fatto
a metà, che non solo non serve a nulla ma genera spre-
co, delusione, disagio e diffidenza. In una parola, sfiducia.
Noi imprenditori non vogliamo rassegnarci all’ineluttabi-
lità del declino del nostro Paese.
Ma nessuno può pensare che bastino il talento, la crea-
tività o il potenziale. Occorrono scelte, fatti, azioni con-
crete. E così come siamo impegnati nelle nostre aziende
per difendere dalla crisi le nostre imprese e magari farle
crescere creando nuovi spazi e nuovi mercati nel mondo,
vogliamo anche contribuire a promuovere nella società e
nei ceti dirigenti del Paese consapevolezza e responsabi-
lità per realizzare i processi di cambiamento.
Sappiamo bene che ancora oggi, proprio in questo mo-
mento, nonostante l’evidenza della gravità della crisi, at-
torno alle riforme si sta combattendo un’antica battaglia
tra coloro che le riforme
le vogliono fare e colo-
ro invece che le voglio-
no impedire. Tra quanti
hanno capito che, sen-
za riforme, per il Paese
non c’è futuro e quanti
invece sono così ciechi
ed egoisti che non vo-
gliono perdere posizioni
di potere e di privilegio.
Ma la sfida per noi ceti
dirigenti non è solo ab-
battere le logiche cor-
porative e le rendite parassitarie, gli intrecci di interesse
e le convenienze di comodo. La partita del cambiamen-
to si gioca anche sulla nostra capacità di sfidare i vecchi
totem e i vecchi tabù, i luoghi comuni che ci hanno ac-
compagnati per decenni. Dobbiamo avere il coraggio di
prendere posizioni chiare, difendere le ragioni del cambia-
mento anche al costo di sembrare politicamente scorret-
ti. Come imprenditori dobbiamo saper essere protagonisti
dell’innovazione non solo nelle nostre imprese, ma anche
agenti di cambiamento della cultura diffusa del Paese.
Questo per noi è un dovere generazionale. I nostri Padri,
figli della guerra, hanno vissuto nella certezza che il loro
futuro sarebbe stato migliore del loro presente. Oggi tut-
ti noi viviamo con l’angoscia che il nostro domani possa
essere peggiore dell’oggi. È un’eredità che non possiamo
assolutamente lasciare ai nostri giovani.
MERCATO DEL LAVORO, FISCO,
GIUSTIZIA CIVILE
E TRIBUTARIA, SEMPLIFICAZIONE
AMMINISTRATIVA,
CULTURA E EDUCATION SONO
LE AREE NELLE QUALI OCCORRE
INTERVENIRE AL PIÙ PRESTO
copertina 1...,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14 16,17,18,19,20,21,22,23,24,25,...copertina 4
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