CIVILTÀ DEL LAVORO
III - 2014
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INCHIESTA
costituzione fondante che assicura il
buon funzionamento dell’impresa e
la tutela della proprietà familiare. Ogni
decisione inserita nel patto va quindi
soppesata con molta cura e decisa in
totale accordo con tutti i familiari.
PELLEGRINI:
È un processo len-
to, pensato proprio per non mettere
in difficoltà nessuno e dare le respon-
sabilità quando la persona ha in ma-
no tutte le leve per gestirle. L’impor-
tante, come al solito, è usare il buon
senso e avere la voglia di impegnarsi
e di farlo con passione, così come ho
fatto anche io. Ho sempre seguito le
mie passioni.
La passione del lavoro e del fare le co-
se per bene, con cura, al meglio del-
le mie possibilità e mi sono circonda-
to di persone che condividono questa
passione, un po’ perché le ho scelte,
un po’ perché le abbiamo formate con
molto impegno e molte ore di lavoro.
Mia figlia Valentina ne è la testimo-
nianza più diretta.
Quali suggerimenti rivolgete alle im-
prese che debbono affrontare la suc-
cessione generazionale?
BIAGIOTTI:
Sotto il profilo per-
sonale con mia figlia Lavinia il rappor-
to professionale non incide, al di là del
fatto che tra figli e genitori credo sia
inevitabile, e anche stimolante, un cer-
to naturale ed educato confronto: l’im-
portante è non radicalizzare e rappre-
sentare comunque la positività dello
scambio di idee. È fondamentale, co-
me dico spesso, vivere in uno stato di
“open mind” perché la ritengo una con-
dizione indispensabile per relazionarsi
adeguatamente al mondo contempo-
raneo, così denso di cambiamenti re-
pentini e imprevedibili.
Una disponibilità ad aprirsi al nuovo
senza preconcetti. I giovani rappresen-
tano le energie vitali, quelle che devono
essere spese, non legate alla tradizio-
ne, ma con uno spirito nuovo d’inter-
pretarla. Per quanto ci riguarda, mia
figlia Lavinia è stata “un’allieva” assai
scrupolosa, ma oggi è anche un po’ la
mia “tutor”, anche io sono disposta ad
imparare da lei. Penso debba realizzar-
si un’osmosi attenta e generosa e che
le nostre idee abbiano costantemente
bisogno di quell’enzima di novità e fan-
tasia portato dalle nuove generazioni,
non solo nella moda, nell’impresa, ma
soprattutto nella società e nel Paese.
BOLAFFI:
Anzitutto consigliamo che
fra i previsti designati esista la sincera
vocazione a prendere le redini con con-
vinzione e determinata volontà. Se si
coglie qualsiasi forma di disagio - an-
che se ciò per le aziende di antica tra-
dizione rappresenta un vero trauma -
meglio cedere o chiudere. Inoltre voglio
citare Aristotele, che diceva che “amo-
re significa conoscenza e conoscenza
significa amore”. Chi si affida a questo
detto, per quanto relativo al secondo
caso, deve comunque disporre di par-
ticolari doti di acume e disponibilità in-
tellettuale, indispensabili per affronta-
re anni di frustrazioni e scoraggiamenti
per poi giungere a svolgere con convin-
zione e soddisfazione un’attività a cui
agli inizi ci si sentiva estranei.
Per concludere, sono convinto che l’e-
rede che in questi tempi decide di non
chiudere o vendere l’impresa familiare
merita comunque una particolare no-
ta di merito: si tratta di una risposta
coraggiosa che suona anche come un
condivisibile atto di fiducia nei confron-
ti del futuro nel nostro Paese.
LUNELLI:
Il primo consiglio è ri-
volto ai giovani: che facciano lunghe
esperienze all’estero in grandi multi-
nazionali per sviluppare competenze
manageriali, aprire gli occhi al mondo
e imparare a lavorare “sotto padrone”.
Alle imprese, ma soprattutto agli im-
prenditori, raccomando invece di pro-
cedere in maniera tempestiva a effet-
tuare il passaggio generazionale senza
aspettare che il mercato o gli avveni-
menti della vita forzino tale processo,
creando un patto di famiglia con delle
regole formalizzate per le generazio-
ni future. Si deve agire quando la fa-
miglia è più unita che mai e il rispetto
e la fiducia reciproca sono totali: così
tutto diventa più semplice.
PELLEGRINI:
L’unico consiglio che
mi sento di dare è che la successione
sia esclusivamente meritocratica e non
sia condizionata dagli affetti.
Nella mia esperienza ho visto tanti pa-
dri che abdicavano ai figli solo per un
fatto di successione generazionale, ma
purtroppo questo non è garanzia della
continuità dell’azienda.
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