Civiltà del Lavoro, n. 6/2014 - page 115

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INTERVISTA
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2014
tra ricercatori. All’interno, in un’area riqualificata, si tro-
va Oxy.gen, la struttura a forma di bolla d’aria che abbia-
mo appena inaugurato, realizzata anch'essa da Michele
De Lucchi e interamente dedicata alla divulgazione, alla
conoscenza e alla crescita della consapevolezza su tutto
ciò che riguarda il respiro. Grazie a un percorso didattico
interattivo appositamente studiato per dialogare con gli
alunni delle scuole elementari e medie, Oxy.gen conta di
diventare un punto di riferimento per il territorio circo-
stante, ospitando attività culturali e formative legate alla
respirazione del corpo umano e dell’ambiente.
Le aziende farmaceutiche generalmente non godono
di una buona reputazione presso l’opinione pubblica.
Come avete superato que-
sto problema?
Facendo della trasparenza e
dell’etica anche nel business
una delle nostre caratteri-
stiche principali. È indubbio
che il nostro settore abbia
pagato comportamenti in
passato non sempre esem-
plari, ma non possiamo fare
di tutta l’erba un fascio. Nel
nostro caso l’occasione del
centenario ci ha permesso di
riflettere su molteplici ruoli
che un’impresa fondata su uno stile etico deve ricoprire,
anche come promotrice di un significato sociale, raffor-
zando un forte orientamento a integrare etica e business,
messaggio che arriva da Gaetano Zambon, fondatore, che
diceva: “Una società economicamente libera (quella ca-
pitalista) può essere moralmente accettabile soltanto a
patto che la ricchezza privata diventi benessere colletti-
vo attraverso la creazione di mezzi di produzione, di fatti,
di lavoro e possibilità di vita per altri uomini. Ogni one-
sto imprenditore si comporta così”. Abbiamo così adotta-
to e applicato il codice etico in modo condiviso e rigoroso.
Inoltre, con la costituzione del Museo Zambon, simbolo di
una storia che alimenta ancora oggi una imprenditorialità
diffusa e favorisce all’interno un forte senso di apparte-
nenza ormai da molti anni, abbiamo affiancato all’attività
di business un percorso valoriale che coinvolge tutti i no-
stri collaboratori, in Italia e nelle sedi estere.
Abbiamo iniziato ispirandoci a un personaggio in partico-
lare, Gandhi, che già a metà del secolo scorso affermava
che “non può esserci una netta distinzione tra etica e eco-
nomia”. Pensiamo che solo coniugando valori etici e busi-
ness un’impresa possa durare altri 108 anni e più. Grazie
a una visione di business molto chiara, possiamo conti-
nuare a produrre qualità, possiamo veramente innovare
e differenziarci. Infine, dal 2009 abbiamo dato vita a Zoé,
la fondazione Zambon Open Education, che ha il compi-
to di divulgare una corretta comunicazione della salute,
svolgendo attività di formazione sia a livello elementa-
re, sia universitario, gestendo una piattaforma web in cui
queste tematiche vengono affrontate da professionisti del
settore, pubblicando libri sulla comunicazione della salute
e organizzando incontri pubblici e rassegne con ospiti di
livello nazionale e internazionale. Questa attività di Zoé
che ha sede a Vicenza, città di origine del gruppo, è il no-
stro modo per prenderci cu-
ra del territorio circostante.
Non con attività di mecena-
tismo o Csr, ma partecipan-
do attivamente assieme alle
altre realtà pubbliche e pri-
vate nella crescita culturale
del territorio.
Siamo convinti che non esi-
sta impresa forte in un ter-
ritorio debole, specie per
una realtà come la nostra
che opera nel mondo della
conoscenza ed è continua-
mente sfidata dall’innovazione, che è alimentata anche
da fonti esterne e dal territorio. Così Zoé da quest’anno
opera anche a Milano, portando in Open Zone, il Campus
scientifico, la propria esperienza e le proprie competenze
nel campo del respiro.
Internazionalizzazione per il Gruppo Zambon è una
parola familiare almeno dagli Anni Cinquanta. Quali
sono state, in questo ambito, le “conquiste” più im-
portanti che ha vissuto in prima persona?
I due principali indirizzi di sviluppo da sempre sostenuti
da nostro padre Alberto sono stati ricerca e internaziona-
lizzazione. Solo prodotti innovativi potevano sostenere la
competizione su più mercati, ma proprio la presenza in-
ternazionale ha permesso di reperire risorse da reinvesti-
re in ricerca. La conquista derivante da questa visione di
sviluppo continuo è stata indubbiamente la maggior rico-
noscibilità di una solida reputazione basata sulla serietà
del proprio impegno in ricerca, che come tale non poteva
limitarci ad essere presenti solo sul mercato di origine.
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