Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2013 - page 31

CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2013
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Ritiene che all’estero ci siano possibilità maggiori
che in Italia?
Credo che per un ricercatore il punto chiave sia essere
continuamente stimolato e per questo motivo l’ambiente
nel quale lavora è determinante. Se si guarda alla com-
posizione dei gruppi di lavoro dei più importanti progetti
di ricerca all’estero, ci si accorge di come il numero degli
italiani sia elevato. In Italia quindi non manca la “materia
prima”, mancano invece le risorse per lavorare in un cer-
to modo. E alcuni ricercatori con cui ho avuto la possibi-
lità di parlare raccontano come siano proprio diversi il ti-
po di organizzazione, la mentalità e naturalmente anche
i fondi a disposizione.
Tra le sue passioni c’è anche lo sport. Quale?
Ho praticato canoa a livello agonistico per circa otto anni,
vincendo anche – per la categoria juniores – altrettanti
campionati nazionali.
Come ogni sport la canoa richiede costanza e allenamen-
to quotidiano ed è quello che ho fatto.
Non concordo, infatti, con chi dice che lo studio scolastico
fatto bene escluda la possibilità di dedicarsi a uno sport.
Credo sia solo una questione di organizzazione e di volontà.
Tra i suoi libri preferiti vi sono i Promessi Sposi. Una
scelta insolita per un ragazzo della sua età.
Lo so che può apparire un po’ strano, ma ho trovato la
storia davvero grande e molto coinvolgente.
Noemi Sabatelli
PRONTA A PARTIRE, MA ALL’ITALIA
VOGLIO ANCHE RESTITUIRE
Medicina e Chirurgia alla
Cattolica del Sacro Cuore
di Roma. Come ha deciso
la facoltà?
Alla medicina mi sono avvi-
cinata gradualmente.
Prima di cominciare il liceo,
infatti, volevo frequentare
architettura, ma poi studian-
do biologia e leggendo riviste specializzate mi sono ap-
passionata alle materie scientifiche e ho cambiato idea.
Ha già un’idea sulla specializzazione?
Mi piacerebbe affiancare all’attività clinica anche la ricer-
ca. Per questo motivo al momento penso a un percorso
di specializzazione in endocrinologia. È un campo, infat-
ti, che richiede molta logica e capacità di ragionamento.
Dove si vede fra 10 anni?
Sto con la valigia pronta e se ci fosse l’opportunità di fa-
re qualche esperienza interessante di lavoro all’estero, la
coglierei senza’altro. Guardo agli Stati Uniti perché hanno
i fondi e le strutture adeguate per fare ricerca, ma soprat-
tutto perché laggiù lavorano i grandi medici e gli esper-
ti dai quali poter imparare e contribuire così al benessere
della collettività. Non è forse questo lo scopo della ricer-
ca? Per l’Italia penso alla Scuola S. Anna di Pisa, che offre
la possibilità di coniugare la ricerca e l’attività clinica. Più
in generale, ritengo che sia giusto tornare nel proprio Pa-
ese e restituire in qualche modo con il proprio lavoro ciò
che si è avuto in termini di preparazione.
A proposito, qual è il bilancio dei suoi anni scolastici?
Sono molto soddisfatta. Ho avuto professori bravi e pre-
parati e ci tengo a dirlo perché spesso si parla male del-
le scuole del sud Italia. Ringrazio i miei insegnanti per-
ché non solo ci hanno trasmesso delle conoscenze, ma
soprattutto perché ci hanno insegnato a essere curiosi, a
saper approcciare l’ignoto e ad essere persone migliori
sotto il profilo caratteriale.
È stata ammessa al Collegio Lamaro Pozzani. Quali so-
no le sue prime impressioni?
Positive. Il Collegio offre una formazione a 360 gradi gra-
zie, ad esempio, a corsi di diritto e di economia che, nel
mio caso, si rivelano molto utili perché mi consentono di
acquisire conoscenze che altrimenti non avrei e che mi
rendono certamente una cittadina più consapevole. Incon-
triamo poi personalità di rilievo delle istituzioni e dell’im-
presa con cui è possibile interagire da vicino. Insomma,
offre delle opportunità che vanno al di là della semplice
esperienza universitaria.
Fra le sue passioni c’è la chitarra classica, che ha stu-
diato anche in Conservatorio. Continuerà?
Non credo potrò conciliare perché medicina è una facol-
tà molto impegnativa, ma sicuramente non abbandone-
rò lo strumento.
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