Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2013 - page 68

RITRATTI
CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2013
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Menna per la mia vita è stato un
personaggio importante.
In un certo senso, una specie di an-
tagonista, con il quale, pur nel ri-
spetto e nella stima per la persona,
ho avuto un rapporto di odio-amo-
re. Successivamente, ci avrebbe di-
viso anche la passione politica. In
quel lontanissimo 1948, tuttavia,
Pci e Dc erano sigle che personal-
mente non mi dicevano nulla. Il
Commissario simpatizzò con me
fin dalle prime battute.
Mi vedeva come un ragazzo che
veniva dalla strada, ma poteva ri-
scattarsi grazie a capacità non co-
muni. Ero il più ‘sveglio’, colui al
quale chiedere se il cibo sommi-
nistrato con la sua nuova gestione era buono. Uscii a di-
ciotto anni. Insieme a me, tanti altri compagni.
Per alcuni si aprirono le porte del Banco di Napoli. Fu gra-
zie a Menna, naturalmente, la cui ascesa a Salerno aveva
dell’incredibile. Nel giro di un decennio divenne Sindaco
di Salerno, Presidente dell’Isveimer, membro del Consiglio
di amministrazione degli Ospedali Riuniti San Giovanni di
CHI, SFOGLIANDO
magari distrattamente questo
volume, pensasse di trovarsi di fronte alla ‘solita’ storia
aziendale, commetterebbe un errore. Innanzitutto perché
le vicende di un’azienda sono sempre uniche e originali,
e se a volte può apparire il contrario, dipende probabil-
mente dal modo con cui sono narrate o dalla relativa con-
sistenza del percorso imprenditoriale descritto. L’inganno
tuttavia, in questo caso, sarebbe duplice.
Perché il personaggio Orazio Boccia è davvero fuori del
comune. È il classico self made man, ma, come tutti colo-
ro che ‘nascono dal nulla’, ha una vita alle spalle fatta di
battaglie quotidiane per l’esistenza, aneddoti dove affio-
rano spesso elementi tra il comico e il drammatico, “sli-
ding doors” dove una scelta, a volte anche il caso, deter-
mina il successo o l’insuccesso di una persona, per quanto
La prefazione al volume di Benito Benedini, Presidente Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro
Uno scugnizzo tra scugnizzi
valorosa. È l’insegnamento dello stesso Orazio: “La mia
sfortuna è stata anche la mia fortuna”.
L’amore per il rischio nasce dalla sperimentazione sulla
propria pelle, negli anni del conflitto e immediatamen-
te successivi alla fine della seconda guerra mondiale, di
quanto sia difficile barcamenarsi su strade e vicoli del de-
stino, scugnizzo tra scugnizzi, orfano di padre, poi chiuso
in un orfanotrofio dal regime così duro da essere etichet-
tato come ‘serraglio’.
È quest’uomo, Orazio, più ancora che il futuro imprendi-
tore, ad avercela fatta.
E, se mi è consentito, storie come la sua segnalano anco-
ra una volta quanto sia selettivo e all’insegna della me-
ritocrazia il cammino che fa di un imprenditore un Cava-
liere del Lavoro. Ne siamo orgogliosi.
Dio e Ruggi d’Aragona. Non spese
una parola per me, ma non credo
si sia comportato così per malani-
mo. Non posso giurarlo, ma sono
convinto che pensava che fosse
inutile, che io me la sarei comun-
que cavata. Una prova della sua
stima è contenuta in un’opera in
cui racconta l’esperienza alla gui-
da dell’Umberto I (“Un’istituzio-
ne allo specchio”, Salerno, 1982).
In una didascalia a una foto che
mi riprende, scrive: “L’alunno Ora-
zio Boccia, proprietario dello sta-
bilimento tipografico. Per lui calza
bene il pensiero di Schiller: Nulla è
troppo alto a cui il forte non abbia
il potere di appoggiare la scala”.
Ma come avrei potuto cavarmela a quei tempi? Probabil-
mente questa domanda Menna non se l’era posta. In or-
fanotrofio avevo imparato solo due cose. Un po’ di musica
e i rudimenti della composizione tipografica, che allora si
faceva ancora a mano. Con la musica mi ero divertito. Ma
mi accorsi subito che quella roba lì non era affare per me.
O sei un genio, o con la musica non ci mangi.
Orazio con la divisa della banda dell'Orfanotrofio.
Anni '40
copertina 1...,58,59,60,61,62,63,64,65,66,67 69,70,71,72,copertina 3,copertina 4
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